Hrönn, la prima nave-robot nei mari d’Europa dal 2018: nessun marinaio a bordo
A bordo il capitano Nemo non ci sarà. Anzi, non ci sarà proprio nessuno. Ma l’ombra di Jules Verne e delle sue invenzioni visionarie come il sottomarino Nautilus, c’è, eccome. Perché la Hrönn («Onda», nome femminile vichingo) è già un prototipo e dal 2018 navigherà sui mari d’Europa: la prima «nave-robot» completamente automatizzata e digitalizzata […]
A bordo il capitano Nemo non ci sarà. Anzi, non ci sarà proprio nessuno. Ma l’ombra di Jules Verne e delle sue invenzioni visionarie come il sottomarino Nautilus, c’è, eccome. Perché la Hrönn («Onda», nome femminile vichingo) è già un prototipo e dal 2018 navigherà sui mari d’Europa: la prima «nave-robot» completamente automatizzata e digitalizzata al mondo, che senza uomini a bordo parteciperà a missioni scientifiche e idrografiche, porterà rifornimenti alle piattaforme petrolifere in alto mare, contribuirà ad operazioni anti-incendi, alla cura delle riserve marine, a rilevazioni in profondità. Questo il disegno delle tre compagnie europee che vi stanno lavorando. Ma anche il sogno della Commissione Europea che per sostenere ricerche internazionali destinate a realizzare navi robot ha co-finanziato 2,9 milioni di euro su un investimento di 3,8 milioni. Hrönn è stata progettata come un battello in acciaio, lungo circa 37 metri e largo 10, con un pescaggio di 3 metri. La velocità massima dovrebbe essere di 14 nodi e di 8 nodi quella di crociera. Molti particolari sono ancora protetti dal solito segreto commerciale, ma dai dettagli trapelati finora la propulsione della nave dovrebbe essere assicurata da un mix di fattori: diesel, generatori elettrici, ma probabilmente anche pale eoliche e pannelli solari. Quanto alla navigazione in assenza dell’uomo, Hrönn sarà fornita di molti sensori e rilevatori satellitari così da garantirle «occhi» e «orecchie» affidabili. All’inizio dovrebbe funzionare come un vascello telecomandato, in piccole manovre non lontane dalla costa e dunque ancora sotto il controllo di mani umane. Poi, a mano a mano che la sperimentazione proseguirà, si aumenterà il grado di autonomia del «cervello» digitale interno, garantendogli una programmazione della rotta e delle capacità di manovra basata anche su algoritmi. Fino ad arrivare alla piena autonomia, anche se un minimo di controllo dovrebbe essere mantenuto. I lavori fervono in un cantiere nel fiordo norvegese di Trondheim. Le tre compagnie coinvolte nel progetto sono la norvegese Kongsberg Maritime (fondata nel 1814, creatrice della prima auto a batteria «Ampere»), la britannica Automated Ships Ltd e la francese Bourbon. Ma anche altre imprese piccole e grandi, in mezzo mondo, si sono messe in marcia sulla stessa strada. Tre anni fa, per esempio, la gloriosa Rolls-Royce ha presentato dei modelli tridimensionali di un progetto di «nave-drone»: secondo i progettisti, potrebbe limitare le possibilità degli errori umani e ridurre un domani del 15% i consumi di carburante. Ma anche, con tutti i problemi sociali e sindacali che probabilmente ciò porterebbe, il contributo del lavoro umano: sarebbe, sostiene già qualcuno, una rivoluzione simile a quella portata dalle navi a vapore nei tempi della vela. La Commissione Europea non ha comunque dubbi: «Il trasporto marittimo nella Ue è fronteggiato da sfide come l’aumento del volume delle merci, le crescenti esigenze ambientali, e in futuro la riduzione dei naviganti. Il concetto della nave autonoma ha in sé il potenziale per superare tutto questo». (Corriere della Sera)