Il giallo di Acciaroli. Caccia all’assassino del sindaco Vassallo. Scatta il test del Dna su 94 persone

11 agosto 2017 | 18:16
Share0
Il giallo di Acciaroli. Caccia all’assassino del sindaco Vassallo. Scatta il test del Dna su 94 persone

L’assassino è sparito nel nulla da sette anni. L’arma non è mai stata trovata. Ma sui bossoli rinvenuti sul luogo del delitto ci potrebbe essere la firma del killer che, la sera del 5 settembre 2010, uccise con nove colpi di pistola il sindaco pescatore di Acciaroli Angelo Vassallo. Le indagini sul giallo del Cilento […]

L’assassino è sparito nel nulla da sette anni. L’arma non è mai stata trovata. Ma sui bossoli rinvenuti sul luogo del delitto ci potrebbe essere la firma del killer che, la sera del 5 settembre 2010, uccise con nove colpi di pistola il sindaco pescatore di Acciaroli Angelo Vassallo. Le indagini sul giallo del Cilento non si sono mai fermate e puntano con decisione sulle tracce biologiche rinvenute su quei proiettili. La Procura di Salerno ha disposto l’esame del Dna su ben 94 persone. Si va da chi ha posseduto, anche legalmente, una pistola compatibile con la calibro 9.21 baby Tanfoglio utilizzata per l’omicidio, a chi potrebbe aver ricoperto, anche solo in via ipotetica, un ruolo negli eventi maturati durante l’estate del 2010 e culminati nell’omicidio del sindaco Vassallo. Un accertamento ad ampio raggio, dettato dalla volontà di non lasciare alcunché di intentato nella ricostruzione dei fatti. Il procuratore Corrado Lempo e i pm Rosa Volpe e Leonardo Colamonici hanno affidato l’incarico di ai carabinieri del Ris. Ai militari, gli inquirenti hanno chiesto di analizzare i reperti in tempi ragionevolmente rapidi, sollecitando risposte urgenti soprattutto per un caso, quello di un uomo, residente proprio in Cilento, che è morto, stroncato da infarto, ventiquattr’ore dopo essere stato sottoposto al prelievo per effettuare il test del Dna. Una circostanza che ha addolorato i magistrati e impone un responso immediato proprio allo scopo di sciogliere questo ulteriore interrogativo che si aggiunge ai tanti misteri di questa storia. Già nella prima fase delle indagini, nell’ottobre del 2012, la Procura all’epoca diretta dall’attuale procuratore nazionale antimafia Franco Roberti aveva ordinato l’esame del Dna su tutte le persone presenti sul luogo dove Vassallo è stato ucciso, 66 in tutto. Quell’accertamento non aveva fornito risultati utili. L’inchiesta però non si è mai fermata, anzi è andata avanti con straordinario impegno da parte di magistrati e investigatori. Ora si attende l’esito degli altri 94 esami genetici chiesti dalla Procura. La pm Volpe (nel frattempo trasferita a Napoli come procuratore aggiunto ma tuttora applicata a Salerno proprio per seguire il caso) e il pm Colamonici stanno scandagliando tutte le possibili chiavi di lettura per provare a risolvere il giallo. Il lavoro degli inquirenti sembra essere entrato nella fase conclusiva. Si indagherà certamente fino al 2018, come ha reso noto la presidente della commissione parlamentare Antimafia Rosy Bindi in occasione della visita a Salerno del 20 giugno scorso. Alla fine di luglio è stato nuovamente interrogato nel carcere di Fuori, dove è detenuto per un episodio di tentata estorsione, l’unico indagato noto per il delitto, Bruno Humberto Damiani detto “il brasiliano”, salernitano nato a Belo Horizonte 34 anni fa, considerato dagli investigatori un frequentatore degli ambienti dello spaccio di stupefacenti. Durante l’estate cilentana del 2010, hanno raccontato i testimoni, Vassallo era letteralmente ossessionato dall’invasione della droga nella sua Acciaroli, al punto da affrontare personalmente, accompagnato solo da due vigilesse, gli spacciatori che vendevano stupefacenti sul molo del paradiso delle vacanze, famoso in tutto il mondo per mare cristallino, più volte insignito della “bandiera blu”. Il nome di Damiani è stato accostato sin dal primo giorno all’omicidio del sindaco Vassallo ma l’uomo, assistito dall’avvocato Michele Sarno, ha sempre respinto energicamente le accuse. Sia quando è stato interrogato dai magistrati, sia tre anni fa rispondendo alle domande mentre era rinchiuso nel carcere di Bogotà in Colombia: «Capisco il dolore della famiglia. Ma anche io voglio la verità. Di quell’omicidio non so nulla”», affermò Damiani. Al “brasiliano” viene contestata l’accusa di omicidio aggravato dalla finalità mafiosa in concorso con altre tre persone. Ma va anche ricordato che, subito dopo l’omicidio, l’indagato fu sottoposto all’esame dello stube che diede esito negativo. Un mese fa, anche Damiani è stato sottoposto a un prelievo di saliva finalizzato all’esame del Dna. Archiviate altre piste, che non hanno dato esito pur essendo state approfondite con grande accuratezza dagli inquirenti, la principale strada battuta dai magistrati resta quella della vendetta scatenata dalla battaglia ingaggiata da Vassallo contro lo spaccio di droga. Il sindaco ambientalista, che dopo la sua morte fu indicato dall’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano come «un esempio di buona politica », aveva provato a combattere in solitudine quella piaga che lo colpiva sia come amministratore innamorato della sua terra, sia sul piano familiare, per le presunte frequentazioni tra un ex fidanzato della figlia e gli spacciatori. «Ho scoperto una cosa che non avrei mai voluto scoprire», si era sfogato Vassallo pochi giorni prima di essere ammazzato. La sera dell’omicidio, si allontanò precipitosamente, come se avesse un appuntamento. Ma sotto casa lo attendeva l’assassino. Un uomo ancora senza nome, che ha sparato nove volte con una pistola mai ritrovata. Il sindaco fu colpito in auto, con il finestrino abbassato e il cellulare in pugno. Sette anni dopo, il giallo del Cilento è ancora pieno di misteri. (la Repubblica)