Il sindaco di Viareggio cacciato dal ristorante perché indossava dei bermuda e non dei pantaloni lunghi
Viareggio. Il cameriere è arrivato quando già il sindaco e i suoi amici, accolti pochi minuti prima con saluti e reverenze, si erano seduti al tavolo della terrazza e già sognavano di assaporare gli gnocchetti alla trabaccolara, i calamari al guazzetto e il baccalà alla livornese del bravissimo chef Claudio Palmerini. «Signor sindaco, mi perdoni, […]
Viareggio. Il cameriere è arrivato quando già il sindaco e i suoi amici, accolti pochi minuti prima con saluti e reverenze, si erano seduti al tavolo della terrazza e già sognavano di assaporare gli gnocchetti alla trabaccolara, i calamari al guazzetto e il baccalà alla livornese del bravissimo chef Claudio Palmerini. «Signor sindaco, mi perdoni, ma deve uscire dal locale», ha sussurrato avvilito il cameriere. Giorgio del Ghingaro, primo cittadino di Viareggio, pensava al solito scherzo di Carnevale fuori stagione. «Era tutto vero. Non mi era mai successo prima, è stato davvero umiliate. Dovevo proprio andarmene, perché indossavo invece che pantaloni lunghi bermuda non consoni al decoro del ristorante — racconta — Poco importa se ero vestito con abiti firmati per quasi mille euro complessivi. Anzi, duemila con l’orologio che fa parte dell’abbigliamento. Dunque affatto da straccione. E poi non era una cena istituzionale. Mi hanno buttato fuori per un paio di pantaloncini al ginocchio pagati 250 euro». La disavventura del sindaco è accaduta martedì sera al ristorante del Club velico Versilia, terrazza panoramica e vista sulla darsena. Un locale sobrio ed elegante, ma non per ricconi, nel quale si può pranzare e cenare anche con 25-30 euro a pasto con cibi ben cucinati e un ottimo servizio, in controtendenza rispetto ai prezzi più sostenuti dei ristorantini della vicina Pietrasanta. A spingere il cameriere, dopo aver telefonato al «maestro di casa», ovvero il gestore, al secolo Muzio Scacciati, un paio di consiglieri che, dopo aver visto scandalizzati le gambette nude del sindaco, hanno chiesto il rispetto del regolamento. Che, con tanto di cartelli esposti, obbliga gli ospiti che accedono al ristorante del secondo piano ad indossare i pantaloni lunghi. «Io i cartelli non li ho visti — ribatte del Ghingaro — e comunque in quel locale ci ero già stato altre volte di sera e avevo visto altre persone con i bermuda». Il sindaco (ribelle del Pd) non lo dice, ma proprio il giorno prima aveva approvato un’ordinanza per il decoro sul viale a mare che vieta di camminare a torso nudo. E adesso nel suo staff c’è chi ipotizza una vendetta politica. «La politica non c’entra niente, ci mancherebbe — risponde Muzio Scacciati che ieri si è presentato in bermuda («ma siamo di giorno ed è tutto regolare») — è una questione di regolamenti. Certo, io avrei chiuso un occhio visto che era la prima volta. Magari un avvertimento, un cartellino giallo. Però secondo me anche il sindaco ha esagerato a rendere pubblica questa storia su Facebook». Ieri al Club nautico non si parlava d’altro. E per giustificare la «suprema cacciata» c’è chi aveva preparato un cartello (poi cestinato) con il motto latino dura lex, sed lex. Una crisi extra-municipale a Viareggio? No, tutto potrebbe finire con una cena rappacificatrice, domenica prossima, con invitati rigidamente in bermuda. Sindaco compreso, naturalmente. Accetterà? (Corriere della Sera)