La misera colletta per beneficenza degli ospiti milionari alle nozze di Messi: le donazioni non superano i 10.000 euro
Il regista Luchino Visconti, che era un uomo di eleganza sublime, una volta si trovò indeciso sul regalo da fare per il matrimonio di una nipote e, alla fine, si fece portare dal maggiordomo un sacchetto di carta. Di quelli della spesa. Prese da un mobile un antico, prezioso candelabro della sua collezione, lo infilò […]
Il regista Luchino Visconti, che era un uomo di eleganza sublime, una volta si trovò indeciso sul regalo da fare per il matrimonio di una nipote e, alla fine, si fece portare dal maggiordomo un sacchetto di carta. Di quelli della spesa. Prese da un mobile un antico, prezioso candelabro della sua collezione, lo infilò pragmaticamente nella busta e lo consegnò alla ragazza che era venuta a trovarlo. Sarebbe ingeneroso pretendere dagli invitati allo stravagante matrimonio argentino di Lionel Messi con la sua Antonella Roccuzzo, il mese scorso a Rosario, la stessa sprezzatura del maestro del cinema (e conte di Lonate Pozzolo): quello di saper incartare doni preziosi nelle buste della spesa è privilegio di pochissimi. Però certo colpisce apprendere la notizia che Messi, lodevolmente, non aveva chiesto regali ma donazioni a una ong il cui lavoro gli sta molto a cuore (si occupa di edilizia popolare) ma i 260 invitati (tra loro Luis Suarez, Cesc Fabregas, Javier Mascherano, Carles Puyol, Shakira con il marito Gerard Piqué) hanno donato soltanto diecimila euro. In totale. Sarebbe una cifra normale per un matrimonio normale, ma per un convivio di milionari è francamente una cifra scandalosa (meno di 40 euro a testa, 37 per l’esattezza: soltanto la consegna dell’invito via corriere espresso deve essere costata di più). Così la ong «Techo Argentina» incassa diecimila euro e gli invitati una figuraccia: i volontari hanno ringraziato Messi «per il suo gesto di impegno per le comunità più vulnerabili in Argentina» con una conclusione un po’ sconfortante: «Ci auguriamo che molti di più saranno incoraggiati a sostenere tali iniziative e con la visibilità collaborare a mettere la questione all’ordine del giorno». Il tema della sensibilità delle «celebrities» alla beneficenza è sempre molto delicato: la scarsissima generosità degli invitati al matrimonio di Messi non è stata resa pubblica infatti dal campione del Barcellona ma dalla ong, perché è sempre spiacevole dare bacchettate alle persone che si frequentano per lavoro e/o amicizia. Un’eccezione — ma lui è controcorrente un po’ su tutto, dalla politica in giù — è quella di Sean Penn, che l’anno scorso si lamentò pubblicamente, in un’intervista, del comportamento degli invitati ai galà della sua organizzazione benefica a favore di Haiti. «Ci sono delle persone straordinarie, tra quelle che invito, ma poi ti rendi conto che c’è una sala piena di persone che per la maggior parte non donano nulla. Mangiano, si divertono, ma onestamente non credo che ci sia qualcuno, lì, che non può permettersi di dare qualcosa. Ci penso spesso, mi colpisce». Penn ha infranto un tabù, parlare male dei colleghi. E accusare i ricchi di avarizia verso i poveri è indubbiamente poco simpatico ma risponde alla verità: gli americani, che sono sempre attentissimi alle statistiche, hanno calcolato di recente che i cittadini più ricchi — il 20% della popolazione in cima alla classifica dei contribuenti — danno in beneficenza, ogni anno, l’1,3% del loro reddito. I più poveri (il 20% che si trova in fondo alla classifica)? Loro donano il 3,2%. Un paradosso sul quale la rivista The Atlantic ha provato a indagare: tra gli accusatori lo psicologo dell’università di Berkeley Paul Piff secondo il quale una forte motivazione a accumulare ricchezza sfavorirebbe la preoccupazione per il benessere altrui, al quale viene anteposto il proprio (una caratteristica meno presente nei non-ricchi, secondo Piff). Dati a parte, c’è sempre però un Michael Bloomberg, miliardario e filantropo, al n° 10 nella classifica dei più ricchi del mondo, che ama ripetere come «chi è generoso ha più successo nella vita». E Bill Gates e Warren Buffet (numeri 1 e 2 della classifica dei più ricchi) scavalcano l’ex sindaco di New York ripetendo che non basta, per un miliardario, donare il 10% del suo reddito in beneficenza. La cifra corretta secondo loro è il 50%. Forse Messi avrebbe dovuto invitarli al suo matrimonio. (Corriere della Sera)