L’attentato e le illusioni perdute. L’orrore che si ripete ma non si può prevedere

18 agosto 2017 | 21:42
Share0
L’attentato e le illusioni perdute. L’orrore che si ripete ma non si può prevedere

Si sentono pianti e lingue mescolate. Voci gridano piangendo «hijos de puta» («figli di puttana») e «malditos» («maledetti»). Ma cosa importa di tutto questo ai mostri distanti dell’Isis? La loro idea di guerra è uccidere ragazzi a passeggio, un giovedì sera d’estate. Se hanno un dio, chissà come si vergogna di loro. Alla nausea davanti […]

Si sentono pianti e lingue mescolate. Voci gridano piangendo «hijos de puta» («figli di puttana») e «malditos» («maledetti»). Ma cosa importa di tutto questo ai mostri distanti dell’Isis? La loro idea di guerra è uccidere ragazzi a passeggio, un giovedì sera d’estate. Se hanno un dio, chissà come si vergogna di loro. Alla nausea davanti all’orrore s’aggiunge le vergogna colpevole della ripetizione. Cosa possiamo dire che non abbiamo già detto? Cosa possiamo raccontare che non abbiamo già raccontato? Le dirette televisive, i siti web, le immagini e le notizie sono simili a quelli che hanno segnato l’estate 2016, e poi l’autunno, e poi l’inverno, e poi la primavera del 2017. È il turno di Barcellona, insieme a Londra la città più europea d’Europa. La folla felice, le nazioni e le generazioni mescolate, il sole e la vacanza, il mare poco distante: il meglio del continente, in una giornata d’agosto. Poi i giovani immigrati invasati, il furgone, la strage fin troppo facile, la gente che piange e che corre. Le ipotesi, gli arresti, i conflitti a fuoco. Fa bene il figlio adottivo più celebre della città, Leo Messi, a scrivere: «Barcellona, sii forte». Ma non basta. Barcellona, la Catalogna, la Spagna, l’Europa e tutti noi dobbiamo anche essere calmi. E capire se, per caso, non sbagliamo qualcosa. Può apparire crudele chiederselo ora: ma com’è possibile che un furgone possa infilarsi lungo le Ramblas, scendere a zig zag per 600 metri e falciare la folla, nel picco della stagione turistica? Mentre il livello di allerta in Spagna, da due anni, è 4 su 5? Com’è accaduto che la celeberrima passeggiata non fosse, in qualche modo, protetta? Il luogo è iconico: come Trafalgar Square a Londra, gli Champs Élysées a Parigi, il Colosseo a Roma, piazza del Duomo a Milano. E non c’è dubbio che i nostri nemici islamisti, attraverso i loro disgraziati manovali locali, cerchino proprio questo: colpire luoghi simbolici in città simboliche, in modo da amplificare il terrore. Questo non rende prevedibili gli attacchi. La prevenzione assoluta è impossibile, purtroppo. Ma l’orrendo modus operandi dei terroristi dell’Isis appare chiaro. Oltre ai luoghi simbolici, prendono di mira posti affollati: la passeggiata di Nizza, il mercato di Berlino, il concerto di Manchester. Oppure stadi, chiese. In una sorta di spaventosa economia degli sforzi, vogliono fare molto male in poco spazio e in breve tempo. Sapere questo non ci rende invulnerabili, come abbiamo visto; ma un po’ meno vulnerabili forse sì. Una seconda considerazione, amara: le modalità dell’attentato descrivono i gesti disperati di una forza sconfitta. Non c’è niente di più facile che uccidere un essere umano con un mezzo a motore. È la banalità della strage, non per questo meno sconvolgente. Ma dimostra — una dimostrazione di cui avremo fatto a meno — che le forze di sicurezza europee stanno facendo un buon lavoro. Gli industriali del terrorismo sono fermi; al loro posto, gli artigiani del terrore. Di cui dovremmo aver capito i metodi. Quanto è accaduto ieri sera prova che non è così. Un’ultima considerazione, dolorosa e doverosa: un grande continente libero come l’Europa non può piegarsi davanti ai colpi di coda di un’ideologia primitiva, che sta perdendo territorio e consensi. Certo: anche questo lo abbiamo detto e ripetuto. Ebbene: in giornate come queste, dobbiamo ripeterlo ancora, con forza. Occorre capire come disinnescare le schizofrenie identitarie — gli assassini, anche stavolta, sembrano cresciuti tra noi — ma non c’è dubbio: il giorno in cui tutto questo sarà finito per sempre non è lontano. Ma non sappiamo quant’è vicino, purtroppo. (Corriere della Sera)