Laurea, il riscatto «low cost» che quasi nessuno conosce

2 agosto 2017 | 18:20
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Laurea, il riscatto «low cost» che quasi nessuno conosce

È il miglior regalo di laurea possibile. Forse un po’ grigio, poco frizzante, magari un po’ triste. Ma utile, utilissimo, di quelli che anni dopo ti fanno dire «aveva ragione papà». Nelle ultime settimane si è parlato molto del riscatto gratuito della laurea per i millennials, i ragazzi nati tra il 1980 e il 2000, […]

È il miglior regalo di laurea possibile. Forse un po’ grigio, poco frizzante, magari un po’ triste. Ma utile, utilissimo, di quelli che anni dopo ti fanno dire «aveva ragione papà». Nelle ultime settimane si è parlato molto del riscatto gratuito della laurea per i millennials, i ragazzi nati tra il 1980 e il 2000, che rischiano di andare in pensione tardi e male, cioè con pochi soldi. Si tratta di un’ipotesi allo studio, che in realtà non sembra avere molte probabilità di arrivare al traguardo. Eppure già oggi, senza bisogno di riforme, è possibile un riscatto low cost. Per di più pagato non da chi ha appena cominciato a lavorare, magari da precario e con uno stipendio traballante. Ma direttamente dai genitori. Una specie di solidarietà generazionale fatta in casa. Quasi nessuno lo sa e infatti pochi l’hanno usato. Ma il riscatto low cost a carico di mamma e papà è possibile dal 2008. Come funziona? Bisogna essere laureati, naturalmente. La cosa importante è presentare la domanda di riscatto all’Inps prima di cominciare a lavorare. Non c’è sempre fretta, purtroppo, visto che a un anno dalla fine degli studi il 30% dei laureati italiani è ancora disoccupato. Ma per non rischiare è meglio muoversi subito, trasformando il riscatto in un regalo di laurea. Perché? Se il neo dottore non ha ancora un lavoro, non ha nemmeno uno stipendio sul quale calcolare il riscatto dell’università. Per questo l’Inps usa il cosiddetto reddito minimale, fissato per legge a 15.548 euro. Una somma relativamente bassa, che porta a un conto conveniente: riscattare quattro anni di laurea viene 20.500 euro. Non pochi, certo. Ma molti meno dei 65.000 euro, ad esempio, che dovrà pagare una donna di 40 anni che lavora già da undici. I vantaggi, poi, non finiscono qui. La somma può essere pagata in dieci anni senza interessi, con rate da 170 euro al mese. E siccome il neo dottore non lavora, a versare i contributi possono essere la madre o il padre. Ma c’è ancora un altro incentivo: i genitori possono scaricare dalle tasse i contributi versati, recuperando così nel tempo fino a 3.900 euro. A quel punto il conto reale è di 16.600 euro. Una somma sempre rispettabile. Ma molto più bassa di quella che si dovrebbe pagare in futuro, quando infatti molti lasciano perdere. E che consente di guadagnare fino a quattro anni nel percorso pieno di curve che porterà alla pensione chi oggi entra in un mondo del lavoro spesso fatto di carriere discontinue, di stop and go tra un contratto e l’altro, con un’età della pensione che si alza sempre più. Il riscatto lowcost è stato introdotto con la legge Finanziaria del 2008, governo Prodi. Il ministro del Lavoro era Cesare Damiano, Pd, che ne rivendica il merito: «Già allora ci ponemmo il problema di andare incontro ai giovani che avrebbero avuto una carriera lavorativa discontinua. Si tratta di una misura che li aiuta a rendere meno accidentato il cammino verso la pensione e che sarebbe giusto sfruttare». Allora non ci fu nessuna campagna sui social network, di Millennials si parlava poco. Low cost non vuol dire gratis. Ma volendo si può. (Corriere della Sera)