Migrante chiede asilo, è un pirata della Savina Caylyn sequestrata nel 2011. A bordo anche Cesaro di Piano di Sorrento

13 agosto 2017 | 16:21
Share0
Migrante chiede asilo, è un pirata della Savina Caylyn sequestrata nel 2011. A bordo anche Cesaro di Piano di Sorrento

Un somalo di 24 anni, Mohamed Farah, è stato fermato dai carabinieri del Ros, coadiuvati da agenti della Digos, perché ritenuto uno dei componenti del commando di pirati che nel 2011 sequestrò nel Golfo Persico la petroliera italiana “Savina Caylyn”. L’uomo, che aveva chiesto lo status di rifugiato a Caltanissetta, è stato identificato grazie al […]

Un somalo di 24 anni, Mohamed Farah, è stato fermato dai carabinieri del Ros, coadiuvati da agenti della Digos, perché ritenuto uno dei componenti del commando di pirati che nel 2011 sequestrò nel Golfo Persico la petroliera italiana “Savina Caylyn”. L’uomo, che aveva chiesto lo status di rifugiato a Caltanissetta, è stato identificato grazie al confronto delle sue impronte con quelle raccolte all’epoca sulla nave. Il provvedimento di fermo è stato eseguito su delega della Procura Distrettuale di Roma. Mohamed Farah, trattenuto presso il Centro di Permanenza per i Rimpatri “Pian del Lago” di Caltanissetta, privo di documenti aveva richiesto il riconoscimento dello status di protezione internazionale. L’indagine ha consentito di individuare in Farah uno degli oltre 50 pirati somali che l’8 febbraio 2011 utilizzarono armi automatiche e lanciarazzi per abbordare e sequestrare a largo della Somalia la “Savina Caylyn”, poi trattenuta per oltre dieci mesi fino al 21 dicembre quando, in seguito a lunghe trattative, venne rilasciata insieme all’equipaggio, composto da 5 cittadini italiani e 17 indiani che furono oggetto di maltrattamenti e sevizie. Tra loro anche Gian Maria Cesaro di Piano di Sorrento e Giuseppe D’Alessio di Pompei. Le responsabilità del richiedente asilo, spiegano gli investigatori, sono emerse dal confronto delle sue impronte digitali, assunte nelle fasi dell’identificazione, con quelle repertate nel gennaio 2012 a bordo della “Savina Caylyn” da un team del Ris di Roma, giunto nel Golfo Persico con personale del Ros dopo il rilascio della motonave. Gli accertamenti, considerato che nessun membro dell’equipaggio era di etnia africana, “forniscono probanti indicazioni – dicono i carabinieri – che Mohamed Farah abbia fatto parte del gruppo di pirati che sequestrò la Savina Caylyn”. Il sequestro della ‘Savina Caylyn’ – L’8 febbraio 2011, intorno alle 5.30, a circa 800 miglia dalle coste della Somalia, la petroliera italiana “Savina Caylyn” proprietà dell’armatore “F.lli D’Amato Spa.” di Napoli (nave gemella della “Enrica Lexie” coinvolta nel febbraio 2012 nell’episodio che portò al fermo in India dei Marò Salvatore Girone e Massimiliano Latorre), mentre era in navigazione nelle acque dell’Oceano Indiano venne sequestrata da un gruppo di pirati somali che la abbordò assaltandola a colpi di razzi controcarro e armi automatiche. Assunto il controllo della petroliera, la Savina Caylyn fu condotta nella rada di Raas Cusbard, una località prossima al centro abitato somalo di Harardhere dove rimase per oltre 10 mesi prima di essere liberata e presa in custodia dalla Marina Militare italiana. L’equipaggio era composto da 5 cittadini italiani e 17 indiani che nei mesi del sequestro furono oggetto di ripetuti maltrattamenti. Per riavere la petroliera italiana ‘Savina Caylyn’ e liberare i 22 membri di equipaggio fu pagato un riscatto di 11,5 milioni di dollari ai pirati somali che l’avevano sequestrata nel febbraio 2011. E’ quanto emerge dal provvedimento di fermo del somalo 24enne individuato come uno dei pirati responsabili dell’ abbordaggio, firmato dal pm di Roma Francesco Scavo, che dovrà essere confermato dal Gip di Caltanissetta. Il giovane si trovava infatti in un centro richiedenti asilo della provincia siciliana. L’azione fu commessa “con finalità di terrorismo – si legge nell’atto – consistente nel richiedere ed ottenere, attraverso l’opera di intermediazione intrapresa dai negoziatori con i destinatari della richiesta, un riscatto”, “in tutto o in parte destinato ad alimentare, sorreggere, potenziare, rafforzare o comunque agevolare gli scopi dell’organizzazione terroristica somala Al-Shabaab”. La cifra del riscatto per un sequestro durato oltre 10 mesi era stata fornita all’epoca da fonti somale, ma non era stata confermata dall’armatore della nave. (Ansa)