Napoli. L’ambulanza arriva dopo 50 minuti, 42enne di Pompei muore nella Stazione centrale; era talassemico
Napoli. Ha vomitato sangue per 50 minuti su un binario della Stazione centrale, mentre la Polfer sollecitava disperatamente l’arrivo di un’ambulanza. Quando l’ambulanza è arrivata, 50 minuti dopo, Marco D’Aniello, di Pompei, era già morto. Il 14 agosto avrebbe compiuto 42 anni. Una vicenda odiosa sulla quale la Procura vuole vederci chiaro: è stata infatti […]
Napoli. Ha vomitato sangue per 50 minuti su un binario della Stazione centrale, mentre la Polfer sollecitava disperatamente l’arrivo di un’ambulanza. Quando l’ambulanza è arrivata, 50 minuti dopo, Marco D’Aniello, di Pompei, era già morto. Il 14 agosto avrebbe compiuto 42 anni. Una vicenda odiosa sulla quale la Procura vuole vederci chiaro: è stata infatti disposta l’autopsia. Marco, talassemico e invalido al cento per cento, alle 21 di giovedì è al binario 14 della stazione centrale: attende l’arrivo di un’amica. Dalla sua casa di via Crapolla II a Pompei è uscito alle cinque e mezzo, ha fatto lavare l’auto, ha parcheggiato con calma. L’amica scende dal treno e gli si avvicina; è a questo punto che lui si sente male. Come gli è già capitato altre volte, perde sangue dal naso e dalla bocca. Ma altre volte i fratelli lo hanno subito soccorso e accompagnato in ospedale, a Boscotrecase o a Castellammare, dove l’emorragia è stata bloccata con una flebo. Stavolta le cose andranno diversamente. La Polfer interviene, lo incoraggia e chiama il 118; molte persone, che a quell’ora affollano la stazione, assistono impotenti alla scena. In tanti si chiedono come mai non ci sia un presidio sanitario in una stazione così importante, dove ogni giorno transitano migliaia di persone, con un medico in grado di fornire le prime cure. Fino a qualche anno fa c’era, poi qualcuno ha deciso di abolirlo. I minuti trascorrono, le condizioni di Marco peggiorano; è diventato pallidissimo, suda. Gli agenti della Polfer sono in contatto con il pm di turno in Procura, Stefania Buda, alla quale comunicano il loro senso di frustrazione; vorrebbero aiutare quell’uomo che rantola, ma dal 118 continuano a dire che non ci sono ambulanze. Poi Marco, sfinito dalla sofferenza, muore. Quando l’ambulanza arriva, alle 21.50, ormai non serve più. Quelli che hanno assistito alla scena e hanno tifato fino all’ultimo per l’uomo in difficoltà sono sgomenti, ma anche arrabbiati; è possibile che in una Napoli semisvuotata dalle ferie un’ambulanza impieghi 50 minuti per arrivare non all’estrema periferia della città, ma alla stazione centrale, snodo ferroviario tra i più importanti d’Italia? Giuseppe Galano, responsabile della centrale del 118, ricostruisce l’accaduto così: «La richiesta di intervento è arrivata alle 21.02, ma non c’erano ambulanze. Se n’è liberata una solo alle 21.21 in via Pietravalle (Rione Alto, molto lontano dalla stazione), peraltro senza medico. Due minuti dopo se n’è liberata una a Ponticelli e abbiamo inviato quella. Per percorrere i sette chilometri che la separavano dalla stazione ha impiegato 10 minuti: come risulta dalla scheda sanitaria, infatti, è arrivata alle 21.33». Il dirigente sottolinea che a Napoli c’è una carenza cronica di ambulanze, tanto che quasi ogni giorno vengono inviati fax di allarme ai dirigenti della Asl Na 1 e del Cardarelli, al prefetto, al direttor generale per la salute della Regione e al sindaco. «In base allo standard nazionale — dice ancora Galano — a Napoli dovremmo avere 24 ambulanze tutto il giorno. Invece ne abbiamo 16 dalle 8 alle 20 e solo 14 dopo le 20, di cui 12 con un medico a bordo». Tutto questo importa poco ai genitori di Marco, che nel 2012 persero un altro figlio in modo tragico: si schiantò contro un camion sulla statale 268 al ritorno dal lavoro. «Forse si poteva salvare con una semplice flebo», ripetono. (Corriere del Mezzogiorno)