Polla. Sorgenti punteggiano tutto il suo territorio e attrassero i primi cristiani per la pratica del rito battesimale
L’acqua che sgorga ha qualcosa di miracoloso. Il mistero sull’origine si rafforza con la veemenza dell’apparizione, con l’abbondanza, con la freschezza prodigiosa del fiotto. Dell’acqua sorgiva Polla porta il nome e l’impronta indelebile: sorgenti punteggiano tutto il suo territorio, più abbondanti sul versante orientale, tra i monti della Maddalena, più sparute e selvagge dal lato […]
L’acqua che sgorga ha qualcosa di miracoloso. Il mistero sull’origine si rafforza con la veemenza dell’apparizione, con l’abbondanza, con la freschezza prodigiosa del fiotto. Dell’acqua sorgiva Polla porta il nome e l’impronta indelebile: sorgenti punteggiano tutto il suo territorio, più abbondanti sul versante orientale, tra i monti della Maddalena, più sparute e selvagge dal lato occidentale, sul monte San Tommaso e tra i boschi, nascoste nelle ultime propaggini degli Alburni. Già nel III-IV secolo attrassero i primi cristiani per la pratica del rito battesimale nel giorno dell’Epifania. Il sito di Polla fu inizialmente popolato da antiche civiltà italiche dedite alla pastorizia; più tardi vi si insediarono i greci e poi i romani, che vi stabilirono un importante “forum”, snodo commerciale sul percorso della via Annia, che, staccandosi dal tronco principale dell’Appia a Capua, raggiungeva Reggio dopo 350 miglia. Il medioevo fu età di decadenza economica e umana. Sulla collina di Polla i Normanni eressero una fortezza a difesa di un piccolo abitato racchiuso entro mura merlate e popolato da una scarna comunità di agricoltori. Per secoli generazioni di feudatari si avvicendarono nel dominio sul borgo. Nel “secolo dei lumi”, poi, spirò aria di riscatto: Polla sostenne la Repubblica Napoletana nel 1799 e più tardi diede un contributo importante ai moti insurrezionali del 1828 e del 1848. Il battaglione Tanagro, con 83 pollesi su 250 membri, si distinse nella battaglia del Volturno tra le fila dei garibaldini. Rimasto marginale rispetto alle vicende del brigantaggio, il paese ricevette un notevole impulso economico dalla costruzione della ferrovia nel 1886 e dall’arrivo, 20 anni dopo, dell’energia elettrica. Nel 1905 fu poi costruito l’ospedale, grazie alla generosità di un pollese emigrato in Argentina, il cavaliere Luigi Curto. Per tutto il ’900 Polla ha mantenuto un ruolo strategico nel settore dei trasporti: l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, che per il paese ha un autonomo svincolo, ha rinnovato negli anni del boom la storica funzione della via Annia e della via borbonica. Sul piano economico, all’agricoltura, la pastorizia e l’artigianato tradizionale si sono affiancati più di recente l’industria e il commercio: un’area moderna si è sviluppata in zona San Pietro. E però di ogni epoca il paese conserva tracce. La grotta di Polla è uno dei “canali di scolo” del lago pleistocenico che occupava il Vallo di Diano: esplorata nel 1956, presenta all’interno concrezioni di stalattiti e stalagmiti, ma un ampio strato di fango posato sul fondo ostacola il passaggio perfino agli speleologi. Il “lapis Pollae”, realizzato intorno al 150 a. C., è un miliario della via Annia, che indica i km mancanti per giungere a destinazione in entrambi i sensi di marcia. Il “termine graccano” è una pietra calcarea usata per delimitare un fondo e testimonia (come pochi altri esemplari in Italia) gli effetti della riforma agraria operata da Tiberio e Caio Gracco nel 131 a. C. Il mausoleo di Caio Uziano Rufo consta invece dei blocchi di un epigrafe e di tre are ornate con serti floreali: fu fatto costruire nel I secolo d. C. da Insteia, sacerdotessa della terza moglie di Augusto, in onore del marito, defunto magistrato del vicino municipio di Volcei, come pegno per 52 anni d’amore. Più recenti ma ugualmente pregevoli sono il castello, più volte distrutto e ricostruito; la chiesa di San Nicola dei Latini, risalente al 1300 e ornata di preziosi dipinti; la cappella di Sant’Antonio Abate, fondata nel XIII secolo dai frati francesi dell’ordine di Vienne; il convento di Sant’Antonio; la Taverna del Passo, costruita dai signori Villano sulla via per le Calabrie dopo il terremoto del 1561; il palazzo Palmieri del ’500 e i settecenteschi palazzi Manganelli, Parisi e Galloppo, che ingentiliscono l’abitato. (La Città)