Rimini. Chiude il delfinario, per il Comune realizzate opere abusive.L’ex miss sfregiata con l’acido resta senza lavoro
In rete c’è ancora tutto. Il sito, l’indirizzo web, la pagina Facebook e pure le foto di Gessica Notaro, testimonial, che la ritraggono sorridente in posa ma senza i segni feroci di un volto sfigurato. Nella realtà «manca» tutto il resto: l’Acquario, i leoni marini, il pubblico e gli spettacoli con gli animali in piscina […]
In rete c’è ancora tutto. Il sito, l’indirizzo web, la pagina Facebook e pure le foto di Gessica Notaro, testimonial, che la ritraggono sorridente in posa ma senza i segni feroci di un volto sfigurato. Nella realtà «manca» tutto il resto: l’Acquario, i leoni marini, il pubblico e gli spettacoli con gli animali in piscina per bambini che animava e dirigeva proprio Gessica, la donna di Rimini sfregiata a gennaio con l’acido dal suo ex fidanzato. Manca (e mancherà) perché l’Acquario di Rimini, cinquant’anni di vita, ha chiuso. Secondo il Comune è una struttura abusiva, che non ha i requisiti tecnici e ambientali per restare aperta. Gessica è una dei sette dipendenti che ha perso il lavoro. Dice di non saper niente della vicenda (burocratica e giudiziaria), che pure negli ultimi anni è finita nei tribunali, tra ricorsi dei gestori della struttura e interventi della magistratura. È solo triste. Molto. «Dopo quello che ho passato era una terapia poter lavorare con i leoni marini». I cuccioli Buddy e Morgan erano la sua forza. In un messaggio Facebook ha poi aggiunto: «Ho perso tutto. Di nuovo. Dietro a questa struttura c’è un’anima, un cuore. Per colpa della burocrazia e per colpa di chi sta al vertice cuore e passione sono buttati nella spazzatura». La storia dell’Acquario non è semplice da raccontare, così come non è facile tracciare un confine netto tra torti e ragioni. Di certo c’è che fu inaugurato nel 1986 dall’imprenditore Nemmo Fornari e successivamente passato nelle mani di una delle figlie, Tamara. Nel corso dei decenni furono realizzati diversi lavori di ampliamento. Opere che sono state realizzate, dicono gli attuali gestori, regolarmente, con permessi temporanei rilasciati dal Comune. Permessi che ora sono stati giudicati abusivi. Ed è qui che le posizioni divergono nettamente. Secondo Massimo Gabellini, direttore dell’Acquario, e l’avvocato ingaggiato dalla società, il fatto è «strano». Dicono: «Se i permessi erano validi fino allo scorso anno perché adesso no? Il Delfinario dal 1989 è rimasto uguale». Non la pensano così al Comune. L’assessore alle Attività economiche, Jamil Sadegholvaad, sostiene che «si tratta di una conclusione obbligata di una vicenda vecchia di anni e che ha subito una netta accelerazione pochi anni fa con l’intervento e i sequestri disposti dalla magistratura». Se la storia dell’Acquario parte da lontano, gli interventi della magistratura sono più recenti. I guai «giudiziari» sono iniziati nel 2013 quando la struttura con i leoni marini di Gessica Notaro era ancora un delfinario. Ospitava quattro delfini di nome Chico, Speedy, Luna e Rocco, che facevano divertire i bambini. Ma venivano maltrattati. Così almeno la pensava il pm di Rimini che firmò la richiesta di sequestro e ordinò il trasferimento dei quattro all’Acquario di Genova (i gestori avrebbero fatto ricorso ma nel 2015 è stato respinto). L’anno dopo un altro intervento della magistratura. Nel registro degli indagati sono finiti un dirigente dell’Edilizia del Comune di Rimini, accusato di abuso di ufficio e quattro amministratori del delfinario. La questione è destinata a non finire qui. Perché l’avvocato della società non esclude di avviare un’azione di responsabilità, sia penale che civile». Mentre l’assessore Sadegholvaad si dice molto dispiaciuto per i lavoratori. Ma precisa: «Per favore, non mettiamo insieme la vicenda dell’acido di Gessica con questa storia». (Corriere della Sera)