Salerno negata ai disabili. Auto davanti agli scivoli e in sosta nei posti riservati, barriere architettoniche

15 agosto 2017 | 22:00
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Salerno negata ai disabili. Auto davanti agli scivoli e in sosta nei posti riservati, barriere architettoniche

Salerno. «Guarda che slalom è costretta a fare quella signora con il passeggino tra le auto in sosta selvaggia e i marciapiede che sono troppo stretti. Pensa per me quanto è complicato con la carrozzina». Via Irno: al volante c’è Mariella Attolino, mamma di Andrea, 21 anni, dalla nascita affetto da una forma di tetraparesi […]

Salerno. «Guarda che slalom è costretta a fare quella signora con il passeggino tra le auto in sosta selvaggia e i marciapiede che sono troppo stretti. Pensa per me quanto è complicato con la carrozzina». Via Irno: al volante c’è Mariella Attolino, mamma di Andrea, 21 anni, dalla nascita affetto da una forma di tetraparesi spastica che limita praticamente del tutto i suoi movimenti. E Mariella è anche una mamma guerriera, in lotta da anni contro la burocrazia e contro le piccole e le grandi mancanze che rendono impossibile dare una parvenza di normalità a una vita che non ha nulla di semplice. «Continuo a dover litigare con le persone che parcheggiano nei posti auto riservati senza averne l’autorizzazione – racconta – e quando chiamo i vigili mi dicono di non poter effettuare un controllo perché non possono attendere, lo spazio per camminare sui marciapiedi è stretto perché nel piantare gli alberi non hanno considerato anche il passaggio di un disabile e gli scivoli, quei pochi che ci sono, quasi sempre sono ostruiti da un’auto in sosta e poi ci sono buche pericolosissime in strada». Mariella e Andrea, coadiuvati dall’insostituibile Fabrizia Petrosino, abitano nella zona di Casa Manzo, per loro, quindi, spostarsi con l’auto è fondamentale e non possono farlo con tranquillità perché continuano a scontrarsi contro disservizi e grettezza. «Immaginare di prendere un pullman – continua Mariella – è praticamente un’utopia perché non ci sono né gli spazi né il sistema per consentire la salita della carrozzina e immaginare di prendere un taxi è un’idea ancor meno praticabile». Non bastassero disservizi e barriere architettoniche, è tutto il concetto di città che – probabilmente – andrebbe ripensato in una chiave molto più inclusiva. «Andare al mare è complicato perché non tutti i lidi hanno le infrastrutture adeguate, i bar, i ristoranti, molti alberghi – elenca Mariella – non sono assolutamente adeguati all’accoglienza e non hanno servizi idonei. Anche fare la spesa al supermercato insieme ad Andrea è complicato perché o porto lui, oppure il carrello. E non è previsto un servizio che risponda a questo tipo di esigenza, così come accade in altre città italiane». Disagi quotidiani che minano anche la più battagliera delle mamme: «Dover sommare a un’esistenza già complessa altri problemi stanca. È questo il punto: chi ha un figlio con un qualunque problema di disabilità non può doversi scontrare anche con una città che non è a misura, con una burocrazia elefantiaca e con la mancanza di cultura e di civiltà delle persone. Perdere tempo è un lusso che un genitore di un ragazzo disabile non può concedersi», chiosa Mariella. «Quando i bambini guardano Andrea – spiega Fabrizia – è con schietta sincerità, gli adulti hanno nello sguardo una pietà senza sorriso. Ecco che cosa si coglie ancora nelle persone quando si confrontano con un ragazzo che ha problemi come Andrea». Un approccio culturale ancora limitato che, fa notare Fabrizia, si coglie anche da aspetti apparentemente marginali: «Molti locali non solo non hanno gli spazi a norma, ma non considerano neanche l’eventualità di poter frullare un pasto, così come sarebbe giusto immaginando di avere, ad esempio dei neonati in sala. Oppure – ricorda – al Pronto Soccorso abbiamo dovuto arrangiare Andrea su una carrozzina che non era adatta a lui». A tutto ciò si aggiunge il tasto dolente della burocrazia: file interminabili per certificati di ogni forma e genere, a fronte di una dotazione, da parte dell’Asl che, secondo Mariella che ha profonda cognizione dell’evoluzione delle strumentazioni mediche negli Usa, è «risalente ai Flintstones». Da poco tempo, poi, Andrea usufruisce dei servizi dell’assistenza domiciliare integrata, ma per un puro caso, perché – sul versante pubblico – il coinvolgimento delle famiglie non è continuativo e costante. Né esiste una rete di supporto per le famiglie realmente tagliata sulle esigenze di ciascun paziente e di chi gli presta assistenza continuata. (La Città)