Salerno. Tre ex sindaci favorevoli ai fuochi per San Matteo: «Non neghiamo la tradizione»
Che fuochi siano. Tre degli ex sindaci di Salerno non hanno in proposito alcun dubbio. E difendono a spada tratta lo spettacolo pirotecnico che segna la fine dei festeggiamenti per il Santo patrono. A un mese dall’attesa processione di San Matteo, gli ex timonieri di Palazzo di Città invitano l’amministrazione a venire incontro a quella […]
Che fuochi siano. Tre degli ex sindaci di Salerno non hanno in proposito alcun dubbio. E difendono a spada tratta lo spettacolo pirotecnico che segna la fine dei festeggiamenti per il Santo patrono. A un mese dall’attesa processione di San Matteo, gli ex timonieri di Palazzo di Città invitano l’amministrazione a venire incontro a quella che, per i cittadini, è più che una tradizione. «Si tratta di una esigenza che accomuna credenti e non credenti – spiega Bruno Ravera – La celebrazione ha ovviamente un contenuto religioso, ma c’è una forte componente civile che è giusto assecondare». Quanto allo svolgimento della processione, per lo storico presidente dell’Ordine dei medici «è nei poteri della Curia decidere il da farsi. Non credo che il mancato ingresso della statua del Santo nell’atrio del Comune possa segnare una rottura con la tradizione, tra l’altro recente, e non vi attribuisco nessuna nota polemica. Accetto quello che ha deciso l’arcivescovo». Non la pensa così Gaspare Russo, alla guida del Comune tra il 1970 ed il 1974: «Non sono un tradizionalista, ma la tradizione di San Matteo va rispettata, dai fuochi al saluto al Comune e alla Guardia di Finanza. Si tratta di tappe che ci sono sempre state. Non è l’inchino alla residenza di un boss, né il professarsi laici o cattolici. Si tratta della festa della città. E se pure si volevano apportare dei cambiamenti, questi dovevano essere condivisi e metabolizzati». I fuochi, precisa, «ormai si sparano anche per un battesimo. Non si capisce dunque il motivo per cui San Matteo non possa avere il suo spettacolo pirotecnico. Tra l’altro l’estate è caratterizzata da manifestazioni del genere, vedi quelli di Cetara per San Pietro e Paolo, quelli di San Giovanni a Vietri, o quelli del ferragosto tra Maiori e Positano. Se ci fosse capacità di fare sistema si potrebbero inserire anche i fuochi del Patrono in un circuito di appuntamenti, come accade a Cannes. Invece non ne siamo capaci». Sulla processione Russo è particolarmente critico: «Il sindaco rappresenta i cittadini, non può non seguire la manifestazione senza neppure inviare un suo delegato. Si tratta di un atto di rispetto. Allo stesso tempo l’arcivescovo, che non ha ben compreso che per i salernitani San Matteo e la Salernitana non si toccano, non doveva cassare in modo così improvviso alcune tappe che fanno parte di una tradizione sulla quale si è costruita l’identità collettiva della città. San Matteo era un gabelliere. Perché negare l’ingresso nella caserma della Finanza o nell’atrio del Comune, il cui stemma lo celebra? Mi auguro che quest’anno non ci siano più polemiche e che si torni a fare quello che si è sempre fatto». Sulla stessa lunghezza d’onda anche Aniello Salzano, primo cittadino tra il 1983 e il 1985: «Le tradizioni vanno rispettate. I salernitani ci tengono moltissimo. Comprendo l’esigenza dell’arcivescovo di riportare la festa alla sua intrinseca dimensione religiosa, ma il saluto del Patrono al Comune è ben lontano da quanto si è verificato in passato nell’hinterland napoletano. Non si tratta di un inchino alla camorra, è la celebrazione di una identità che si specchia nei suoi simboli. Sinceramente non comprendo le dispute degli ultimi anni, sono questioni di lana caprina, fuochi compresi. Lo spettacolo pirotecnico, che io ricordi, si è sempre fatto. Si tratta di un momento di gioia. Perché negarlo?». (La Città)