Vallo di Diano. Il busto in legno di Sant’Arsenio. L’opera di Giacomo Colombo ha 300 anni
La presenza di sculture del celebre artista Giacomo Colombo (Este 1663-Napoli 1731) a Sant’Arsenio è documentata da alcune significative opere. Testimoniano una notevole diffusione di opere d’arte di questo artista veneto, ma prevalentemente napoletano per formazione artistica e culturale, nel Vallo di Diano tra il primo e il secondo decennio del XVIII secolo. Già nel […]
La presenza di sculture del celebre artista Giacomo Colombo (Este 1663-Napoli 1731) a Sant’Arsenio è documentata da alcune significative opere. Testimoniano una notevole diffusione di opere d’arte di questo artista veneto, ma prevalentemente napoletano per formazione artistica e culturale, nel Vallo di Diano tra il primo e il secondo decennio del XVIII secolo. Già nel catalogo della mostra sul “Cilento ritrovato”, nel 1990, la storica dell’arte Letizia Gaeta aveva affrontato il tema della presenza colombiana nel Vallo di Diano citando parte delle opere del Colombo, tra le quali il busto di “Sant’Arsenio abate” conservato nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maggiore. Attualmente, nella medesima chiesa si conservano altre testimonianze scultoree del Colombo: il gruppo di “Sant’Anna con Maria Vergine bambina”, un notevolissimo “Crocifisso” e un “San Vito”. Attraverso una brillante e capillare indagine iconografica, lo storico Giuseppe Aromando ha sciolto il dubbio della datazione del busto di “Sant’Arsenio”, che risale al 1717. Sono trascorsi trecento anni. Che io sappia è il secondo busto colombiano di un santo che porta il nome della cittadina dove esso si conserva, dopo quello di “San Lupo” conservato nella chiesa di San Giovanni Battista a San Lupo (BN), scolpito da Colombo nel 1708. Aromando, grazie all’aiuto di una litografia ottocentesca, pubblicata da Migliaccio, editore salernitano, e di proprietà del sacerdote don Luigi Terranova, è riuscito a decifrare un cartiglio posto sul fronte dell’originaria base lignea che riportava la data, in lettere latine, del 1717 (MDCCXVII). È testimonianza inequivocabile dell’anno di produzione dell’opera da parte del Colombo. Una stampa della prima metà del XX secolo riproduce lo stesso busto in legno policromato del santo, ma, come ci ricorda Giuseppe Aromando, con una diversa base «in stile neoclassico con greca a meandri. Eppure, la stampa concorda con la litografia perché anch’essa in basso a sinistra reca una flebile traccia del cognome dell’artista: Colombo». Quest’ultima base, decorata con meandri, è ancora quella che sostiene il busto di Sant’Arsenio. Aromando, inoltre, ci offre delle valide riflessioni riguardanti la sostituzione della base originaria con quella attuale e ritiene che essa sia da ascriversi a un progetto di mons. Antonio Sacco, del 1916. Il busto di “Sant’Arsenio” ricalca lo stesso modello devozionale del “San Lupo” di Benevento, con la presenza del canonico libro sacro, con lo sguardo attento, la bocca semiaperta e declamante, in dialogo diretto con i fedeli. Nel pugno destro stringe l’elegante pastorale vescovile. Ma c’è di più. Il volto di Sant’Arsenio abate è il medesimo della statua, a figura intera, di “Sant’Andrea” nell’eponima chiesa parrocchiale di Gricignano di Aversa, firmata dal Colombo e datata 1706, che iconograficamente è ispirata alla statua in marmo di “Sant’Andrea” nella Basilica di San Pietro a Roma, opera dello scultore Francesco Duquesnoy (detto Francesco Fiammingo), come ci informa lo storico dell’arte Teodoro Fittipaldi. Dunque, Giacomo Colombo ha utilizzato il volto di uno stesso modello per due differenti santi. E sempre questo volto somiglia anche a quello del busto di “Sant’Elia”, altra opera colombiana conservata nella chiesa parrocchiale di San Giorgio a Postiglione, negli Alburni. Stesse barbe lunghe e fluenti, direi quasi di matrice “michelangiolesca”, che ricordano quella del celeberrimo “Mosé” in San Pietro in Vincoli a Roma. E la presenza dell’arte della Città Eterna sicuramente fece parte del bagaglio iconografico di Giacomo Colombo, oltre a modelli, iconografie e modi stilistici partenopei, pittorici e scultorei. Ci sono diversi indizi, particolari e rimandi, a opere presenti a Roma in diverse opere dell’artista di Este, ma non ancora del tutto studiati. Anche questa è una linea di ricerca da percorrere con più attenzione. (Gerardo Pecci – La Città)