Droga e racket nella Piana, 92 imputati

6 settembre 2017 | 10:15
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Droga e racket nella Piana, 92 imputati

PONTECAGNANO. La portata del fenomeno criminale la testimonia il numero di parti offese individuate nella richiesta di rinvio a giudizio: 55, oltre ad Asl eMinisteri di Interno e Salute. Molti sono titolari di aziende agricole e di trasporto a cui gli uomini di Francesco Mogavero avrebbero imposto ditte e prezzi a colpi di minacce e attentati; poi […]

PONTECAGNANO. La portata del fenomeno criminale la testimonia il numero di parti offese individuate nella richiesta di rinvio a giudizio: 55, oltre ad Asl eMinisteri di Interno e Salute. Molti sono titolari di aziende agricole e di trasporto a cui gli uomini di Francesco Mogavero avrebbero imposto ditte e prezzi a colpi di minacce e attentati; poi figurano le vittime di rapine ed estorsioni, e ancora gli spacciatori rivali allontanati con la violenza. Obiettivo del sodalizio era raggiungere tra Piana del Sele e Picentini il monopolio non solo dei traffici illeciti, ma anche dell’economia legale correlata alla fiorente produzione agricola. Non a caso l’operazione che a marzo sgominò l’organizzazione con 24 misure cautelari fu denominata Omnia, dalla natura omnicomprensiva degli interessi. Adesso per i 92 indagati è arrivata la richiesta di processo firmata dai sostituti procuratori Marco Colamonici Silvio Marco Guarriello, che l’11 ottobre sarà discussa davanti al giudice dell’udienza preliminare Piero Indinnimeo. Alcuni rispondono di singoli episodi, altri sono ritenuto organici al clan che al vertice aveva tra gli altri Sabino De Maio (ora collaboratore di giustizia) e i gemelli Enrico e Sergio Bisogni.
Gli atti dell’indagine ricostruiscono come – con attentati incendiari, gambizzazioni e minacce – il sodalizio avesse conquistato manu militaril’egemonia del trasporto ortofrutticolo, estromettendo la concorrenza e obbligando i produttori a rivolgersi a due agenzie di intermediazione: la Atm di Francesco Mogavero e la Ma.Pa. di Marcello Palmentieri. Quando non incendiavano i camion, i bracci armati del clan minacciavano gli autisti e non esitavano a sparare ai concorrenti. Metodi brutali che il gruppo utilizzava anche nell’altro business, quello della droga, con pestaggi e spari per estromettere i pusher rivali o indurli a entrare nella propria orbita. Erano stati creati così otto sottogruppi di spaccio, che dalla Piana del Sele avevano diramazioni anche a Salerno ed erano governati, però, da un’unica organizzazione. Il traffico era ingente,:chili e chili di cocaina e hashish di cui il sodalizio si approvvigionava anche tramite contatti in Spagna. Poi c’erano le estorsioni, le rapine, la ricettazione di auto rubate, i “cavalli di ritorno” con richieste denaro in cambio della restituzione della refurtiva. Nel corso delle indagini sono stati ricostruiti anche un giro di prostituzione e l’organizzazione di una bisca clandestina. Entrambe le attività erano gestite secondo gli inquirenti da prestanome che agivano per conto di Sabino De Maio. Di intestazione fittizia di beni sono accusati per questoRocco Pecoraro ed Ersilio Pierro, in qualità di titolari a Bellizzi del bar Raise, che secondo la Procura faceva capo a De Maio e nel quale era stato ricavato un locale per il gioco d’azzardo. Sempre al clan sarebbero andati i soldi versati dalle prostitute che ricevevano i clienti nelle stanze dell’hotel Blu, sulla litoranea di Pontecagnano; gli intestatari Leopoldo Ferullo e Maurizio Adinolfi erano per gli inquirenti solo “teste di legno”.

LA CITTA DI SALERNO