Approccio distratto, ripresa soft: analisi della brutta prova granata col Cittadella

27 novembre 2017 | 15:20
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Approccio distratto, ripresa soft: analisi della brutta prova granata col Cittadella

Il brutto inizio di gara espresso contro Cesena e Cremonese, antitetico rispetto allo spirito battagliero e sbarazzino esibito nelle diverse rimonte che hanno reso interessante il campionato disputato fino a questo momento dalla Salernitana, non ha impedito alla squadra di Bollini di commettere gli stessi errori anche nell’avvio di partita contro il Cittadella. Il 3-5-2 […]

Il brutto inizio di gara espresso contro Cesena e Cremonese, antitetico rispetto allo spirito battagliero e sbarazzino esibito nelle diverse rimonte che hanno reso interessante il campionato disputato fino a questo momento dalla Salernitana, non ha impedito alla squadra di Bollini di commettere gli stessi errori anche nell’avvio di partita contro il Cittadella. Il 3-5-2 di partenza, infatti, ancora una volta ha approcciato il match in maniera dimessa, quasi distrattamente, denotando grossi limiti di concentrazione, dinamismo e temperamento, oltre ad un’oggettiva banalità tecnica che ha caratterizzato l’abulica fase offensiva iniziale. Una Salernitana molle, attendista, scolastica, fragile nel suo velleitario tentativo di controllare il match, non ha potuto fare altro che assumere il ruolo di sparring partner al cospetto di un Cittadella decisamente motivato ed anche più vivido nella ricerca delle soluzioni che rendono spesso incisiva la sua fase offensiva. Un gioco da ragazzi, per Iori e compagni, aggredire gli spenti rivali e costringerli sulla difensiva con verticalizzazioni improvvise, sovrapposizioni degli esterni bassi, continui movimenti senza palla di mezzali e trequartisti, sempre abili nel cercare spazi tra le linee campane e lungo le corsie esterne. Venti minuti terribili per i ragazzi di Bollini, durante i quali i padroni di casa hanno sfiorato il gol con Pasa (palo) e Salvi (colpo di testa fuori di un soffio), conquistato quasi sempre i palloni contesi, ottenuto diverse situazioni di palla inattiva da sfruttare, su una delle quali Varnier non ha lasciato scampo a Radunovic, con l’evidente complicità della retroguardia ospite. A svantaggio acquisito, la Salernitana ha continuato a subire per almeno altri cinque minuti, rischiando di capitolare in altre due circostanze. Prima di riemergere dalle sue abituali contraddizioni ed iniziare a giocarsela alla pari. La mente ha smesso di essere intralciata dalla preoccupazione di preservare i necessari equilibri difensivi, accantonando quel pragmatismo gestionale che poco s’addice alle caratteristiche tecniche, fisiche e temperamentali degli uomini di Bollini. I centrocampisti campani hanno iniziato a ragionare, a cercare linee di passaggio meno prevedibili, coinvolgendo maggiormente gli attaccanti, sviluppando un giropalla rapido che sfociava nel buon lavoro di spinta garantito a sinistra dalla catena Alex-Ricci, a loro volta sempre supportati dall’esordiente Popescu, sostituto di Vitale e molto simile all’ex ternano nell’interpretare in chiave offensiva il ruolo di centrale di retroguardia che si sgancia e supporta il centrocampo. Il Cittadella ha finalmente compreso di dover anche soffrire e si è rassegnato all’idea di dividere il palcoscenico con i risvegliati dirimpettai. La Salernitana ha intensificato la pressione e costretto i padroni di casa a rintanarsi negli ultimi trenta metri, con il conseguente incremento a favore di corner e punizioni decentrate; sugli sviluppi di una di queste situazioni di gioco, Pucino ha siglato la rete che ha riportato in parità il match. Evoluzione della gara che conferma la difficoltà del Cittadella a garantire sempre un’efficace difensiva. Ma anche la consapevolezza che il destino positivo della Salernitana è legato alla sua capacità di andare oltre gli schemi (mentali e tattici), di riuscire ad essere incisiva partecipando compatta alle azioni offensive, di difendersi meglio quando è lei ad assumere il pallino del gioco. Quando questa pianificazione strategica viene meno, i granata di Bollini ritornano ad essere una squadra di media classifica che può incontrare difficoltà al cospetto di tutti gli avversari cadetti.

Ed il secondo tempo, come se l’intervallo avesse cancellato la positiva seconda parte della prima frazione di gioco, ripresenta sul terreno di gioco una Salernitana timorosa, distratta nella gestione del pallone, poco collaborativa nelle chiusure e nei raddoppi di marcature, inconsistente in avanti. Al contrario del Cittadella che, metabolizzata la complicata fase finale del primo tempo, è ritornato in campo accompagnato da una ferocia agonistica che ha immediatamente messo in difficoltà gli ospiti. Gli uomini di Venturato hanno curato meglio i dettagli, dimostrando di inseguire con maggiore convinzione e determinazione il successo. Pur non creando evidentissime occasioni da gol, essi hanno esercitato una pressione quasi costante, verticalizzando immediatamente (sia con il fraseggio, sia attraverso la ricerca degli attaccanti con i lanci lunghi) e costringendo la Salernitana a subire. E, soprattutto, hanno alzato la linea difensiva, conquistato tante seconde palle ed effettuato tempestive chiusure preventive. Un’applicazione mentale invidiabile, una ferrea volontà di ottenere i tre punti che ha costretto la Salernitana per quasi tutto il secondo tempo a rimanere intanata nella propria metà campo. Gli uomini di Bollini hanno retto bene con i difensori centrali, non hanno concesso evidentissime occasioni da rete, ma non sono mai riusciti ad alleggerire la pressione dei locali con ripartenze ficcanti ed un possesso palla in grado di arrestare la continuità di azione e temperamentale degli avversari. Questi, pur tra tante difficoltà, non ultima quella di un campo scivoloso e pesante, hanno creduto maggiormente nei tre punti e adottato soluzioni offensive meno ordinarie, continuando a portare più uomini nei pressi dei sedici metri salernitani. L’azione che ha regalato il gol decisivo ai veneti è la sintesi perfetta di un approccio al match più ambizioso e meno morbido, con Schenetti che attacca lo spazio a destra, Pasa che s’inserisce sul versante sinistro e la caparbietà di Litteri nel ribadire in rete una respinta approssimativa della retroguardia campana.L’intraprendenza degli interni di centrocampo di Venturato, più attenti ad offendere che a gestire, premia la compagine che ha mostrato maggiore coraggio e creatività. Rete che regala ai veneti un successo sostanzialmente meritato. La Salernitana, incapace di tirare in porta nei secondi quarantacinque minuti, non riesce mai a cambiare ritmo, a mutare il suo gioco nel tentativo di creare grattacapi agli avversari, badando solo a difendersi, pur sapendo di non avere la scaltrezza e la prestanza fisica per farlo. I cambi operati da Bollini (Odjer, Rossi e Di Roberto) non aggiungono nulla di rilevante allo sviluppo del match, che resta passivo, farraginoso e spesso disarticolato nell’incapacità evidente di difendere ed attaccare in maniera compatta. Il triplice fischio del direttore di gara consegna la Salernitana ad una settimana di riflessione. I granata devono ritrovare in fretta la fame esibita nel corso delle numerose rimonte effettuate, ma, soprattutto, devono capire che impostare la gara sulla gestione ordinaria del compitino tattico rappresenta un canovaccio che mal si adatta a quelle che sono le reali potenzialità calcistiche da porre al servizio di principi di gioco inderogabili. Per continuare a far bene e andare oltre le proprie oggettive lacune strutturali – sperando di vederle colmate nel mercato di gennaio – la Salernitana non può allontanarsi da un percorso tecnico-tattico caratterizzato da una sana spavalderia, intrisa di vivacità atletica, coraggio ed imprevedibilità calcistica. Non assecondare questi propositi significherebbe allontanarsi progressivamente dalla zona sogno.
fonte solosalerno.it