Una storia tipicamente italiana foto

E’ un dossier di una ventina di pagine che per ragioni editorialiste ne pubblichiamo alcuni stralci (ma è possibile scaricare l’intero dossier). Si tratta della situazione di un rinomato giornalista 84enne il quale, dopo oltre mezzo secolo (58 anni) di attività giornalistica particolarmente intensa, di notevole risonanza anche internazionale e socialmente meritoria, non di rado […]

E’ un dossier di una ventina di pagine che per ragioni editorialiste ne pubblichiamo alcuni stralci (ma è possibile scaricare l’intero dossier). Si tratta della situazione di un rinomato giornalista 84enne il quale, dopo oltre mezzo secolo (58 anni) di attività giornalistica particolarmente intensa, di notevole risonanza anche internazionale e socialmente meritoria, non di rado determinante per riforme fondamentali in vari settori… è semplicemente privo di pensione !!! Il che costituisce una vergogna per l’Italia e le sue istituzioni anche a livello internazionale, in particolare per l’Ordine italiano dei giornalisti in quanto causa diretta di questo obbrobrio per i comportamenti a suo tempo di certi suoi spregevoli dirigenti; ma che si estende anche alle altre istituzioni riguardanti il giornalismo (Federazione Nazionale della Stampa Italiana FNSI, Istituto Nazionale di Previdenza dei Giornalisti Italiani INPGI, Federazione Italiana editori di giornali FIEG) non essendo ancora intervenuti per sanare questa ignominia che sta suscitando vivo sdegno nei più diversi ambienti anche internazionali. 

 

Ma com’è potuto succedere?

Ma vediamo in dettaglio come tutto ciò è potuto avvenire. L’attività giornalistica di Stefano Surace è stata costantemente caratterizzata da inchieste approfondite su gravi problemi di interesse pubblico. Attività che consisteva soprattutto in campagne su grossi scandali politici, economici, finanziari, immobiliari, rackets della droga, del gioco d’azzardo, dell’usura, scandalo dei petroli, abusi psichiatrici, problema carceri, racket di editori e distributori che diffondevano riviste pornografiche nelle edicole alla portata dei minori, comportamenti devianti di personaggi con incarichi pubblici, elettivi e no. 

Si trattava dunque di attività ben positive socialmente, in linea con la funzione del giornalismo in un paese democratico, largamente apprezzate e quotate professionalmente, tanto più che non di rado furono determinanti per riforme fondamentali in vari settori, come appunto carceri e settore psichiatrico.

Queste attività le svolgeva in particolare come:

a) Inviato speciale e poi direttore di ABC, il settimanale celebre all’epoca per le sue inchieste politico-sociali, fondato da Gaetano Baldacci.

b) Direttore del settimanale di attualità AZ specializzato anch’esso in inchieste, nel quale aveva come redattori fra gli altri Piero Ardenti, Ugo Mannoni, Aldo Nobile, Nino Puleio, Gianfranco Pintore, Maria Tedeschi.

c) Direttore delle agenzie giornalistiche L’inchiesta e Giornalisti Associati, anch’esse specializzate in inchieste.

d) Direttore di Le Ore, settimanale di varietà anche blandamente erotico, a partire dal quale Surace si opponeva con varie iniziative a coloro che diffondevano invece pornografia nelle edicole alla portata dei minori.

e) Collaboratore di vari settimanali italiani ed esteri, fra cui i tedeschi Quick e Neue Revue su argomenti riguardanti l’Italia ma di forte interesse internazionale.

La radiazione illecita

Questa sua attività contrastava naturalmente con gli interessi poco confessabili di vari ambienti, che tentavano di bloccarla. 

Sennonché il 28 maggio 1975 avvenne che certi personaggi che erano nel frattempo subentrati come dirigenti dell’ Ordine, in particolare certo Saverio Barbati come presidente, ebbero a sospenderlo e poi radiarlo illegittimamente dall’albo senza dirne le ragioni (era difficile trovarne…) bloccando così di colpo l’intera sua attività giornalistica.

Poiché fra l’altro non poteva conservare la direzione responsabile di periodici, decadde di colpo da direttore dei suddetti ABC, AZ, Le Ore, L’Inchiesta, Giornalisti Associati… né poteva essere assunto in Italia con un qualsiasi ruolo giornalistico da organi di stampa.

Di conseguenza veniva anche privato dell’assistenza dell’istituto di previdenza per i giornalisti pubblicisti (dapprima l’INPS e poi l’INPGI) e quindi di usufruire a tempo debito di una pensione, non potendosi versare i contributi previdenziali.

Per poter dunque continuare la sua attività giornalistica dovette spostarla all’estero, in Francia, dove però non poteva effettuarla per giornali francesi non conoscendo all’epoca sufficientemente la lingua.

Sicché decise di continuare ad occuparsi di argomenti italiani dalla Francia, utilizzando gli estesi contatti professionali e le valide fonti di cui disponeva in Italia. 

A Parigi

Fondò quindi a Parigi due agenzie, ABCnews Europa (che si ispirava alla linea di inchieste del settimanale ABC nel quale ero stato direttore) e Infos-Inter che si occupava di argomenti più generali. Poté così far partire da Parigi una serie di inchieste che ebbero larga risonanza sia in Italia che all’estero. Fra quelle che ebbero maggiori echi ci limitiamo a citare quella sul cosiddetto scandalo dei petroli, a seguito della quale vennero incriminati dei magistrati di Monza e condannati il capo della Guardia di finanza generale Raffaele Giudice, il suo braccio destro Donato Lo Prete e una serie di personaggi “eccellenti”. 

Oppure l’inchiesta sulla loggia P2, che spinse il procuratore della repubblica di Milano Mauro Gresti ad ordinare nel marzo 1981 la perquisizione di una villa Wanda nei pressi di Arezzo, residenza di Licio Gelli, dove furono trovati fra l’altro gli elench

Ci limitiamo a citare le interviste fattegli da Giulia Borgese e Glauco Licata del Corriere della Sera; da Davide Laiolo e Guido Cappato di Giorni-Vie Nuove (la pubblicarono su 9 pagine); da Mino Pecorelli direttore di OP (pubblicata su 6 pagine); da Vincenzo Sparagna direttore de “il Male”, combattivo settimanale satirico assai seguito all’epoca (pubblicò un fumetto su Surace in due puntate su diverse pagine).

In Italia una giuria di giornalisti, presieduta dal noto critico Mario Tilgher, riunita al Circolo della Stampa di Napoli assegnò a un libro di Surace, Caro Pertini, il premio Vergilius per il miglior libro dell’anno 1982.

i dei personaggi “eccellenti” che vi aderivano, sicché lo scandalo della Loggia P2 esplose clamorosamente.  

Ne damnetur absens

Nel contempo però la sua assenza dall’Italia permetteva a certi ambienti di attivarsi discretamente in modo da riuscire finalmente a far emettere nei suoi confronti condanne per reati a mezzo stampa per articoli pubblicati quando ancora risiedeva in Italia.

A tal fine utilizzarono una grave anomalia giuridica, esistente solo in Italia fra tutti i paesi occidentali, la quale consente di emettere condanne in contumacia (quindi in assenza dell’accusato) e farle diventare subito definitive ed esecutive, in flagrante violazione del principio fondamentale del diritto “ne damnetur absens” (non si deve condannare un assente).

Utilizzarono anche il fatto che in Italia i processi per reati a mezzo stampa vengono effettuati “per direttissima”, quindi in tempi brevi, che possono diventare brevissimi nei processi contumaciali.

In tal modo si poterono instaurare nei confronti di Surace numerosi processi per pretesi reati a mezzo stampa – a sua totale insaputa, le “notifiche” essendo state inviate a indirizzi che non erano da tempo sue residenze, e quindi impedendogli ogni difesa – e concluderli subito con condanne definitive ed esecutive…

Per di più di quei “processi” in sordina se ne fecero parecchi, tanto che le condanne ebbero a raggiungere un totale di… 18 anni di galera (!!!) e da scontare subito poiché appunto esecutive.

Intanto però la Corte d’Appello di Napoli, prima sezione civile, dichiarò illegittima la sua radiazione annullandola ab origine come mai emessa (tanquam non esset) con sentenza del 4 aprile 1986, poi confermata dalla Corte di Cassazione con sentenza dell’8 novembre 1991, notificata il 19 novembre 1993.

Sicché il 30 gennaio 1994 si dovette reintegrare Surace nell’Ordine, nei confronti del quale dovette comunque promuovere una causa civile di risarcimento per i gravi danni cagionatimi da quella radiazione illegittima.

Ad ogni modo la reintegrazione gli ridava subito la possibilità di svolgere attività giornalistica anche in Italia, sicché i rapporti che aveva mantenuto coi giornali italiani – molto attivi ma necessariamente non ufficiali a causa appunto della radiazione – potevano essere formalizzati.

Qualsiasi giornale italiano poteva dunque ora assumerlo ufficialmente, anche come direttore, e di conseguenza versare i corrispondenti contributi pensionistici. 

 

Parigi nega l’estradizione

Sennonché a questo punto risultò che erano state emesse nei suoi confronti quelle condanne contumaciali per… 18 anni di galera, e da far subito poiché esecutive…

Per cui non solo non poté rimetter piede in Italia, ma le autorità italiane chiesero alla Francia la sua estradizione, ricevendone tuttavia un secco rifiuto che coprì l’Italia di ridicolo a livello internazionale, la Francia avendo obiettato che non è lecito dichiarare esecutive condanne contumaciali.

Per di più non si era mai visto in Occidente che un giornalista fosse condannato a… 18 anni di galera per reati a mezzo stampa, sicché si ebbe una reazione generale non solo in Francia (dove Surace venne anche decorato da Jacques Chirac) ma in Spagna, Gran Bretagna, Giappone..

Così Surace continuò a far partire da Parigi numerose inchieste, fra cui la famosa “Scandalo a Palazzo di Giustizia” pubblicata su 10 pagine da Mino Pecorelli sul settimanale OP.

In quel periodo pubblicò anche vari libri: in italiano oltre a “Caro Pertini” anche “Number One” (sul famoso scandalo romano per droga in cui erano implicati numerosi personaggi del jet-set internazionale: vi indicava coloro che aveva appurato essere stati accusati ingiustamente, e che in effetti vennero poi assolti) e “I padrini della pornografia e il delitto Pecorelli”; nonché in francese “La plume et la main vide” e “Enquête sur le Ju-Jitsu en France”.

Tuttavia quelle “condanne” a 18 anni in Italia erano ritenute valide, impedendogli dunque di recarvici, e impedendo ancora l’ufficializzazione dei suoi rapporti coi giornali italiani (e corrispondenti versamenti dei contributi pensionistici) poiché i loro direttori si sarebbero trovati incriminati per… favoreggiamento di un ricercato !

Questa situazione indubbiamente aberrante apparve superata solo dopo 7 anni, nel 2001, allorché la stessa magistratura italiana, per effetto anche del biasimo internazionale, trovò modo di bloccare gli effetti di quelle condanne.     

Niente pensione…

Ma in quel 2001 Surace compiva 68 anni (è nato nel 1933) era quindi in età pensionabile, e tuttavia privo di pensione…

E ciò dopo 42 anni di attività (dal 1958 a quel 2001) particolarmente intensa e meritoria, dai vasti echi ed effetti particolarmente positivi socialmente anche a livello internazionale.

Mentre in Italia si attribuivano 2 o 3 cospicue pensioni a tanti noti personaggi “eccellenti”, a partire da 44 anni di età…

Questa mancata pensione era dovuta al fatto che i contributi pensionistici erano stati versati per lui solo durante 16 anni (dal 1958, inizio della sua attività di giornalista, al 1975, data della sua sospensione e poi radiazione illegittima dall’Ordine) ed erano dunque insufficienti per dar diritto a una pensione (…..). 

In carcere per una condanna
inesistente

In effetti un PM Alfredo Ormanni, procuratore capo a Torre Annunziata, il 24 dicembre 2001 (vigilia di Natale) provvide ad imprigionarlo in stretto isolamento in un carcere di alta sicurezza, quello di Ariano Irpino, in esecuzione di una condanna “definitiva ed esecutiva” che tuttavia… non era mai stata emessa !!!

Il che scatenò una reazione generale a suo favore dapprima da parte della stampa italiana (in cui si distinse il quotidiano Libero che, partito per primo, trascinò tutti gli altri quotidiani italiani grandi e piccoli, riviste settimanali e televisione) e poi della stampa di mezzo mondo e di una serie di autorità ed organismi italiani e internazionali (….). 

Il giudice abusivo

E non tardò a scoprire che, fra gli effetti di quegli 8 mesi di reclusione, c’era stato anche quello gravissimo di avergli impedito di seguire la causa civile di risarcimento che aveva promosso nei confronti dell’Ordine per i danni cagionatigli con quella radiazione illegittima.

In effetti giusto 16 giorni dopo quella sua incarcerazione per condanna mai emessa, si era tenuta di volata, il 9 gennaio 2002, a sua insaputa, dinanzi alla Corte d’Appello di Napoli l’udienza conclusiva di quella causa, che era stata presieduta da un giudice cui era tassativamente vietato per legge di occuparsene, essendo in situazione di inimicizia grave con Surace.

Giudice dunque abusivo, il quale aveva emesso puntualmente una sentenza aberrante con cui si negava a Surace qualsiasi risarcimento, e per di più l’avvocato che doveva difenderlo l’aveva fatta subito diventare definitiva non presentando, da vero fedifrago, ricorso per Cassazione ! (…)

L’affare Andreotti

E fra le inchieste che feci allora partire da Parigi, ed ebbero particolare risonanza, citeremo quella sull’assassinio di Mino Pecorelli, del quale era stato accusato come mandante Giulio Andreotti, di cui Surace sostenne e dimostrò invece l’innocenza contro l’opinione generale.

Tanto più che già vari anni prima, nel 1976, aveva pubblicato sull’argomento quel libro cui abbiamo sopra accennato “I padrini della pornografia e il delitto Pecorelli”.

E in effetti Andreotti venne assolto il 29 settembre 1999 dalla Corte di assise di Perugia.

Ma siccome venne poi invece condannato il 17 settembre 2002 a ben 24 anni di galera dalla Corte di assise d’appello, Surace effettuò una nuova inchiesta dettagliando e documentando gli errori sui quali quella condanna era fondata, e poiché l’udienza in Cassazione era stata fissata per il 30 ottobre 2003, diffuse massicciamente l’inchiesta pochi giorni prima, il 21 ottobre.

E la Corte di Cassazione, concordando in pieno, annullò la condanna ad Andreotti e senza rinvio. 

La campagna per il Sud

Surace tenne anche a realizzare quella campagna – che gli era stata impedita con la famosa incarcerazione alla vigilia di Natale 2000 – sulla situazione drammatica in cui era stata gettata l’Italia meridionale. Campagna che prosegue tuttora intensamente da ormai vari anni, con effetti decisamente positivi avendo aperto gli occhi a vari ambienti, dirigenti e personaggi-chiave meridionali, fino allora condizionati dalle manipolazioni massicce diffuse sistematicamente urbi et orbi ai danni del Sud. Poté così stimolarli ad efficaci azioni concordi per il Sud prima impensabili. In particolare esortava i dirigenti politici meridionali (soprattutto i governatori delle regioni e i sindaci di città grandi e piccole, a cominciare da Napoli) a coalizzarsi, formando un saldo fronte meridionale in grado di opporsi efficacemente ad ambienti ed interessi anti-Sud.

Provvide anche a smascherare certi personaggi che, presentandosi come difensori del Sud, in realtà agivano per interessi contrari; e ad approfondire certe situazioni di rapina particolarmente scandalose ai danni del Sud, come l’esproprio del Banco di Napoli facendolo assorbire da un banca del Nord, realizzata con metodi particolarmente spregevoli, e delittuosi. Nota sulla mancata pensione a Stefano Surace