Le origini gastronomiche del Carnevale

15 febbraio 2018 | 09:43
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Le origini gastronomiche del Carnevale

“Carnevale ogni scherzo vale” è un motto ormai antico, ma che ben sintetizza la dinamica trasformazione della società in questo periodo di febbraio, una trasformazione che elimina tutte le differenze che possono esserci fra le persone. Una festa laica e democratica. E’ una tradizione che si ripresenta anno dopo anno, così come la sua tradizione gastronomica.
Il piatto carnevalesco più sentito in Costiera Amalfitana e soprattutto a Praiano e a Furore è il migliaccio. Il piatto più moderno fra quelli previsti per Carnevale. Infatti le lasagne sono antiche, derivano dalle lagane citate dallo scrittore latino Apicio, uno dei primi gastronomi della storia, e le chiacchiere e le castagnole sono anch’esse di chiare origini romane, anche se erano chiamate nella Roma imperiale come frictilia, dolci appunto fritti che si cucinavano per deliziare anche i palati più esigenti dell’epoca.
Dunque il migliaccio è il piatto per così dire più “recente”, anche se documentato già nel XVII secolo. Il marchese e gastronomo Giovan Battista Del Tufo, infatti, lo nomina per designare una sorta di timballo napoletano dal gusto agrodolce composto da farina di miglio (da cui il nome di migliaccio), due formaggi grattugiati ben mischiati, zucca, uova, fior di latte, sugna, carne di maiale salata, pepe, zucchero, garofano e cannella. Tutto veniva cotto sulla brace.
Ovviamente ai giorni d’oggi il migliaccio si è evoluto e la sua ricetta originale si è modificata con il passare del tempo ed ogni famiglia ne propone una. Gli ingredienti odierni sono per lo più: sugna o burro; farina di semola; spaghetti o ziti spezzati; pasta corta; uova; fior di latte (anche di qualche giorno prima); parmigiano grattugiato; salsiccia affumicata fresca; sale ; pepe.
E dopo aver fatto incetta di questi piatti tradizionali, le nonne sono solite ricordare ai nipoti: “Carnevale surund surund quand’è a Pasc facimm e cunt, quann a ret te sient e chiamà, ‘o sausicc o bbuò pagà?” (Carnevale unto unto, quando è Pasqua facciamo i conti, quando da dietro ti senti chiamare, la salsiccia la vuoi pagare?) che significa che si mangia tanto a Carnevale da sporcarsi di grasso, perché poi ci sono le Ceneri e, successivamente, si inizia il periodo dei quaranta giorni di Quaresima, in cui non si mangia carne, secondo la religione cattolica. Quindi edite et bibite, ossia mangiate e bevete e soprattutto divertitevi!
Gennaro Cuccaro