Di Maio a Pomigliano io steward e lui candida i figli

13 febbraio 2018 | 09:43
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Di Maio a Pomigliano io steward e lui candida i figli

Pomigliano d’Arco. «Stiamo preparando la squadra di governo. In Parlamento si dovrà formare una maggioranza sui temi, senza un mercato di poltrone o ministeri. Perché senza di noi non si governa, si può solo tornare al voto». In un clima esaltante, nell’abbraccio di un intero palasport della sua città Luigi Di Maio rilancia l’obiettivo della maggioranza assoluta. Per lui vicinissimo perché «se i 5 Stelle hanno conquistato il 35% in Sicilia nelle peggiori condizioni possibili» allora si può vincere in Italia. Per il Mezzogiorno il candidato leader annuncia la sua idea: «Un milione di auto elettriche entro il 2020 e potremmo far ripartire subito gli stabilimenti del Sud». Il nemico più citato non è tanto il suo competitor nel collegio, Vittorio Sgarbi, quanto Carlo De Benedetti: «La tessera numero 1 del Pd ha debiti per centinaia di milioni di euro con Mps». L’unico vero affondo è per Vincenzo De Luca: «Mi cita sempre perché ho fatto lo steward al San Paolo. Sì, come tanti giovani campani ho fatto tanti lavori umili. Lui i suoi figli li fa uno vicesindaco e l’altro parlamentare». Napoli non è Salerno. E complice il lunedì feriale, il Sannazaro non è al completo, anzi metà teatro, con le poltrone «riservate» che fanno un po’ casta, è riempito da militanti dello Snals scuola. Di Maio sembra avere solo due interlocutori: il mondo della scuola e quello delle imprese. Soprattutto per gli imprenditori il pacchetto di proposte è completo: rifare dal punto di vista energetico gli edifici pubblici, taglio del costo del lavoro e stop alla burocrazia: «Non faremo nuove leggi, ma le aboliremo. Fateci l’elenco di quello che vi sta rendendo la vita un inferno e noi lo cancelleremo. Le imprese perdono 100 giorni all’anno a fare scartoffie e 60 per i controlli. E sono penalizzate: prima hanno fondi pubblici per fare capannoni e poi ci devono pagare l’Imu». Sulla Sanità la promessa è di spezzare il legame tra politica e manager, «perché altrimenti i manager lavorano per i politici e non per voi». Sull’istruzione il piano è investire sugli edifici e «stipendi dei docenti in media con l’Europa» cioè circa il doppio di quanto ricevono oggi. Le coperture economiche, che riguardano anche reddito di cittadinanza e pensioni minime a 780 euro, sono per Di Maio facili da trovare: «Già prendendo i 20 miliardi dati alle banche e i 20 del jobs act riusciamo a coprire i costi, 17 miliardi in tutto. Non siamo contro i risparmiatori, ma contro i manager e chi ha preso dalle banche: il Monte dei Paschi di Siena ha centinaia di milioni di scoperto con De Benedetti e con altri prenditori come lui. Altri 30 miliardi si possono ricavare dalla spending review: non sono dati nostri ma del piano Cottarelli che aveva previsto risparmi cancellando enti e società inutili. Ma alla fine invece di tagliare i costi con cui si finanzia la politica, hanno tagliato lui». Secondo i pentastellati la loro forza è la libertà: «Non abbiamo bisogno di creare sprechi per fare clientele – sottolinea il candidato premier – perché il nostro unico serbatoio di voti è il consenso, e i nostri unici finanziatori sono i tanti che con le donazioni ci hanno dato 500mila euro per la campagna elettorale». Il futuro, per Di Maio, è roseo «perché il 50% dei posti di lavoro verrà dall’industria creativa, cioè turismo, beni culturali, artigianato, made in Italy. Basta prepararsi». Per il Sud c’è l’impegno a mantenere le commesse delle società partecipate dello Stato. Per la sua regione la ricetta è facile: «La Campania va difesa in Europa». Le questioni interne al Movimento sono spazzate via: «Per Catello Vitiello è game over: appartiene a una loggia massonica». Sui rimborsi la linea è chiara: «Persone come Cecconi e Martelli le ho già messe fuori, per gli altri stiamo facendo le verifiche ma possiamo essere orgogliosi: il Movimento ha restituito 23 milioni di stipendi». Di Maio avverte: «Le mele marce le trovo e le caccio, nessuno inficerà il nome del M5S». Per il diretto competitor nel collegio di Pomigliano, invece, c’è solo ironia: «Mi dispiace per i miei e concittadini che adesso devono sorbirsi Sgarbi ma a chi sbraita rispondiamo con un sorriso e magari un caffè». Nemmeno un accenno alle accuse che in giornata gli rivolge Matteo Renzi o esponenti del centrodestra. Nel Palazzetto dello Sport di Pomigliano, tra almeno duemila persone in fibrillazione, Luigi Di Maio si entusiasma: «Abbiamo in mano il destino dell’Italia – urla – possiamo fare quello che da venti anni aspettiamo, mai realizzato per colpa di una classe politica corrotta. A dispetto di tutti, restiamo sempre la prima forza politica del Paese».