Salerno. Assenteisti al Ruggi, altre 33 archiviazioni: niente truffa ma solo errato utilizzo del badge

27 febbraio 2018 | 19:17
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Salerno. Assenteisti al Ruggi, altre 33 archiviazioni: niente truffa ma solo errato utilizzo del badge

Salerno. Furbetti del cartellino: l’inchiesta si chiude con un altro «non doversi procedere perché il fatto non sussiste» per 33 indagati. Secondo la procura erano tutti accusati di violazione dell’articolo 55 quinques del decreto legislativo 165/2001, detto anche legge Brunetta, ovvero errato uso del badge aziendale. A deciderlo è stato ieri mattina il gup Piero Indinnimeo che appena una decina di giorni fa ha emesso la sentenza, studiata e motivata, in base alla quale – in assenza dell’imputazione di truffa aggravata ai danni dello Stato – la questione «furbetti» si deve risolvere esclusivamente in un fatto amministrativo da parte dell’azienda ospedaliera universitaria che, a questo punto, sarebbe tenuta a mettere in campo una serie di sanzioni disciplinari. Secondo quanto rilevato nel fascicolo dell’inchiesta, difatti, nessuno degli indagati era stato, di fatto, assente dal proprio posto di lavoro. Per il giudice per l’udienza preliminare, dunque, il problema di fondo è sempre lo stesso: la modalità con la quale si è proceduto a rilevare le timbrature «illecite»: due soli sistemi di timbratura elettronica funzionanti «nell’intero ed enorme complesso ospedaliero». Troppo pochi. Ma non solo. Ancora una volta gli scambi di badge compiuti dagli imputati non avrebbero determinato l’assenza dal servizio da parte degli stessi, neanche per un minuto. Nel senso che non erano finalizzati a giustificare una presenza – che di fatto non c’era – al proprio posto di lavoro dove, secondo le prove fornite da ciascuno, hanno prestato servizio fin dal primo minuto di inizio turno. La timbratura non corretta, ovvero che non segue le condizioni richieste dalla legge Brunetta, secondo quanto accertato non avrebbe perciò creato alcun tipo di disservizio all’interno dell’ospedale né sotto il profilo organizzativo – nel senso che tutti i dipendenti erano presenti a lavoro per l’intero orario di servizio previsto dal contratto – né per l’utenza, nel senso che i malati non hanno mai sofferto illeciti vuoti di organico, né prima né dopo né durante l’orario di servizio dei dipendenti che, pur non timbrando personalmente, non si sono mai allontanati, una volta giunti in orario in azienda dal luogo di lavoro, permanendovi fino alla fine dell’orario. Il reato contestato, dunque, si risolve con una semplice falsa attestazione della presenza in servizio attraverso «un’alterazione dei sistemi di rilevamento delle presenze», precisa il gup. Restano ancora 800 posizioni da esaminare e quasi tutte riguardano proprio la violazione della legge Brunetta. Quasi tutte, dunque, potrebbero essere archiviate. L’inchiesta Just in time, ricordiamo, prese il via con i primi provvedimenti restrittivi nel settembre del 2015: in quella circostanza furono individuate 14 persone che avevano compiuto illeciti. Alcuni avevano timbrato per poi uscire (andare a fare una passeggiata al mare, dal parrucchiere o semplicemente intrattenersi al bar), altri si erano resi loro complici timbrando per loro il cartellino. Di qui i controlli a tutto il personale sulla scorta anche di alcune segnalazioni fatte anche dalla dirigenza dell’azienda ospedaliera che, nei conteggi degli orari di lavoro, si era ritrovata con delle posizioni non regolari che sono ora tutte all’attenzione della magistratura. Duecento già le archiviazioni, tra queste anche quelle di persone che hanno commesso infrazioni soltanto per una o due volte anche se la contestazione è di truffa. (Petronilla Carillo – Il Mattino)