ALDO MORO: MAESTRO IMPAREGGIABILE DI POLITICA NEL SEGNO DELLA PRIMAVERA DELLA LIBERTÀ E DELLA DEMOCRAZIA
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In questi ultimissimi giorni ho letteralmente divorato riflessioni e ricordi fatti da radio, televisioni e carta stampata.che, nel quarantesimo anniversario del rapimento di Aldo Moro, mi hanno fatto rivivere nei minimi particolari la vicenda umana e politica del grande statista e tutta la tragicità di una delle pagine più buie della storia recente del nostro Paese. Io ho avuto il privilegio di averlo conosciuto. E così ne ho ricostruito con emozione e commozione quei frammenti di memoria, che, direttamente o indirettamente, m i hanno riportato a Lui…. A metà degli anni ’60, nella sua qualità di Presidente del Consiglio venne ad Amalfi per partecipare ad una edizione della Regata Storica delle Repubbliche Marinare, che la Sua presenza rese memorabile. Ero presidente dell’Azienda di Soggiorno e Turismo ed Assessore Comunale (sindaco Gaetano Amendola) e in questa veste feci parte della ristretta delegazione che ricevette il Presidente Moro e si intrattenne con Lui. Premetto che all’epoca, da qualche anno,Amalfi aveva subito, a livello amministrativo, una autentica rivoluzione, perché,per la prima volta, il Comune era gestito da una Giunta di centro-sinistra. La garanzia di futuro per l’Italia la davano due “padri” della nostra Repubblica, Moro nella qualità di Presidente e Pietro Nenni come vicepresidente, che aveva scritto, quest’ultimo. proprio in quei giorni un editoriale sull’Avanti!, in cui,con un pizzico di retorica, sottolineava di aver portato i socialisti nella “stanza dei bottoni” E la società civile seguiva con entusiasmo la stagione delle “riforme di struttura”(la nazionalizzazione dell’energia elettrica e la scuola media unica,eccc.)I moderati ed i conservatori, esterni ed interni alla DC (numerosi ed organizzati questi ultimi) fecero resistenza organizzata e crearono le prime crepe nel governo, causando le dimissioni da ministro di Riccardo Lombardi , fiaccarono le forze e spensero l’ entusiasmo di Antonio Giolitti,ministro del Bilancio e spinsero il segretario PSI ,Francesco De Martino, a proporre gli “equilibri più avanzati” a cui fecero eco le correnti di sinistra della DC, capeggiate rispettivamente da Donat Cattin e dagli avellinesi Fiorentino Sullo e Ciriaco De Mita, ribattezzati con malcelata ostilità “comuni stelli di Sacrestia”, dalle correnti di destra DC, capeggiate , a loro volta. da Carmine De Martino e Giulio Andreotti. La società civile era inquieta, divisa e tormentata. Il “Maggio francese” ed il ‘68degli studenti italiani gettarono benzina sul fuoco. E, con il contributo del PCI, che temeva di essere tagliato fuori dall’accordo DC/PSI, la inquietudine collettiva e la spaccatura della coesione sociale allargò ed approfondì le sue crepe. Io ho un ricordo nitido di quegli anni, anche perché nel piccolo di una città di provincia, ma emblematica, come Amalfi , la vissi da protagonista. Così come ho nitido il ricordo di quell’incontro ravvicinato, di pochissimi minuti, con Moro, che avevo accompagnato a visitare la bacheca con le “Tavole Amalfitane” e che mi espresse il desiderio di accompagnarlo al balcone del Salone Morelli per incantarsi allo spettacolo del panorama ad inseguire l’infinito sul mare dei miti e della Grande Storia della città. Forse mi scelse perché ero il più giovane o per immediata simpatia, come mi parve e mi piacque pensare. Mi colpì il garbo, la dolcezza, la profondità dello sguardo e la pacatezza delle parole che sapevano di profumo dell’anima così come la velatura di malinconia del sorriso , che mi comunicò una inquietudine interiore. Mi chiese cosa facessi nella vita e quale fosse la mia fede politica. Risposi con lealtà , con entusiasmo ed orgoglio “socialista”,che Lui apprezzò con un sorriso. Quando partì io feci di tutto per farmi notare nel salutarLo. Mi strinse forte la mano e mi parve o, ancora, mi piacque pensare che Lui mi dedicasse un’attenzione privilegiata. Una cosa è certa :quell’incontro mi segnò nel profondo e me ne ricordo ancora come fosse ieri. Lo seguii e lo apprezzai molto quando fece la proposta audace del “compromesso storico” con il PCI e mi sembrò che fosse in sintonia con Il prof, Francesco De Martino. Segretario del PSI, che lanciava gli “equilibri più avanzati”, nella consapevolezza , di entrambi, di dover allargare al mondo del lavoro la platea della rappresentanza gestionale del potere e della evoluzione democratica della società….Il 16 marzo del 1978 io ero in uno studio della RAI a Via Asiago-Si sparse in un baleno la notizia della strage della scorta di Moro in Via Fani e del conseguente rapimento dell’uomo politico. Roma, come, d’altronde, l’Italia intera caddero nello sgomento totale. Ci fu la paralisi delle attività e la società nel suo insieme entrò in un tunnel senza luce, con la preoccupazione che gli anni di piombo di cui già si parlava molto con gli attentati organizzati, finalizzati, selezionati ed eseguiti dai brigatisti con la decimazione programmata di giornalisti, sindacalisti, intellettuali, uomini politici,…E lo stupore, l’incredulità aprì la strada alla paura, Eppure nel marasma generale di quella mattina sul luogo del lavoro del lo strumento più potente della comunicazione e dell’informazione pubblico io riuscii a mantenere la calma e pretesi che dovevamo andare avanti nella registrazione del programma “Obiettivo Europa”, di cui ero responsabile e che dovevamo dare prova di serietà, di responsabilità e di dover condannare pubblicamente quell’attacco alla democrazia, con forza,determinazione e convinzione. I colleghi mi seguirono e la trasmissione andò in onda regolarmente. Quella forza mi veniva da Moro. Non ne parlai con nessuno, ma la trasmissione ebbe uno straordinario indice di ascolto e un apprezzamento della critica. Moro mi aveva dato la carica e mi aveva orientato nella direzione giusta. Il rapimento del Presidente durò ,tra alti e bassi, timori e speranze, illusioni e delusioni 55 giorni e ,tutta la società italiana si divise tra chi rifiutava di trattare e chi apriva al dialogo con i brigatisti. Si spaccarono i partiti politici, e i sindacati,così come si spaccò la società di fronte all’interrogativo:. Cedere al ricatto dei brigatisti e trattare per lo scambio dei prigionieri o respingere ogni contatto e rifiutare le trattative, che poteva sembrare una pericolosa prova di cedimento? O essere neutrali e non schierarsi “né con lo stato né con le brigate rosse? Per la trattativa si schierarono Il Vaticano con il testa il Papa Paolo VI , il Partito Socialista, il partito socialdemocratico, i repubblicani, i radicali, contro si schierarono democristiani e comunisti che difendevano l’integrità e la forza dello stato. Come dirigente nazionale del mio Partito (ero membro del Comitato Centrale) comunicai con entusiasmo e determinazione a Bettino Craxi la mia adesione alla linea politica per la trattativa per salvare la vita del Presidente……. In quel periodo ero candidato sindaco al mio paese, Trentinara.La notizia dell’esecuzione di Moro trovato cadavere nel bagagliaio di una renault rossa con lo spettacolo macabro di una giustizia sommaria entrò con la forza dirompente della comunicazione il 9 di maggio. La sera dovevo tenere il comizio elettorale, ., ma feci l’elogio di Moro e della sua immolazione come agnello sacrificale per i valori della democrazia. Mi interruppi più volte con le lacrime agli occhi, ma riuscii a portare tutti i cittadini del mio paese, amici ed avversari politici, in una processione d’amore al monumento ai Caduti Fu un gran bello esempio di compostezza e di democrazia E ancora una volta c’era Lui, il suo sorriso, la pacatezza della sua voce, la forza delle sue idee a farmi da guida…Nel 2005 organizzai a Maiori una rassegna di libri, che parlavano di politica e di politici. Invitai anche , la figlia dello statista,Agnese Moro, che aveva ascritto un prezioso libro in cui raccontava con delicatezza ed amore gli affetti e gli interessi privati del Padre, che non era più solo il leader , ma era presentato nella sua dimensione umana, e privata di marito e di padre , parlandone con grazia, levità, pudore ed amore. C’era tanta gente. Fu una serata memorabile carica di emozioni e di commozione per lei, che è diventata mia amica , per me e per tutto il numeroso pubblico. Ricordo lucidamente che quella sera parlai con impegno e passione politica di riformismo cattolico e riformismo socialista, .che, insieme, salvarono la democrazia malata del nostro Paese. Il tema è ritornato di attualità nelle riflessioni politiche di questi ultimi giorni . Le affinità con la stagione che stiamo vivendo sono fin troppo evidenti E, a tal proposito, cito e faccio mia una convincente riflessione del prof dell’Università di Chieti, Emanuele Felice fatta su Repubblica di qualche giorno fa . “ L’intero asse della politica riformista, parlo di quella socialista. ovviamente, sulla quale mi sento abilitato ad intervenire per storia e tradizione di militanza, va reimpostato, rimettendo al centro la lotta alle disuguaglianze, sottovalutate non solo da Renzi, così come va rinnovata la classe dirigente anche in periferia .(specie nel Sud), con figure credibili per la nuova politica contro il nepotismo ed il familismo amorale. Bisogna dar vita ad un cantiere serio e credibile per la Rifondazione della Sinistra, facendo innanzitutto capire a militanti e dirigenti che Lo Statuto Albertino fu abolito circa un secolo e mezzo fa e che gli elettori legittimamente non tollerano più il presunto diritto di ereditarietà delle cariche pubbliche istituzionali per figli e nipoti La gravità della sfida è di per sé un motivo che desta non poca preoccupazione anche nello scenario più favorevole,E, non è affatto detto che un’opera di tale portata riesca. Anzi, forse per davvero nei prossimi mesi ,il riformismo italiano sarà ad un bivio, che deciderà il suo destino da qui per molto tempo a venire. E ,a differenza che in passato, ora il contesto è molto più difficile: non è più permesso di sbagliare, non solo nella strategia, ma nemmeno nella tattica. Di questo almeno bisogna essere consapevoli. Ed agire di conseguenza. Il mio ultimo ricordo legato a Moro va al primo anniversario della sua tragica morte,9 maggio del 1979. Vivevo già stabilmente a Roma ed avvertii il bisogno di recarmi a Torrita Tiberina, dove era ed è ancora la sua tomba.Il cimitero raccolto e silezioso era ed è in bella posizione panoramica su di un poggio aperto su di un’ansa del Tevere, il fiume sulle cui rive è nata e si è sviluppata la storia millenaria di Roma. Era l’ora di un tramonto di primavera che accendeva iridescenze d’oro sull’acqua, uno spettacolo straordinario di bellezza che mi richiamò alla memoria un frammento della mia moviola d’esistenza, lo spettacolo d i sole. di luce e di bellezza che mostrai al Presidente Moro dal balcone del Salone Morelli del Comune di Amalfi spalancato sull’infinito dei miti e della Grande Storia della mia città del cuore. Oggi è il primo giorno di primavera, la stagione della bellezza, dell’amore. della libertà e della democrazia. Ho deciso che a brevissimo ritornerò per un devoto pellegrinaggio di amore a Torrita Tiberina, per promettere sulla tomba di Aldo Moro, fulgido esempio di libertà e di democrazia di imitarlo, nel mio piccolo, a lottare per la libertà e per la democrazia. E non dimentico che oggi,primo giorno di, primavera, è anche la “giornata della Poesia” e che come modesto intellettuale e poeta ho il dovere di difendere con tutte le mie forze la libertà e la democrazia e di continuare ad essere , come tutti i poeti, UN OPERAIO DI SOGNI”. come mi ha insegnato il mio Amico e Maestro, Salvatore Quasimodo. E lo farò anche nel nome di Aldo Moro, impareggiabile MAESTRO di Politica in nome della LIBERTA’ e della DEMOCRAZIA