Dopo la Messa solenne del giorno di Pasqua, ci si sede a tavola (le grandi tavolate erano uno spettacolo di gioia, animosità ed attesa da parte dei bambini) ed il più anziano, dopo la preghiera, provvedeva a benedire la tavola e gli astanti con un ramoscello di ulivo bagnato nell’acqua benedetta portata dalla chiesa, E, poi, con un buon appettito causa le restrizioni del venerdì e sabato santo, si provvedeva ad addentare qualche fetta di salame fatto in casa, qualche uova sodo senza il pizzico di sale e qualche finocchio. “per aprire lo stomaco” si diceva ed intanto il tortano di pane con la sugna e sfrittoli ara già quasi consumato. Si passava, po, al “salutare” timballo di maccheroni farcito con tutto e condito con un sugo che solo una buona massaia poteva concepire. Spazio per l’agnello con le patatine novelle alforno ed un ramo di rosmarino, con al cerntro tavolo una grande insalata fresca. E uova di cioccolatio, colomba, casatiello e la immancabile pastiera di grano. Un bicchierino di liquore cuncierto. Naturalmente il tutto innaffiato con rosso corposo di Ravello o Tramonti o, per Minori, di rosso dal profumo di mare di Torre. Poi i piccoli leggevano la letterina che era nascoto sotto al piatto dell’anziano e si mettevano in attesa di ricevere il loro soldino
Quando eravamo ragazzi ed il turismo non aveva ancora occupato (favorevolmente sia in modo economico che sociale) tutti gli spazi, il giorno di Pasqua non si vedeva ankma in giro allora del pranzo. Negozi, bar, tratorie chiusi (compreso quello della mia famiglia)
gaspare