Positano, Nicola Marra. Una morte che fa riflettere
Di Carlo Alfaro
Una morte che fa riflettere
Napoli / Positano . La morte del ventunenne napoletano Nicola (Nico) Morra Incisetto a Positano prima dell’alba della domenica di Pasqua primo aprile, dopo una notte passata nella discoteca Music on The Rocks, ha scosso profondamente la famiglia, gli amici, i conoscenti, la comunità intera e quanti si interrogano ancora sui perché di una fine tanto assurda e ingiusta. L’autopsia ancora non ha accertato se e quanta fosse la presenza di alcol e altre sostanze chimiche nel sangue del giovane. A un mese di distanza, il Comitato Genitori di Positano e Praiano ha fatto celebrare una messa in suffragio di quello che potrebbe essere il figlio di ognuno di loro. Il ragazzo, della Napoli-bene, viene descritto come un giovane a posto e senza vizi, solare e amante della vita, dei viaggi e dei divertimenti ma senza esagerare, innamorato del suo cane labrador, buono e dolce, cresciuto in un ambiente sano e con valori. Primogenito con una sorella diciassettenne, era amatissimo dai genitori, che sono separati: la madre è un noto e stimato avvocato matrimonialista, Maria Teresa Incisetto, il padre, Antonio, lavora al Consiglio Nazionale delle Ricerche. Dopo studi al liceo Tito Lucrezio Caro, prima, e poi al Denza, frequentava con profitto la facoltà di Giurisprudenza all’Università Luiss di Roma. Ricordano i genitori: “Nico era un puro, cercava di non omologarsi. La sua purezza gli donava un’energia che coinvolgeva chiunque lo circondava”. Secondo la ricostruzione dei giornalisti di Positanonews, che sta seguendo passo passo la vicenda dal primo istante, sabato 31 marzo, poco dopo le venti, Nico esce dalla sua abitazione a Chiaia, si mette in macchina con due ragazze, un’amica conosciuta da qualche settimana e una di lei amica, imbocca l’autostrada Napoli-Salerno e raggiunge Positano. La serata è brutta e piovosa. Raggiungono a Positano altri amici che avevano affittato un appartamento alla Chiesa Nuova per le festività pasquali. I giovani si sono ritrovati al Bar Internazionale per la partita del Napoli. Alla fine della partita Nico si è recato con gli amici alla famosa discoteca positanese, parcheggiando la propria auto sulla Statale Amalfitana 163, vicino al Ferramenta Casola alla Sponda, nella zona di Arienzo. Si accavallano poi notizie imprecise sulla notte del giovane in discoteca, c’è chi dice di averlo visto turbato, chi racconta che aveva bevuto molti drink alcolici, chi sostiene di averlo sentito lamentarsi di aver caldo, come se fosse in preda a delle vampate. A fine serata appariva nervoso perché non trovava il tagliando per recuperare il suo giaccone, poi ripreso il giorno dopo dal padre. Nella confusione della discoteca aveva perso il suo cellulare e ne aveva trovato uno simile che, pensando fosse il suo, aveva portato con sè. Dopo le 4 del mattino sarebbe uscito dal locale seguito dalla sua amica, ma a un certo punto avrebbe accelerato il passo e la ragazza con i tacchi non sarebbe riuscita a stargli dietro. Qualcuno sostiene di averlo notato mentre a pochi metri dall’uscita della discoteca tentava di scavalcare una cancellata, a testimonianza di uno stato di confusione. Con sè non aveva le chiavi dell’auto, lasciate nel giaccone rimasto in discoteca. Quando gli amici hanno provato a chiamarlo, dopo che si era allontanato, a rispondere al suo cellulare è stata una ragazza che ha detto loro di aver trovato il telefono smarrito. A quel punto, il mistero del percorso intrapreso verso la morte. Nico è risalito in Piazza dei Mulini dove le telecamere lo hanno ripreso alle 4,17, da solo. Poi il ragazzo è stato ripreso mentre camminava lungo Via Cristoforo Colombo, la strada che porta alla Sponda dove aveva parcheggiato l’auto. Probabilmente non riconoscendo la strada, ha oltrepassato la Sponda e ha imboccato le scale di Via Kempff, lungo le quali è stata ritrovata la sua camicia. Le scale portano al “Cimitero vecchio” di Positano, la parte meno recente del cimitero locale, da una parte, e dall’altra alla località “Selva”, la direzione che sfortunatamente ha preso Nicola. Una zona impervia e senza illuminazione dove la strada si trasforma in un sentiero che sovrasta il vallone Fiumiciello, sopra l’omonima spiaggia. In questa strada stretta, pericolosa e per di più scivolosa per la pioggia battente, il giovane ha camminato per una ventina di minuti senza perdere l’equilibrio, fino a che fatalmente è scivolato precipitando per una trentina di metri in un burrone profondo 70 metri e riportando ferite mortali. Ha raccontato il padre al Maurizio Costanzo Show: “Nico quella notte era sempre in contatto con la mamma, lei gli scriveva in continuazione facendogli le tipiche raccomandazioni da genitore: ‘non bere troppo’, ‘evita le risse’. Questo fino all’una di notte, poi ha detto alla mamma ‘ti avverto quando finisce la serata’. Lei intorno alle quattro continuava a chiamare senza avere risposta”. Fattasi ormai l’alba, è scattato l’allarme. Dopo lunghissime ore di incessanti ricerche, il corpo è stato ritrovato il giorno della Pasquetta, in un burrone a precipizio sul mare. Nella celebrazione funebre nella chiesa di Santa Caterina da Siena a Napoli, Padre Calogero, priore dei francescani, ha offerto un’importante spunto di riflessione: “Nicola è vittima di una società molte volte distratta verso le aspettative dei giovani, silente e opportunista, che segue la logica del produrre e dell’apparire. Tutti siamo vittime e artefici di un sistema che però non è immutabile: può cambiare se ognuno di noi si impegna, se davanti a tragedie come queste ci chiediamo non chi vogliamo apparire ma chi vogliamo essere. Puntiamo a vivere sulla sostanza e non sull’apparenza, non sull’effimero”. Parole che squarciano uno scenario di crisi dei nostri giovani che emerge anche dal racconto del padre dello sfortunato giovane: “Ho passato la notte seguente alla scomparsa di mio figlio lì a Positano e ho visto cose che mi hanno sconvolto, i ragazzi vanno in discoteca e bevono, gira sicuramente anche altro, mai avrei immaginato… nell’assurda ricerca di mio figlio mi aggiravo per le stradine di Positano intorno le tre e mezza di notte del giorno successivo, c’era un’altra serata nella stessa discoteca. Era un girone infernale, c’è una stradina che scende verso la spiaggia, c’erano decine di ragazzi, chi riverso a terra, chi con le mani nei capelli, sui gradoni della chiesa ne ho visti diversi, vomito ovunque. Mi ha sconvolto che tutto fosse ‘normale’, coloro che camminavano accanto vi erano abituati. Noi genitori ci preoccupiamo tantissimo, ma non abbiamo realmente idea: vedere quelle immagini pazzesche di ragazzi senza coscienza che vagavano, svestiti, è impressionante. Noi genitori di Nico portiamo la nostra testimonianza per lanciare un urlo affinché ci sia una sensibilizzazione da parte delle istituzioni politiche, una presa di coscienza da parte degli esercenti dei locali, un invito accorato a tutti i ragazzi ad avere cura del bene prezioso e inestimabile che è la vita”.
Come urla questo padre disperato, è necessaria una riflessione profonda.
Purtroppo, come emerge dalla Relazione del Ministero della Salute sugli interventi realizzati in materia di alcol e problemi correlati, trasmessa al Parlamento il 21 marzo 2018, sono in preoccupante aumento i casi di adolescenti che finiscono al pronto soccorso per intossicazione alcolica acuta o rischiano la vita per lo sballo da alcol. Benchè infatti in Italia il consumo di alcol non abbia registrato grandi variazioni negli ultimi dieci anni, anzi il nostro Paese si colloca nei posti più bassi della graduatoria europea per consumo pro-capite, si va sempre più affermando, sulla falsariga del profilo nord-americano e nord-europeo, una nuova modalità di intenderlo basata non più, come nel modello di consumo tradizionale, sulla consuetudine di bere vino in moderata quantità durante i pasti con frequenza giornaliera, ma sul vivere l’alcol come una “droga” di cui abusare occasionalmente, per lo più nel fine settimana e al di fuori dei pasti, in modo intenso e spesso intossicante (lo “sballo”). Secondo gli ultimi dati disponibili del Ministero, del 2016, sono 8.600.000 i consumatori a rischio in Italia di età superiore a 11 anni, di cui circa 800.000 minorenni. Il sesso maschile prevale su quello femminile in tutte le classi di età, ad eccezione degli adolescenti, dove non c’è differenza. Il primo elemento di allarme della relazione è l’aumento del consumo di alcol nella fascia più giovane, dagli 11 ai 17 anni, con abbassamento dell’età del primo contatto con l’alcol, in media intorno ai 12 anni: l’Italia è uno dei Paesi con la più bassa età in Europa, contro i 14,6 anni della media europea. L’abbassamento dell’età del primo contatto si deve anche al successo tra i giovanissimi dei cosiddetti “soft drinks”, cocktails alla frutta che mascherano il reale contenuto alcolico. Tutto ciò, nonostante vendita e somministrazione di bevande alcoliche siano rigorosamente vietate ai minori di 18 anni dalla legge, rafforzata dall’ultima normativa di febbraio 2017. Altro dato allarmante, la diffusione del “binge drinking” ovvero le “abbuffate” di alcol (letteralmente “bere fino allo stordimento”): è la pratica di assumere compulsivamente in un’unica occasione, al di fuori dei pasti e in un breve arco di tempo, 5 o più bevande alcoliche, ubriacandosi velocemente, che si sta diffondendo a macchia d’olio nella fascia giovanile, soprattutto nella popolazione di 18-24 anni. Nel 2015 il fenomeno riguardava il 15,6% dei giovani tra i 18 e i 24 anni di età, di cui il 22,2% maschi e il 8,6% femmine, nel 2016 il 17% dei giovani tra i 18 ed i 24 anni di età, di cui il 21,8% maschi e l’11,7% femmine. Si conferma inoltre la tendenza già registrata negli ultimi 10 anni che vede una progressiva riduzione della quota di consumo di vino e birra a favore di aperitivi, amari e superalcolici. Aumentano poi i “policonsumatori” di diversi tipi di alcolici insieme, sul modello spagnolo del “butellon”, la damigiana di vino sfuso, spesso di qualità discutibile e basso costo, miscelata con superalcolici e consumata in maniera collettiva. Un altro comportamento a rischio che si sta profilando è la “drunkoressia”, per cui si intende un digiuno prolungato seguito da bevute eccessive, fenomeno particolarmente diffuso tra le ragazzine. Ciò che è estremamente pericoloso è il fenomeno culturale della normalizzazione, nell’immaginario dei giovani, delle pratiche orientate all’eccesso, come se l’abitudine allo sballo fosse tollerata, giustificata e pianificata dalla stragrande maggioranza dei ragazzi. Sedi principali di consumo a rischio di alcol sono le discoteche: nove ragazzi su dieci in discoteca consumano almeno un drink alcolico, mentre il 50 per cento degli avventori esce dalle discoteche con un tasso alcolemico superiore al limite prescritto dal codice stradale. Spesso, si arriva nelle discoteche già brilli per aver consumato alcol prima della serata. Una nuovo comportamento a rischio è poi quello delle “collette” alcoliche, per riempire carrelli di alcol al supermercato il sabato pomeriggio, da consumare in locali o case private. Il consumo di alcol, nei casi di abuso, apre anche spesso la strada a quello di droghe, come ecstasy, cannabis, cocaina, amfetamine, per un effetto sinergico sullo sballo. La cocaina, ad esempio, legandosi nel sangue all’etanolo crea il composto “cocactilene”, che prolunga l’effetto delle due sostanze. Nel caso dell’eroina, l’associazione all’alcol amplifica l’effetto sedativo, aumentando il rischio di overdose. Chi eccede nel consumo di alcol inoltre spesso associa anche l’abitudine al fumo. Le motivazioni che determinano l’abuso di alcol negli adolescenti sono di tipo “cognitivo”, che facilitano l’incontro con l’alcol, e di tipo “motivazionale”, che ne consolidano il consumo. Fattori cognitivi sono: un atteggiamento mentale favorevole al consumo di alcol (in questo senso, c’è il dato Istat che l’abitudine a bere dei genitori influenza i figli), una sottovalutazione dei rischi connessi al consumo, una sopravvalutazione delle proprie capacità di controllo, una sovrastima della diffusione del consumo nel proprio ambiente di vita e tra gli amici, cioè la percezione che tutti bevano. Fattori motivazionali includono invece: ricerca di rischio e trasgressione dalle regole degli adulti; bisogno di migliorare l’immagine di sé e la visibilità sociale, di sentirsi più sicuri e spavaldi, loquaci e sciolti, meno timidi e inibiti; acquiescenza ai comportamenti del gruppo di appartenenza; voglia di alterare la coscienza per esplorare, attraverso una modificata percezione di sé e della realtà, spazi della mente altrimenti inaccessibili, liberare le emozioni, lasciarsi andare al divertimento senza limiti, annullando i pensieri e il controllo. Un ruolo nell’accrescere la motivazione al consumo spetta anche a pubblicità e media che promuovono la cultura dell’alcol. Secondo ad esempio uno studio dell’Università di Pittsburgh in Pennsylvania, pubblicato su J Stud Alcohol Drugs 2017, che ha analizzato 137 tra i video di YouTube più cliccati dai giovani, molti di questi, soprattutto i video musicali, tendevano a ritrarre il “bere pesante” come espressione di uno stile di vita “grintoso”. L’alcol rappresenta un rischio assoluto di mortalità, sia nell’immediato che a lungo temine. Gli effetti più gravi sulla salute si hanno in giovani fino a 18-20 anni, donne e anziani oltre i 65 anni, per carenza nel fegato dell’enzima alcol-deidrogenasi, che serve a metabolizzare l’etanolo. L’intossicazione acuta da alcol provoca effetti sul sistema nervoso (euforia, intontimento, perdita di memoria, inibizione dei riflessi, disorientamento, letargia e depressione respiratoria fino al coma), apparato circolatorio (vasodilatazione, tachicardia, ipotensione), abbassamento della temperatura corporea, poliuria, epato-tossicità, gastro-lesività. Le due patologie acute che causano il numero maggiore di decessi sono le patologie epatiche e le sindromi psicotiche che, nel complesso, causano il 94,3% dei decessi alcol-attribuibili tra gli uomini e il 94,8% tra le donne. Poi ci sono le problematiche comportamentali associate all’abuso di alcol, come l’abbassamento della soglia di protezione nei confronti della sicurezza stradale e della sessualità. Su quest’ultimo punto, uno studio statunitense pubblicato sul Journal of Adolescent Heath nel 2017 e condotto su 4.079 ragazzi e 4.059 ragazze seguiti dall’età di 12-16 anni fino a quella di 25-31 anni, ha evidenziato che iniziare a bere prima dei 14 anni raddoppia e oltre le probabilità di un rapporto sessuale altrettanto precoce, e per le femmine che cominciano a bere prima dei 13 anni, la probabilità di avere rapporti precoci è addirittura quadruplicata. Riguardo agli incidenti stradali, in Italia il 30% degli incidenti mortali e il 50% di quelli non mortali sono legati al consumo di alcol. Gli incidenti stradali rappresentano il 40% delle cause di morte in adolescenti e giovani adulti, e il picco di mortalità si verifica tra le 4 e le 5 di mattina, principalmente il sabato e la domenica: una strage silenziosa e intollerabile. Il nuovo Codice della Strada obbliga giustamente al tasso alcolemico zero i guidatori sotto i 21 anni di età o patentati da meno di 3 anni e chi eserciti professionalmente l’attività di trasporto di persone o cose, mentre per tutti gli altri guidatori il limite del tasso è 0,5 g/l. La Consulta Nazionale Alcol e la Società Italiana di Alcologia chiedono tuttavia di abbassare ulteriormente il limite di 0.5 g/l, dal momento che tale livello espone il guidatore ad un rischio tre volte superiore di incidente mortale rispetto ad un livello tra zero e 0,2 g/lt. Nel lungo termine, invece, sono moltissime le patologie legate, direttamente o indirettamente, all’alcol, dalle patologie cardiovascolari, al cancro (bocca, esofago, fegato, seno), ai disturbi neuropsichiatrici (epilessia e depressione), al diabete, alla patologia epatica, alla sindrome feto-alcolica dei neonati se la madre beve. Un grande studio di salute pubblica condotto dall’Università di Cambridge in Gran Bretagna su 600 mila bevitori, pubblicato ad aprile 2018 su Lancet, dimostra che troppo alcol, oltre ad aumentare l’incidenza di malattie cardio-vascolari (ictus, coronaropatia, scompenso cardiaco, ipertensione maligna, aneurisma aortico) accorcia la vita, anche di 4-5 anni per consumi di oltre 350 grammi di alcol a settimana, per cui gli attuali limiti di sicurezza relativi al consumo di bevande alcoliche dovrebbero essere ritoccati verso il basso, raccomandando di non superare i 100 grammi di alcol a settimana, equivalenti a poco meno di un litro di vino, a poco più di 3 litri di birra e a circa 300 millilitri di superalcolici. Questo vale per gli adulti, mentre gli adolescenti non dovrebbero farne assolutamente uso. Un altro studio del 2018, condotto in Francia su oltre un milione di adulti con diagnosi di demenza e pubblicato su Lancet Public Health, ha trovato che il consumo eccessivo di alcol è tra i fattori di rischio più importanti per la demenza, particolarmente per la forma precoce prima dei 65 anni. L’alcol resta la sostanza da abuso più accessibile, economica e diffusa nella nostra società, e capace di fare più danni perché legale. La prevenzione è dunque importantissima. Essa parte prima di tutto da interventi di tipo culturale: scoraggiamento di modelli educativi e sociali che fomentano la filosofia dello sballo e della trasgressione, a favore invece della promozione di stili di vita positivi basati sulla cultura dello sport e del benessere; sviluppo nei giovani della consapevolezza dei rischi per la salute derivanti dal consumo smodato di bevande alcoliche; stimolazione nei ragazzi dello sviluppo dell’autostima, del senso di responsabilità, della consapevolezza di sé; sensibilizzazione sul valore del bere responsabile e moderato. Su quest’ultimo punto, tuttavia, una ricerca australiana dell’Università di Melbourne ha dimostrato che i claims che invitano a bere con moderazione potrebbero generare nelle persone confusione tra i concetti di “bere in modo responsabile” o “bere correttamente” con l’idea di “bere in modo cool”, “stare composti quando si beve”, “bere il giusto tipo di alcool”. Prevenire significa anche, però, saper identificare per un genitore i segnali di rischio che un figlio ha problemi con l’alcol, quali potrebbero essere il fatto di non dormire ripetutamente a casa il sabato sera, o avere problemi la domenica mattina: dormire troppo, presentare disturbi di alimentazione, vomito e diarrea, movimenti poco coordinati, umore irritabile, chiuso, scontroso. Segnali più generali di abuso prolungato sono difficoltà scolastiche, mancanza di denaro in casa, cambiamento delle abitudini, sbalzi di umore continui ed inspiegabili, sintomi di depressione. Essere genitore di un figlio adolescente rappresenta, oggi più che mai, una sfida complessa che mette in discussione genitori e società intera. E anche una sola vita persa in questa lotta, pesa come un macigno insopportabile sulle coscienze di tutti.
Partendo da queste premesse, è stata annunciata dai genitori la costituzione dell’associazione “Nicola Marra“, che punta a concretizzare la realizzazione di una serie di iniziative di prevenzione e sorveglianza ma anche sensibilizzazione dei giovani.