Fra tutti i fondatori di religioni, il Buddha, è stato l’unico maestro ha dichiarare di non essere né una divinità, né figlio di una divinità, né tanto meno ispirato da una divinità ma semplicemente un essere umano.
Considerava le sue realizzazioni come proprie dello sforzo e dell’intelligenza dell’uomo. Ha sempre affermato che un uomo e solo un uomo può diventare un Buddha.
La libertà di pensiero espressa dal Buddha non ha eguali nella storia di altre religioni. Riteneva questa libertà necessaria, perché, secondo il Buddha, l’emancipazione dell’uomo dipende dalla sua conquista della Verità e non dalla grazia benevola di un dio o di un potere esterno come ricompensa per il suo operato.
Secondo il suo insegnamento il dubbio è un grave impedimento per la realizzazione della Verità, nonostante ciò, per il buddhismo il dubbio non è un peccato, perché non ci sono articoli di fede, pertanto, non si può negare che si deve rimanere nel dubbio, fino a quando, non si raggiunga la chiarezza di comprensione e di visione.
Per il buddhismo, il problema del credere nasce quando non si vede, nel momento in cui si vede chiaramente, il problema di dover credere scompare. Una bellissima citazione degli antichi testi buddhisti chiarisce questo aspetto. Se ti dico che ho una gemma preziosa nel pugno chiuso della mia mano, il problema di doverci credere sorge dal momento che tu non la puoi vedere. Ma se dischiudo il pugno e ti mostro la gemma, allora tu la vedi con i tuoi occhi e il problema di crederci non nasce più.
Premesso ciò, passiamo ad esaminare ciò che il Buddha espose nel suo primo insegnamento.
Le Quattro Nobili Verità, sono considerate il cuore del suo insegnamento, e sono nell’ordine: la sofferenza, l’origine della sofferenza, la cessazione della sofferenza e il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza. Soffermiamoci a considerare la Prima Nobile Verità.
Essa è la sofferenza, questo concetto, ha tanti altri significati e può essere visto sotto diversi aspetti così come insegna l’emerito monaco buddhista Walpola Rahula.
La sofferenza come comune sofferenza;
La sofferenza come prodotto del cambiamento;
La sofferenza come stati condizionati;
i primi due tipi di sofferenza sono alquanto intuibili, pertanto soffermiamo la nostra attenzione sul terzo tipo di sofferenza, quelli degli stati condizionati, che meritano una particolare attenzione essendo l’aspetto filosofico più importante della Prima Nobile Verità.
Quello che comunemente chiamiamo “essere”, “individuo”, o “io”, secondo la filosofia buddhista, non è altro che una combinazione di forze o energie mentali e fisiche che cambiano continuamente e possono essere divise in cinque aggregati.
Il Buddha rivolgendosi ai suoi monaci, ricordava loro, che questi cinque aggregati sono duhhka (sofferenza).
Analizziamo quindi quali sono questi cinque aggregati, riportando la descrizione che ci viene tramandata da Walpola Rahula.
Il primo è l’aggregato della Materia, in questo aggregato sono inclusi i Quattro Grandi Elementi tradizionali che sono: solidità, fluidità, calore e movimento, indicati anche come terra, acqua, fuoco e aria, nonché i derivati dei Quattro Grandi Elementi. Nel termine derivati dei Quattro Grandi Elementi, sono inclusi i nostri cinque organi di senso materiali: l’occhio, l’orecchio, il naso, la lingua e il corpo e i loro corrispondenti oggetti nel mondo esterno, che sono: la forma visibile, il suono, l’odore, il sapore e gli oggetti tangibili e anche alcuni pensieri o idee che sono nella sfera degli oggetti mentali. Tutto il regno della Materia, interna o esterna, è incluso in questo aggregato.
Il secondo è l’aggregato delle Sensazioni, in questo aggregato sono incluse tutte le nostre sensazioni siano esse piacevoli, spiacevoli o neutre sperimentate attraverso il contatto degli organi fisici o mentali con il mondo esterno. Le sensazioni sono di sei tipi: sensazioni sperimentate con il contatto dell’occhio con le forme visibili, dell’orecchio con i suoni, del naso con gli odori, con la lingua con i sapori, del corpo con gli oggetti tangibili e con la mente con gli oggetti mentali o pensieri. Si tenga conto, che la mente è considerata nella filosofia buddhista la sesta facoltà sensibile.
Si deve comprendere con chiarezza, che la mente non è lo spirito in quanto opposto alla materia. Il buddhismo non riconosce uno spirito opposto alla materia come accettato dalla maggiore parte degli altri sistemi filosofici e religiosi. La mente, è solo una delle sei facoltà.
Attraverso i nostri cinque organi di senso fisici, facciamo esperienza solo delle forme visibili, dei suoni, degli odori, dei sapori e degli oggetti tangibili, ma questi rappresentano solo una parte del mondo, non il mondo nel suo complesso. Anche le idee e i pensieri sono parte del mondo, ma non possono essere percepiti dai nostri cinque organi di senso, possono, invece, essere percepiti da un’altra facoltà, quella mentale. In ogni caso, le idee e i pensieri, non sono indipendenti dal mondo sperimentato dalle cinque facoltà di senso fisiche. In ultima analisi, le idee e i pensieri che formano una parte del mondo sono prodotti e condizionati dalle esperienze fisiche e sono concepiti dalla mente. Concludiamo, affermando che la mente è considerata una facoltà o un organo di senso come l’occhio o l’orecchio.
Il terzo è l’aggregato delle Percezioni, come le sensazioni, anche le percezioni sono di sei tipi, in relazione alle sei facoltà interne e ai sei corrispondenti oggetti esterni, anch’esse prodotte dal contatto delle nostre facoltà con il mondo esterno. La percezione riconosce sia l’oggetto fisico che quello mentale.
Il quarto aggregato è quello delle Formazioni Mentali, in questo gruppo sono contenute tutte le attività che dipendono dalla volontà sia nel bene che nel male. Inoltre, quello che si conosce sotto il nome di Karma è compreso in questo gruppo. Vale la pena ricordare la definizione che il Buddha ha dato del Karma: è la volizione che io chiamo Karma. La volizione è la costruzione mentale, l’attività mentale, la sua funzione è quella di dirigere la mente nella sfera delle attività buone, cattive o neutre.
Come le sensazioni e le percezioni, la volizione e di sei tipi, connessa con le sei facoltà interne e i corrispondenti sei oggetti fisici e mentali esterni. E’ solo l’azione volontaria in cui vi siano l’attenzione, l’intenzione, la determinazione, la concentrazione, la comprensione, il desiderio, la ripugnanza e l’odio, l’ignoranza, l’idea del se che può produrre effetti karmici.
Il quinto è l’aggregato della Coscienza, che ha una reazione o una risposta in uno dei sei organi facoltà quali l’occhio, il naso, la lingua, il tatto e la mente la propria base e in uno dei sei corrispondenti fattori esterni quali la forma visibile, il suono, l’odore, il sapore, le cose tangibili e gli oggetti mentali, il proprio oggetto.
E’ opportuno ricordare, che secondo la filosofia buddhista, non c’è uno spirito permanente, immutabile da dover essere considerato come un “Se” o “Anima”, opposto alla materia. La coscienza non dovrebbe essere considerata come uno “spirito” in opposizione alla materia. L’idea sbagliata che la coscienza sia una sorta di Se o Anima, che perdura come sostanza permanente per tutta la vita, resiste dai tempi più antichi fino a oggi.
Il Buddha spiegò, che la coscienza viene definita in base alla condizione per mezzo della quale nasce. A causa dell’occhio e di una forma visibile nasce una coscienza ed è chiamata coscienza visiva, a causa dell’orecchio e dei suoni nasce una coscienza ed è chiamata coscienza auditiva, a causa del naso e degli odori nasce una coscienza ed è chiamata coscienza olfattiva, a causa della lingua e dei sapori nasce una coscienza ed è chiamata coscienza gustativa, a causa del tatto e degli oggetti tangibili nasce una coscienza ed è chiamata coscienza tattile, a causa della mente e degli oggetti mentali nasce una coscienza ed è chiamata coscienza mentale.
Il Buddha ha inoltre dichiarato in termini inequivocabili che, la coscienza dipende dalla materia, dalla sensazione, dalla percezione e dalle formazioni mentali e non può esistere indipendentemente da esse.
In modo molto sommario questi sono i cinque aggregati, che definiscono ciò che chiamiamo “essere”, “individuo” o “io”. Il buddhismo esorta a comprendere che, è solo un nome convenzionale, che si da alla combinazione di questi cinque aggregati.
Penetrare il significato di questa Prima Nobile Verità, è profondamente importante. Il Buddha ammonì i suoi discepoli dicendo: chi conosce la sofferenza, vede anche chiaramente il sorgere della sofferenza, vede anche la cessazione della sofferenza e vede inoltre anche il sentiero che conduce alla cessazione della sofferenza.