Vico Equense. Ex Cattedrale: Trovata Lapide Medievale. Nell’iscrizione si fa riferimento ad un vescovo fino ad oggi sconosciuto

1 luglio 2018 | 22:57
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Vico Equense. Ex Cattedrale: Trovata Lapide Medievale. Nell’iscrizione si fa riferimento ad un vescovo fino ad oggi sconosciuto
Vico Equense. Ex Cattedrale: Trovata Lapide Medievale. Nell’iscrizione si fa riferimento ad un vescovo fino ad oggi sconosciuto
Vico Equense. Ex Cattedrale: Trovata Lapide Medievale. Nell’iscrizione si fa riferimento ad un vescovo fino ad oggi sconosciuto
Vico Equense. Ex Cattedrale: Trovata Lapide Medievale. Nell’iscrizione si fa riferimento ad un vescovo fino ad oggi sconosciuto

Vico Equense. È importante la secolare storia (dal 1300 ad oggi) della cattedrale di Vico Equense e del suo recente restauro, che, se ha fatto scomparire o modificare alcuni aspetti e testimonianze del tempio, che abbiamo frequentato e sorvegliato nel corso di 80 anni, che ha poi permesso di riscoprire frammenti di storia finora ignoti.

Grazie alla sensibilità culturale e pastorale dell’arcivescovo, Mons. Francesco Alfano, dell’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi, diretto da Don Pasquale Vanacore, e del parroco Don Ciro Esposito, con la collaborazione degli alunni dell’Istituto per il turismo “Vitruvio” di Castellammare di Stabia, sono stati esposti lungo le pareti o in bacheche numerosi oggetti: ampolle, bacoli, calici, candelieri, corone per statue, cotte, dipinti, ex-voto, lapidi, messali, mitrie, ostensori, pianete, piviali reliquiari, ritratti, stemmi, tronetti, turiboli, attraverso i quali i visitatori italiani e stranieri potranno rendersi conto della storia di un tempio, dell’avvicendarsi dei vescovi, delle donazioni effettuate nel corso dei secoli, dei riti liturgici, di alcuni personaggi ragguardevoli, insomma della storia civile, religiosa, culturale ed artistica di una terra e di una diocesi in Penisola Sorrentina.

Tra gli oggetti, esposti con attenta collocazione ed indicati con brevi ed menziali didascalie, è necessario segnalare al pubblico ed agli studiosi della Campania una singolare testimonianza riemersa dal sottosuolo della cattedrale in occasione del recente, lungo e contestato “restauro”.

Nel museo sono state affisse lungo le pareti numerose lapidi, che nel passato ornavano il pavimento o le pareti delle navate laterali della cattedrale: altre lapidi sono affiorate dal sottosuolo, facendoci acquisire altre notizie su personaggi e vicende storiche. Purtroppo di queste lapidi manca ogni riferimento sul luogo in cui erano collocate e talora siamo in grado di precisarlo solo grazie alla nostra memoria per aver frequentato a lungo la cattedrale nel corso di 80 anni.

Nei pressi della sacrestia, al lato sinistro dell’ingresso, era situata la lapide di un vescovo, che non riporta alcun nome, forse consunto dal notevole calpestio nel corso dei secoli. Nel rigirarla è comparsa un’iscrizione in bei caratteri latini. Si tratta di un’iscrizione “opistografa”, cioè la pesante e lunga lastra (alta 143cm – larga 0,50cm – spessa 0,8cm) è stata utilizzata dal di dietro per la raffigurazione di un vescovo a noi ignoto (forse trecentesco, manca ogni indicazione).

La lastra è stata tagliata nella parte destra, per cui l’interpretazione dell’importante iscrizione alto-medievale in versi latini (distici elegiaci?) risulta problematica. Trascrivo il testo con alcune integrazioni:

1. Hinc, Albine, tuum consurgat corpus in (astra)

2. exstingui mortem quam dabit o …

3. tu magnus meritis per cuncta s(aecula)

4. et propriis pastor pater ex …

Purtroppo non siamo in grado di indicare la provenienza di questo importante reperto, né di precisare l’identità di ALBINO, che viene definito “pastor pater” per i suoi grandi meriti, certamente un vescovo.

Gli si augura che, mentre il suo corpo è affidato alla terra, la sua anima ritorni al cielo, la sua morte venga estinta e i meriti acquistati in vita gli garantiscano l’immortalità (per cuncta saecula).

Comunque il nome Albino non si rintraccia nell’onomastica civile e religiosa della Penisola Sorrentina. Oltre non è possibile dire, tranne che l’epigrafe è tardo antica (forse del VI sec. d.C.) per la particolare forma di quasi tutte le lettere tracciate con un ductus particolare dal lapicida (vedi la O a forma di mandorla, ecc.). Dubito che la pesante lastra marmorea possa essere locale, quasi sicuramente fu recuperata in Campania e riutilizzata per la sepoltura di un vescovo, un’operazione questa che avveniva spesso, cioè si adoperava la parte posteriore di una lapide per altri scopi, anche dopo molti secoli.

Recentemente è stata scoperta in una chiesetta di Alberi (tra Vico Equense e Meta), nel lato posteriore di una lapide secentesca, un’iscrizione greca di Neapolis. La lastra di Vico Equense, collocata ora su un supporto girevole, si mostra al visitatore da entrambe le parti, come si può notare per situazioni analoghe all’ingresso della Cattedrale di Sorrento.

Ringrazio vivamente gli esperti epigrafisti, professori Giuseppe Camodeca (Università degli Studi di Napoli l’Orientale), Paolo Cugusi (dell’Università degli Studi di Cagliari) ed Enrico Renna, con cui ho discusso proficuamente di vari problemi e che mi hanno fornito preziosi suggerimenti.

di Prof. Salvatore Ferraro, Accademico Pontaniano