Ravello. Omicidio di Patrizia Attruia, il 21 dicembre processo in Cassazione per Enza Di Pino

Il 25 marzo 2015 a Ravello fu uccisa Patrizia Attruia. Per la sua morte inizialmente si autoaccusò Vincenza Di Pino che poi, dopo qualche settimana, in un interrogatorio in carcere ritrattò le sue dichiarazioni affermando di essere stata costretta da Giuseppe Lima (coimputato nel processo e condannato lo scorso 21 maggio a 18 anni di reclusione per omicidio volontario aggravato in concorso) ad autoaccusarsi sotto minaccia. All’inizio del processo si partì con l’accusa nei confronti della Dipino di omicidio volontario premeditato per avere l’imputata somministrato dei tranquillanti alla vittima al fine di facilitare l’omicidio. In primo grado la Pubblica accusa chiese per la Di Pino l’ergastolo, ma alla fine la donna fu condannata alla pena di 23 anni di reclusione che in appello furono ridotto a 9 anni con l’ammissione agli arresti domiciliari per la minima partecipazione al fatto. Il prossimo 21 dicembre ci sarà l’udienza finale dinnanzi alla prima sezione penale della Corte di Cassazione con la collaborazione scientifica del professor Gaspare Dalia della cattedra di Procedura Penale dell’Università degli Studi di Salerno. Il Supremo Collegio avrà il compito di valutare la regolarità delle indagini svolte che, secondo la difesa, avrebbero viziato l’esito del processo. In particolare sarà prestata grande attenzione alla consulenza tecnica del Pubblico Mistero affidata ai dottori Zotti, Mirabella e Pecoraro che furono già attaccati all’inizio del processo da parte della difesa che aveva rilevato delle gravi anomalie nella ricostruzione dei fatti da loro effettuata sulla base di una perizia affidata a cattedratici dell’Università di Tor Vergata i quali stabilirono che le ricostruzioni presuntivamente farmacologiche erano assolutamente inesatte al punto che la pubblica accusa fu letteralmente costretta a ridimensionare l’accusa. Gli avvocati della difesa continuano a sostenere l’innocenza della Di Pino asserendo che da sola non avrebbe potuto compiere l’omicidio. Non resta che attendere la decisione della Corte di Cassazione su questa delicata e dolorosa vicenda.

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