6. Novità e fedeltà. Il cristiano, la fede e la “Diciotti”
Per ottenere comportamenti buoni e onesti non bastano le norme giuridiche, ma occorrono delle motivazioni profonde, espressione di una sapienza nascosta, la Sapienza di Dio, che può essere accolta grazie allo Spirito Santo. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all’azione dello Spirito, che ci rende capaci di viere l’amore divino. Alla luce di questo insegnamento, ogni precetto rivela il suo pieno significato come esigenza d’amore, e tutti si ricongiungono nel più grande comandamento: «ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso». «Pienezza della Legge è la carità» scrive San Paolo (Rm 13,10). Gesù propone a chi lo segue la perfezione dell’amore: un amore la cui unica misura è di non avere misura, di andare oltre ogni calcolo. L’amore al prossimo è un atteggiamento totalmente fondamentale che Gesù arriva ad affermare che il nostro rapporto con Dio non può essere sincero se non vogliamo fare pace con il prossimo. Una fede che non ci apre alla novità, alla verità, non ha motivo di essere . Ma «la novità ci fa sempre un po’ paura, perché ci sentiamo più sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire, a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicurezze, i nostri gusti […]. In tutta la storia della salvezza, quando Dio si rivela porta novità. Dio porta sempre novità, trasforma e chiede di fidarsi totalmente di lui: Noè costruisce un’arca deriso da tutti e si salva; Abramo lascia la sua terra con in mano solo una promessa […]. Quando siamo noi a voler fare la diversità e ci chiudiamo nei nostri particolarismi, nei nostri esclusivismi, portiamo la divisione; e quando siamo noi a voler fare l’unità secondo i nostri disegni umani, finiamo per portare l’uniformità, l’omologazione» . Ed allora ecco che «le nostre certezze possono diventare un muro, un carcere che imprigiona lo Spirito Santo. Colui che isola la sua coscienza dal cammino del popolo di Dio non conosce l’allegria dello Spirito Santo che sostiene la speranza. È il rischio che corre la coscienza isolata di coloro che dal chiuso mondo delle loro Tarsis si lamentano di tutto o, sentendo la loro identità minacciata, si gettano in battaglie per essere alla fine ancor più autoccupati e autoreferenziali […]. Uscire da se stessi è uscire anche da recinto dell’orto dei propri convincimenti considerati inamovibili se questi rischiano di diventare un ostacolo, se chiudono l’orizzonte che è Dio […]. Il rimanere fedeli implica un’uscita. Proprio se si rimane nel Signore si esce da se stessi. Paradossalmente proprio perché si rimane, proprio se si è fedeli si cambia. Non si rimane fedeli, come i tradizionalisti o i fondamentalisti, alla lettera. La fedeltà è sempre un cambiamento, un fiorire, una crescita» . Il rimanere fedeli implica un’uscita» . I cristiani fedeli, mossi dallo Spirito di novità, sono la chiesa in uscita, delle periferie, delle frontiere, come alcuni sbandierano: “senza se e senza ma”, ma loro lo sono per davvero!
Aniello Clemente