Carbonatazione, il male occulto del cemento armato.
a cura dell’ ing. Marco Caccaviello
La sciagura del Viadotto Morandi a Genova, mette ancora una volta in evidenza la durabilità del calcestruzzo armato. Senza entrare nei particolari progettuali che hanno portato al crollo del viadotto sul fiume Polcevera ,sarebbe importante analizzare un fenomeno di grande attualità e che senz’altro potrebbe risultare uno dei principali motivi che ha portato a tale tragico crollo,ovvero la carbonatazione. Oltre alle grandi opere infrastrutturali, anche nelle civili abitazioni ,la carbonatazione ha un effetto negativo e rappresenta una delle maggiori cause di degrado del materiale, e quindi da monitorare in modo costante. Preservando nel corso del tempo le strutture proteggendone l’armatura e la superficie dall’aggressione chimica proveniente dall’ ambiente. Senza avventuraci troppo nel tecnico, con formule e teoremi, cercheremo di spiegare in modo acquisibile, oltre ad altre criticità, quello che a tutti gli effetti si presenta come una vera è propria “sofferenza”di cui purtroppo sono interessate tutte le strutture, compreso edifici pubblici e civili abitazioni, costruendo le quali si è fatto e si continua a fare uso del calcestruzzo armato.
La carbonatazione è un fenomeno chimico che aggredisce il calcestruzzo armato influendo in modo negativo sui ferri di armatura consentendo la loro ossidazione. Anch’esso, come tanti mali del nostro tempo è dovuto all’inquinamento ambientale.
Sebbene potrebbe risultare alquanto singolare avendo a che fare con un fenomeno di corrosione ed ossidazione , l’agente più aggressivo a cui sono esposti i manufatti in cemento armato è l’anidride carbonica. Un gas presente nella nostra atmosfera in concentrazioni sempre piu crescenti, in particolar modo nei nostri centri urbani, dove incide con notevole influenza sulla durata nel tempo di edifici e strutture edificate con il calcestruzzo armato.
Prima di analizzare il fenomeno bisogna specificare che:
Il cemento, componente fondamentale del calcestruzzo ,è il prodotto di un processo di miscelazione di silicati di calcio e alluminati di calcio. Dopo deumidificazione ed opportuno trattamento termico all’interno di un forno rotativo alla temperatura di circa 1450 °C. , il materiale ottenuto, denominato clinker, viene finemente macinato e addizionato con gesso nella misura del 4-6% con la funzione di ritardante di presa (ettringite primaria). Il risultante prodotto, miscellato con l’acqua, subisce delle trasformazioni chimiche e fisiche che prendono il nome di presa. I cui tempi sono regolati dal gesso, con i quali si idrata e solidifica progressivamente indurendosi nell’arco di diverse settimane. La presa avviene in acqua e quindi in assenza di aria, di conseguenza il cemento è individuato come legante idraulico. Esistono diversi tipi di cemento, differenti per la composizione, per le proprietà di resistenza e durevolezza e quindi per la destinazione d’uso.
Il più comune ed utilizzato come legante nella preparazione del calcestruzzo è il cemento Portland. Inventato nel 1824 in Inghilterra dal muratore Joseph Aspdin e deve il nome alla somiglianza nell’aspetto con la roccia di Portland, un’isola nella contea di Dorset.
Il calcestruzzo cementizio è un materiale composito costituito da inerti (sabbia e ghiaia opportunamente assortiti dal punto di vista granulometrico), cemento ed acqua. Versato in casseforme il materiale ottenuto da tale impasto, si solidifica generando il conglomerato cementizio. Il quale seppure molto duro rimane un materiale fragile in quanto incapace di resistere a sforzi di trazione. L’introduzione delle armature metalliche ha consentito la realizzazione del calcestruzzo armato o meglio conosciuto come cemento armato, in grado di resistere anche agli sforzi di trazione. Nonostante le ottime caratteristiche meccaniche il cemento ha tuttavia una sua vita condizionata dagli agenti atmosferici dai quali è facilmente attaccabile. Le acque piovane, e spesso come capita in città, ricche di anidride carbonica lo dilavano rimuovendo il cemento e mettendo a nudo gli inerti (sabbia e ghiaia) che, privi dell’azione legante del cemento, si staccano facendo perdere coerenza e consistenza al calcestruzzo.Tuttavia quando si è in presenza del calcestruzzo armato il fenomeno più incisivo e pericoloso rimane la carbonatazione, ovvero l’aggressione da anidride carbonica.
L’aggressione dovuta all’anidride carbonica ( CO2) si può manifestare in due diversi modi a seconda del contesto in cui ci si trova. Nelle opere esposte all’aria si verifica la carbonatazione del calcestruzzo, mentre nelle opere idrauliche s’instaura il fenomeno del dilavamento della pasta cementizia.
La carbonatazione, si può quindi dire che è dovuta alla penetrazione della CO2 nel calcestruzzo. Il fenomeno consiste nella trasformazione della calce, che si genera in seguito alla idratazione del cemento, in carbonato di calcio a causa della presenza di anidride carbonica.La reazione di carbonatazione può essere rappresentata con la reazione globale semplificata:CO2+Ca(OH)2CaCO3+H2O . L’anidride carbonica, quindi, reagendo con l’idrossido di calcio(che è ottenuto dalla reazione tra calce viva e acqua (CaO+ H2O Ca(OH)2) va a formare il carbonato di calcio unito ad un certo quantitativo di acqua. Ciò determina una riduzione del PH del calcestruzzo(il pH è una scala di misura dell’acidità o della basicità di una soluzione acquosa). In assenza di armature metalliche il calcestruzzo diventa anche più duro, ma in presenza di armature metalliche subentrano i problemi. Un calcestruzzo sano ha un pH maggiore di 13 e in questa condizione sui ferri di armatura si crea un film di ossido ferrico passivo che li impermeabilizza al passaggio di ossigeno e umidità. Le armature metalliche inserite all’interno del calcestruzzo garantiscono capacità meccaniche tali da garantire alla struttura sforzi di trazione, sono protette dalla corrosione in quanto il calcestruzzo che le ricopre è un ambiente reso alcalino dalla presenza dell’idrossido di calcio. Durante la fase di presa il calcestruzzo raggiunge livelli di alcalinità superiori a 12 (Ph>12) in grado di bloccare qualsiasi processo di ossidazione.
Se la struttura è carbonata, il pH del cls (calcestruzzo) si abbassa passando a valori che possono essere anche inferiori a 9, creando così un ambiente poco alcalino per le armature. Per cui iniziano ad ossidarsi trasformandosi in ossido di ferro. In presenza di pH inferiori a 11 il film passivante viene neutralizzato lasciando così i ferri esposti all’aggressione dell’ossigeno e dell’umidità presenti nell’aria. In queste condizioni si innesca il processo di corrosione delle armature: un un forte aumento di volume che genera forti azioni trasversali nel calcestruzzo che si lesiona con il conseguente distaccamento del copriferro dall’armatura fino ad arrivare alla completa espulsione, mettendo in tal modo a nudo le armature. Diventa pertanto evidente che per ridurre i fenomeni di corrosione delle armature è necessario mantenere il pH del calcestruzzo alto e quindi evitare la penetrazione all’interno di esso dell’ anidride carbonica. Di conseguenza bisogna che il calcestruzzo venga realizzato in modo che non sia poroso e che non si creino fessure che ne agevolino la penetrazione. Una volta che il calcestruzzo è degradato, il deterioramento dei ferri sarà sempre più veloce in quanto si creeranno vie di accesso più facili per ossigeno e umidità. La CO2 procede dall’esterno verso l’interno del calcestruzzo e la velocità con cui penetra è fortemente influenzata dal tenore di umidità. Il trasporto dell’anidride carbonica è molto veloce in fase gassosa e cioè all’interno dei pori pieni di aria mentre è molto più lento nei pori dove c’è acqua. Di conseguenza nei pori saturi di acqua la velocità di penetrazione sarà presso chè nulla. Risulta quindi che la velocità di carbonatazione diminuisce per valori di UR(umidità relativa)maggiori dell’80% ,fino praticamente ad annullarsi in calcestruzzo saturo. D’altra parte va detto che perché la carbonatazione avvenga, la presenza di umidità è assolutamente necessaria. In presenza di UR inferiore al 40-50% la carbonatazione avviene con velocità trascurabile. I valori di umidità più pericolosi sono quelli compresi tra il 50% e l’80%, all’estremo di questo intervallo la velocità va diminuendo fino ad azzerarsi, sia in condizioni completamente asciutte sia completamente sature. Affinché non si crei o quanto meno si ritardi la carbonatazione è necessario che il calcestruzzo sia compatto e che venga protetto con l’applicazione di prodotti che producano film impermeabili all’aria ed all’acqua contenente anidride carbonica. Mentre indispensabile potrebbe essere aumentare lo spessore del copriferro , ovvero lo spessore di calcestruzzo che separa l’armatura dalla superficie del manufatto in modo da ostacolare il processo di carbonatazione. In conclusione si può anche affermare che il fenomeno della carbonatazione è dannoso solo per le strutture armate, mentre non è determinante in quelle realizzate in calcestruzzo non armato.
Altra aggressione da parte dell’anidride carbonica al calcestruzzo armato avviene con il fenomeno del dilavamento, ovvero l’asportazione di matrice cementizia dovuta ad un’azione meccanica dell’acqua sul calcestruzzo. Questo fenomeno è aggravato se ci si trova in presenza di acque particolarmente acide a causa dell’anidride carbonica aggressiva, presente soprattutto nelle acque pure di montagna, nelle acque vicine a scarichi industriali e nelle acque reflue delle fognature. Le acque pure, quando scorrono costantemente sul cls, sono aggressive perché tendono a disciogliere lentamente i composti a base di calcio. Inizialmente viene allontanato l’idrossido di calcio, ma poi vengono attaccati anche gli altri costituenti con possibili effetti negativi sulla resistenza meccanica. In presenza di fessure, l’acqua percola attraverso il calcestruzzo e, quando affiora, lascia in superficie depositi calcarei dovuti alla reazione dell’idrossido di calcio con l’anidride carbonica dell’aria. L’entità del dilavamento dipende in larga misura dalla permeabilità del cls; i calcestruzzi confezionati con cementi pozzolanici o con loppa d’altoforno hanno una maggiore resistenza al dilavamento.
Altre forme di aggressione al calcestruzzo armato-
Aggressione da solfati. I solfati più comuni presenti nei terreni, nelle acque e nei processi industriali sono quelli di calcio e di sodio. Esistono anche quelli di magnesio, un po’ meno comuni ma più distruttivi. Lo ione solfato può essere presente nelle acque come nei terreni ma può anche trovarsi direttamente negli aggregati sotto forma di impurità. Se i solfati provengono dai terreni o dalle acque a contatto con la struttura, lo ione solfato trasportato all’interno della matrice cementizia dell’acqua (fondamentale per il trasporto) reagisce con l’idrossido di calce e forma il gesso. Questo va a reagire a sua volta con gli alluminati di calcio idrati (C-A-H) formando ettringite secondaria che aumentando di volume provoca delaminazione, rigonfiamenti, fessurazioni e distacchi. L’ettringite primaria a differenza di quella secondaria non è dannosa per il calcestruzzo e come ribadito si forma quando il cemento viene a contatto con l’acqua d’impasto ed esplica benefici sul tempo di presa in quanto la rallenta inibendo il fenomeno della presa rapida il quale renderebbe inutilizzabile il cemento. La differenza sostanziale, quindi, tra ettringite primaria e secondaria è che la prima si forma quasi subito e in maniera uniforme all’interno del getto per cui essendo il cls ancora in uno stato plastico le piccole tensioni espansive che si creano non sono dannose, la secondaria invece si forma dopo molto tempo dal getto per lo più nella parte corticale del cls (quella penetrata da solfati), creando forti tensioni espansive a causa della rigidezza ormai acquisita dal getto.Un altro tipo di attacco solfatico si manifesta quando in presenza di carbonato di calcio con temperature basse (inferiori ai 10°C) e un’umidità relativa superiore al 95%, si forma thaumasite che provocando la decalcificazione crea il vero e proprio spappolamento del calcestruzzo.I solfati oltre che dall’esterno possono provenire anche dall’interno del calcestruzzo, sotto forma di impurità naturali negli aggregati, in forma di gesso o anidride. Il gesso degli aggregati ha dimensioni più elevate rispetto a quello aggiunto al cemento per la presa, di conseguenza è meno solubile in acqua. Questo fa si che non sia subito disponibile per la formazione di ettringite primaria, ma successivamente andrà a formare ettringite secondaria nel cls ormai stagionato creando così fessurazione.
Aggressione dai cloruri. L’ aggressione da parte dei cloruri sul calcestruzzo può avvenire se questo rimane a contatto con ambienti in cui il contenuto è alto, come l’acqua marina o i sali disgelanti, oppure se confezionato con materie prime inquinate. Il cloruro di sodio può venire in contatto con le strutture situate in zone marittime oppure con quelle esposte ai sali disgelanti. Il cloruro di calcio invece è largamente impiegato come sale disgelante la cui azione è considerata molto più efficace per la sua rapidità rispetto a quella del cloruro di sodio.Il cloruro una volta penetrato nel calcestruzzo se raggiunge i ferri d’armatura elimina il film passivante lasciandoli così esposti al processo di corrosione.La penetrazione ha inizio sulla superficie per poi proseguire all’interno del calcestruzzo.Il tempo di penetrazione dipende dalla concentrazionedi cloruri che entrano a contatto con la superficie del calcestruzzo; dalla permeabilità del calcestruzzo; dalla percentuale di umidità presente. La corrosione avviene con la combinazione di due fattori, entrambi necessari. La presenza di cloruri, che depassivizzano i ferri, e l’umidità unita all’ossigeno. Ad esempio una struttura completamente immersa nell’acqua marina, presenterà un contenuto di cloruri sicuramente molto alto, ma avendo le porosità totalmente sature di umidità, l’ossigeno non riuscirà a penetrare e di conseguenza la corrosione dei ferri non avverrà o sarà trascurabile. Considerando sempre una struttura realizzata nell’acqua di mare, la zona che è più interessata dal degrado dovuto ai cloruri è la splash-zone, cioè quella che a causa del moto ondoso o delle maree è periodicamente bagnata e asciutta.Per quanto riguarda i sali disgelanti, questi vengono stesi sul manto stradale nei periodi invernali, e grazie all’acqua piovana penetrano nella struttura, creando corrosione e quindi degrado.- Una volta innescato il processo, qualsiasi sia l’ubicazione della struttura, la corrosione diventa più veloce in quanto trova vie di accesso più facili.La concentrazione di cloruri necessaria a promuovere la corrosione dei ferri è direttamente proporzionale al pH del cls, più è alcalino più cloruro è necessario per innescare il processo.Con riferimento a quest’ultima considerazione, si può legare il fenomeno della carbonatazione al degrado dovuto ai cloruri, in quanto il primo abbassa il pH del cls e quindi rende vulnerabili anche porzioni di struttura che presentano una minore concentrazione di cloruri.
Reazione alcali-aggregati -La reazione alcali-aggregati può creare una forte espansione e un grave ammaloramento delle strutture in calcestruzzo. Alcuni tipi di aggregati come quelli che contengono silice reattiva, reagiscono con due alcali, potassio e sodio, contenuti nel cemento. Oppure, con quelli provenienti dall’ambiente esterno sotto forma di cloruro di sodio (NaCl). Dalla reazione si forma un gel fortemente espansivo se esposto all’umidità. Questo va a creare forze che rompono il calcestruzzo attorno all’aggregato. La reazione alcali-aggregati è un processo che avviene in maniera eterogenea e lentamente nel tempo in quanto è legata alla composizione degli aggregati contenenti silice amorfa. Il prodotto della reazione che si ha nelle condizioni appena descritte, sono i silicati di sodio e potassio idrati, molto voluminosi. Per quanto l’esatto meccanismo della reazione alcali-aggregato non sia stato ancora del tutto chiarito, sono stati individuati alcuni parametri fondamentali che concorrono al decorso del fenomeno distruttivo: la reazione alcali-aggregati si manifesta tanto più velocemente ed intensamente quanto più aumentano: il contenuto di sodio e di potassio nella fase acquosa che riempie i pori capillari della pasta cementizia;la quantità degli aggregati silicei cristallini ed amorfi; l’umidità relativa dell’ambiente.
E’ sufficiente che manchi una delle tre suddette condizioni affinché il degrado non si manifesti: per esempio, in ambienti secchi gli aggregati reattivi possono coesistere con gli alcali del cemento senza alcun danno per il calcestruzzo. La reazione alcali-aggregati si manifesta quando si innesca nella parte corticale del cls mostrando sulla superficie delle micro fessurazioni, oppure rialzando una piccola porzione di calcestruzzo al di sopra dell’aggregato siliceo reattivo (pop-out), quest’ultimo fenomeno è possibile riscontrarlo nelle pavimentazioni industriali in cls.
Aggressioni di tipo fisico
-Gelo e disgelo –A bassa temperatura l’acqua contenuta nei pori del calcestruzzo congela e aumenta il suo volume (di circa il 9%), generando sforzi di trazione in grado di provocare fessure o distacchi del calcestruzzo, fino a giungere alla sua completa disgregazione.L’effetto del ghiaccio è deleterio solo se c’è acqua allo stato liquido all’interno del cls. Questo non vuol dire che debba essere perfettamente secco ma che il livello di umidità non superi un determinato valore chiamato “saturazione critica”. Ossia che l’acqua presente all’interno della porosità deve essere al di sotto di detto valore in modo che pur aumentando di volume ghiacciando, riesca a rimanere all’interno dei pori senza creare tensioni. Pur non superando il valore di saturazione critica potrebbe comunque verificarsi la rottura del cls a causa della presenza di acqua. Il congelamento dell’acqua contenuta nei pori avviene gradualmente e il raffreddamento delle zone più interne è ritardato dalla bassa conducibilità termica del calcestruzzo.Se prendiamo in considerazione la percentuale di acqua presente in tutto il cls non considerando la distribuzione eterogenea che questa ha all’interno del getto. Per risolvere questo inconveniente si misura la percentuale presente sulla fascia corticale e cioè dove si innescano i fenomeni di degrado dovuti ai cicli di gelo e disgelo. – L’azione del gelo si manifesta principalmente sull’acqua contenuta nei pori capillari. Viceversa, i vuoti di dimensioni maggiori non sono in genere saturi d’acqua e, almeno inizialmente, non risentono dell’azione del gelo. Per limitare gli effetti negativi delle basse temperature bisogna diminuire la microporosità capillare e favorire la presenza di macropori (dimensioni comprese tra 100 e 300 μm), aggiungendo alla miscela additivi aeranti e mantenendo un basso rapporto a/c. – I danni dovuti al gelo e disgelo, comunque avvengono quando sono presenti in concomitanza le seguenti condizioni: basse temperature ed assenza di macroporosità. Mentre il tipo di danno è proporzionale: al livello di porosità;al livello di saturazione di umidità; anumero di cicli.
Alte temperature –L’effetto delle alte temperature sul cls è distruttivo. I ferri di armatura possono resistere fino ad una temperatura di 500°C ,mentre il calcestruzzo può resistere fino a 650°C. Attorno a 100 ÷ 150 °C la pasta cementizia subisce un primo degrado per decomposizione di alcuni componenti. A 570 °C la resistenza del calcestruzzo si riduce fino al 20 %. La funzione del copriferro in questo caso è fondamentale in quanto rallenta il propagarsi della temperatura. Più è spesso il copriferro maggiore è il tempo che i ferri ci mettono a raggiungere la temperatura di collasso di 500°C. I danni che il fuoco può creare al calcestruzzo sono molti e molto importanti:
-Le armature pur protette dal copriferro riscaldandosi sotto l’effetto delle alte temperature espandono il loro volume, creando tensioni nel cls fino all’espulsione dello stesso.-Una volta che le armature sono esposte al fuoco, espandono molto più velocemente del cls in cui sono inserite causandone l’espulsione e la perdita di aderenza.
Pur non arrivando alla temperatura limite di collasso, il calcestruzzo può perdere le sue caratteristiche prestazionali nel momento in cui viene repentinamente raffreddato, situazione che si crea quando si eseguono le operazioni di spegnimento dell’incendio. In questa situazione l’ossido che si è formato a causa del calore si trasforma in calce disintegrando il cls. Sulla faccia più vicino al fuoco a causa dell’estremo caldo alcuni aggregati scoppiando staccano anche il cls adiacente.Se l’esposizione al fuoco è prolungata anche le armature raggiungono la temperatura di collasso e perdono la loro resistenza a trazione, causando il cedimento della struttura.
Ritiro e fessurazione –Si distinguono due tipi di ritiro, quello plastico e quello igrometrico. Il ritiro plastico avviene quando il cls, ancora nella fase plastica, cede parte della sua umidità all’ambiente esterno causando così una contrazione. La fessurazione in questo caso è legata alle condizioni in cui viene realizzato il getto. In strutture casserate l’evaporazione non avviene per ovvi motivi, mentre in opere dove il cls è direttamente a contatto con l’ambiente, avviene a causa della temperatura, della bassissima umidità esterna o del forte vento. Il ritiro plastico avvenendo quando il cls è ancora fresco può portare ad una micro fessurazione superficiale. Per evitare i problemi dovuti al ritiro plastico bisogna evitare che l’acqua presente nell’impasto evapori troppo velocemente, questo si può fare in più modi : stendendo sul getto un telo impermeabile che impedisce l’evaporazione; nebulizzando completamente la superficie nei primi giorni dopo il getto; applicando sul getto ancora fresco un film di prodotto antievaporante. Il ritiro igrometrico è dovuto alla cessione di umidità all’ambiente con una U.R. bassa lungo tutto l’arco della vita utile. Siccome il cls consuma la maggior parte del ritiro igrometrico nei primi sei mesi, è impossibile pensare di bagnarlo per tutto il tempo quindi a differenza delle misure precauzionali adottabili nel ritiro plastico, per ridurre quello igrometrico si può agire soltanto in fase di progettazione sulla sua composizione: aumentare il rapporto aggregato-cemento; diminuire il rapporto acqua-cemento (Rapporto in massa tra il contenuto d’acqua efficace e il contenuto di cemento nel calcestruzzo fresco). Ovviamente queste misure non possono essere sempre previste poichè in alcuni casi la dimensione massima dell’aggregato trova un limite nella distanza tra le armature. Si dovrà allora disporre l’utilizzo di additivi riduttori d’acqua .
In definitiva, si può pertanto concludere, affinché il calcestruzzo armato si preservi nel tempo, è indispensabile proteggere sia l’armatura che la superficie dello stesso dalle aggressioni chimiche che in diverse forme si trovano nell’ ambiente circostante.
– 10 settembre 2018 – Marco Caccaviello- Ingegnere Civile (ing.marcocaccaviello@gmail.com).
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