Serata importante per il bosniaco:con il Real fa cifra tonda di gare in Champions e sfida il portiere trafitto due volte l’anno scorso
Il tempio pagano del madridismo lo ha già inghiottito, in una strana sindrome di Stendhal che Edin Dzeko ha saputo curare nel tempo con la medicina preferita di ogni centravanti: il gol. Due anni e mezzo fa al Bernabeu la Roma di Spalletti affidò a lui le sottili speranze di rimonta, con Totti in panchina e felice poi di incassare gli applausi, ma rimase attonita sul più bello. Qualche occasione capitò, sì, la cosa si poteva fare, però Dzeko all’epoca era un taglierino senza lama e non riuscì a incidere nel burro Real. I rimpianti dei tifosi al seguito si sprecarono, come gli anatemi dell’allenatore deluso.
RICORDO. Stasera Dzeko sarà preparato a non ripetere lo stesso errore, cioè lasciarsi sconvolgere dal monumento. Accreditato dal curriculum della passata edizione, in cui spalmò qua e là 8 gol segnando 5 volte nella sola seconda fase, può centrare due obiettivi: ricordare ai discendenti di Santiago Bernabeu di essere ancora (oppure ormai?) un attaccante di primo livello; uscire dalla crisi personale cominciata inspiegabilmente dopo il capolavoro di Torino. Da quando si è fermato, tra perplessità private e sfoghi pubblici, la Roma non ha più vinto ed è obbligata a ricompattarsi attorno all’allenatore di oggi, Eusebio Di Francesco, conducente del pullman con capolinea semifinali.
FAMILIARITà. Nella logica sana della vita è arrivata la seconda opportunità a Madrid, peraltro in una ricorrenza importante, perché coincide con la partita numero 50 in Champions League. Per scuotersi Dzeko, ieri molto concentrato nella rifinitura di Trigoria, potrebbe osservare la porta dei campioni d’Europa, dove il circo di Florentino Perez avrebbe voluto far saltellare Alisson e invece ha assoldato Courtois, poco incline al «sarrismo». Beh, Courtois era il portiere del Chelsea che Dzeko crivellò 11 mesi fa in pochi minuti, prima con un sinistro spaventoso che fece un rumore sordo nell’autunno inglese (“tum”) davanti alla curva presidiata dai tifosi della Roma, poi con il colpo di testa in area che nemmeno è la sua specialità. Dzeko se ne ricorda, Courtois se ne ricorda. Magari serve a spostare gli equilibri di una partita che altrimenti sembrerebbe segnata. Postilla: Courtois ne ha presi 6 dalla Roma l’anno scorso tra andata e ritorno, facendo felici anche Kolarov, El Shaarawy (2) e Perotti. Chissà se anche per questo Lopetegui tiene aperta l’opzione Keylor Navas, il portiere degradato. A ognuno i propri incubi.
SCOSSA. Dzeko ai suoi, di incubi, ha deciso di rispondere con un appello alla psicoterapia collettiva: pubblicando sui social la foto della squadra al completo, con lo slogan che chiedeva di mantenere unità nei giorni amari, ha dimostrato ancora una volta la sua indole romanista. Sì, per carità, è uno di quelli che meno hanno compreso certe strategie societarie e alcuni accorgimenti tattici. Contento non è di come siano andando le cose. Ma al programma fissato nella mente, la fedeltà al club al motto #restofinchénonvinco, non ha rinunciato. E non potevano esserci dubbi, dopo il garbato rifiuto al trasferimento al Chelsea di gennaio. La storia rammenta che sia stato convinto dalla moglie a non liberare la villa di Casal Palocco. Invece è più romantico e rusticano pensare che non volesse giocare con Courtois, ancora ben lontano dalla corte reale. Dzeko preferiva l’idea di potergli segnare di nuovo.
fonte:corrieredellosport