SALERNO PROCESSO CRESCENT DE LUCA RISCHIA LA PRESIDENZA DELLA REGIONE CAMPANIA

28 settembre 2018 | 08:47
SALERNO PROCESSO CRESCENT DE LUCA RISCHIA LA PRESIDENZA DELLA REGIONE CAMPANIA

E’ il giorno della verità. Dopo tre anni di dibattimento e una trentina di udienze il processo Crescent segna l’epilogo con la sentenza. Ventidue sono gli imputati, i cui destini sono legati al governatore Vincenzo De Luca, che risponde di sette contestazioni con ipotesi di reato che vanno dall’abuso d’ufficio al falso e violazioni urbanistiche. Oggi prima che i giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno si chiudano in camera di consiglio, sono previsti gli ultimi fuochi dell’accusa con le repliche del neo procuratore aggiunto Rocco Alfano e del pm Guglielmo Valenti.
L’UDIENZA
E non è escluso che anche qualche difensore senta la necessità di brevi repliche. Comunque sia l’attesa è per un verdetto che per il governatore De Luca vale doppio: in caso di condanna, nei suoi confronti scatterebbe non solo la sanzione penale ma anche l’applicazione della legge Severino. L’eventuale condanna dovrà riguardare l’ipotesi di abuso d’ufficio (contestata per due episodi con riferimento al rilascio dei permessi per costruire l’opera) che rientra nel novero di quelle previste dalla norma Severino per decretare la sospensione dalla carica attualmente ricoperta (e cioè quella di presidente della Regione Campania) per un massimo di diciotto mesi. Tempo che si calcola dall’avvenuta sospensione in seguito all’iter previsto per legge. Ma lo spettro della legge Severino, sempre in caso di un’eventuale condanna per abuso d’ufficio, riguarderebbe anche due esponenti dell’attuale giunta comunale: gli assessori Eva Avossa (che oltre alla delega alla Pubblica istruzione è anche vicensindaco) e Domenico De Maio (Urbanistica e Mobilità) e i consiglieri regionali Vincenzo Maraio e Francesco Picarone. Sotto processo, infatti, sono finiti tutti i componenti della giunta in carica all’epoca dei fatti: oltre De Maio ed Avossa, Maraio e Picarone anche Gerardo Calabrese, Luca Cascone, Luciano Conforti, Augusto De Pascale, Ermanno Guerra, Aniello Fiore, e che nel 2008 approvarono cinque delibere finite nel mirino della magistratura salernitana. E, ancora, imputati sono l’ex soprintendente Giuseppe Zampino; i funzionari della Soprintendenza Anna Maria Alfani e Giovanni Villani; i costruttori Eugenio e Aldo Rainone, Rocco Cechile e Maurizio Dattilo (quest’ultimo amministratore della Sviluppo Immobiliare Santa Teresa); ma anche i dirigenti comunali Bianca De Roberto (all’urbanistica), Davide Pelosio (trasformazione urbanistica), Nicola Massimo Gentile (piani attuattivi), Matteo Basile (trasformazioni edilizie) e l’ex dirigente comunale Lorenzo Criscuolo all’epoca direttore del settore opere pubbliche ed ora in forza alla Provincia. Le accuse contestate dalla procura salernitana vanno dal 2007 al 2011: oltre ad una generale carenza di documentazione esibita agli enti che avrebbero dovuto esprimere loro pareri, i magistrati titolari dell’inchiesta (iniziata nel 2010 con il sequestro preventivo dell’opera nel 2013 poi dissequestrata) hanno contestato anche un’autorizzazione concessa al solo progetto relativo al Pua (il piano urbanistico attuativo), ma anche la scadenza del termine previsto per l’annullamento della «irrituale e non prevista autorizzazione paesagistica»; il rilascio di un via libera per un’area sottoposta a vincolo e di cui il Comune non era ancora proprietario. Mentre ai costruttori si addebita di aver iniziato i lavori su aree vincolate e in mancanza di permessi legittimi, in quanto frutto di atti amministrativi che la Procura ritiene non validi. E la stessa Giunta avrebbe avallato l’illecito ottenimento delle autorizzazioni e avrebbe violato le prescrizioni del piano ubanistico.
LA DIFESA
Ipotesi accusatorie che, nel corso del processo, le difese hanno ribattutto con una serie di consulenze e controesame degli stessi periti dell’accusa. Un processo simbolo quello del Crescent che ha polarizzato negli anni polemiche ed attacchi di alcuni settori dell’opposizione a De Luca per un imponente intervento edilizio che vede sia l’investimento privato sia il risanamento di una vasta area degradata come puntualizzato in arringa dall’avvocato Paolo Carbone (che insieme al professore Castaldo difende De Luca) spiegando come «sul piano tecnico, il teorema del collegio peritale della procura sia saltato da una serie di consulenze». In una delle ultime udienze prima della pausa estiva, anche il governatore De Luca ha rilasciato dichiarazioni spontanee affermando come «il processo sia nato da una serie di forzature sulla realtà dei fatti. La mezzaluna a firma di Riccardo Bofill è l’opera urbanistica più controllata ed indagata d’Italia» e ha ricordato che si tratta di un’opera di «interesse pubblico realizzata su un’area urbanizzata».

Angela Trocini IL MATTINO