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Ancelotti: Ora tra i migliori d’Europa 

la rivoluzione francese del Psg, nell’estate del 2012, è firmata da Leonardo & Ancelotti, e attraversa l’Italia da Sud a Nord e viceversa, va a pescare Lavezzi al Napoli, l’enfant prodige Verratti al Pescara, «saccheggia» le due Milano portando via Thiago Motta ai nerazzurri e Thiago Silva e Ibrahimovic ai rossoneri, inondandoci di euro e però scaraventando il passato nella galleria dei ricordi, quasi fossero macerie di un vissuto ormai lontano.

Perché fosse subito chiarissimo, si costruì partendo dal calcio: senza che i francesi s’arrabbiassero più di tanto, nonostante tutto. Campioni del Mondo, certo (nel 1998); e anche campioni d’Europa (nel 2000): ma la storia, a quel punto, era rimasta confinata in uno stanzino della memoria, persa tra una belle epoque ad esclusivo uso e consumo dei blues. E allora: viva l’Italia, il calcio omnicomprensivo, una scuola in cui a quel tempo c’era un Mondo o c’era appena passato o semmai cresciuto e ora pareva pronto per il Parco dei Principi, per gli sceicchi e per la Ligue 1, per riverniciarsi dentro, inserendo piedi e cervelli, freschezza e scaltrezza, furbizia e personalità.

Il tempo è volato via, con i milioni (milioni?) di euro sventagliati un po’ ovunque per avere Neymar e Mbappé, Marquinos e Di Maria, Dani Alves e Draxler, Cavani e Buffon, ma quel che resta di Ancelotti, in questo macro-universo scintillante è la svolta, a modo suo storica, per uscire dal giardino di casa e andarsene un po’ a spasso per il Mondo con quella vena d’aristocrazia reale e non solo presunta e una ricchezza ampia da mostrare con i Verratti e i Thiago Silva, gli Ibrahimovic e i Thiago Motta e i Lavezzi.

RIVOLUZIONE. Quando tutto cominciò, e nessuno avrebbe sospettato che si sarebbe arrivato a tanto, restava ancora un lungo percorso da intraprendere, per potersi sentire padroni del pallone e metterlo al centro della Ligue 1, consegnata ad Ancelotti con il Psg capolista e però poi conquistata, alla fine di quel «doloroso» semestre, al Montpellier. E allora fu tutto così pallidamente chiaro e divenne poi clamorosamente e improvvisamente tutto limpidamente indispensabile:

LA PRIMA PIETRA. C’era da (ri)costruire un Museo personalissimo dal quale lo scudetto, arrivato nel 2013, mancava da diciannove anni, e magari spalancare le frontiere per atterrare in Europa e tentar di conquistarla, di sedurla, di incantarla con le stelle lasciate lì brillare, prima dell’ennesima carrellata di star piovute nel dopo-Ancelotti, che a France Football ha rievocato un’era felice.
«A Parigi non penso ci fosse la volontà di avere una cultura italiana. Ma c’era, soprattutto, il desiderio di avere una cultura di livello alto, professionalmente e qualitativamente. E’ bello vedere come cresce il club, che ora è uno dei migliori d’Europa. Il Paris Saint Germain può vincere la Champions League, questo è sicuro».

 

fonte:corrieredellosport

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