Con il suo calcio fatto di classe ha stregato generazioni di tifosi spagnoli e non solo. Per anni a Barcellona insieme alle stelle della Pulce Messi e dell’Illusionista Iniesta ha brillato il Genio di Xavi Hernandez, uno dei giocatori più intelligenti della storia di questo sport. Re delle verticalizzazioni e dei filtranti “impossibili”, ha disegnato calcio a grandissimi livelli, vincendo tutto quello che poteva con il Barça e con la Roja. Adesso che è prossimo a compiere 39 anni, è arrivato alle ultime “recite” di una carriera da calciatore inimitabile (o quasi), ma ha ancora voglia di stupire e con l’Al-Sadd punta a chiudere con un ultimo acuto per poi iniziare ad allenare. «Mi piacerebbe vincere la Champions asiatica – ci ha confidato parlando al telefono dal Qatar – e domani (oggi, ndr) avremo la semifinale di ritorno contro gli iraniani del Persepolis. All’andata abbiamo perso 1-0 in casa, ma non è finita e daremo tutto. Sarebbe bello alzare la coppa e a dicembre giocare il Mondiale per club».
In caso di eliminazione, invece, dirà addio al calcio giocato?
«Al 99% questa è la mia ultima stagione perché a quasi 39 anni è normale essere stanchi e aver bisogno di cambiar strada. Ormai penso come un allenatore e ho già preso il primo patentino per guidare una squadra anche se il corso come tecnico Uefa Pro lo finirò a maggio. Non è ancora tempo di annunci o addii, ma chiaramente su quello che farò ho riflettuto».
Dicono che lei sia il nuovo Guardiola…
«Non so cosa mi riserverà il futuro, ma la gente esagera e corre troppo… C’è chi sostiene addirittura che guiderò il Barcellona (ride, ndr)… Per il momento la mia vita è piena di impegni e sono felice di essere venuto in Qatar dove, oltre a giocare, faccio l’ambasciatore per i Mondiali del 2022. Seguo il progetto “Generation Amazing”, un’iniziativa portata avanti dal Supreme Committee che organizza la Coppa del Mondo a Doha e che aiuta le persone bisognose: dai bambini ai lavoratori non solo del Qatar, ma anche della Giordania, del Libano, dell’Oman, dell’India, del Nepal e di tanti altri stati di questa zona. In un processo di profonda trasformazione di una nazione come il Qatar è importante dare una mano a tante persone attraverso il calcio. Mi sento bene quando capisco di essere utile per una causa come questa».
Quando farà l’allenatore quale sarà la sua idea di calcio?
«Quella che ho adesso. Io preferisco che a tenere il pallone sia la mia squadra perché si soffre quando lo hanno gli altri (ride, ndr). Amo un gioco di possesso, fatto di passaggi e verticalizzazioni, di pressione alta per riconquistare la sfera. Voglio dominare la gara».
Sembra il manifesto ideologico di Guardiola.
«Pep è un amico e un grande allenatore. Ho lavorato per alcuni anni con lui e non nascondo né che lo stimo tantissimo né che mi ha influenzato. Anche voi italiani però come grandi tecnici siete messi molto bene».
A chi si riferisce?
«A Sarri. Ho studiato il suo calcio e mi piace parecchio: sia quando era al Napoli sia adesso al Chelsea vuole sempre avere il pallone, dominare il gioco. In Italia non ha vinto, ma magari lo farà a Londra. Lo meriterebbe per come lavora, per la fluidità della manovra che riesce a esprimere. Ha grandi idee e sa come metterle in pratica. Prendete l’acquisto di Jorginho: lui davanti alla difesa poteva mettere un fenomeno come Kanté, ma voleva sviluppare un certo tipo di calcio in fase di possesso e di circolazione, così ha trovato spazio per il francese e Jorginho. Adesso il suo Chelsea è spettacolare».
Altri allenatori italiani che stima?
«Ancelotti e Conte. Ancelotti ha personalità, conosce il calcio di tutta Europa, è bravo nell’organizzazione difensiva, ma gli piace anche la qualità in avanti. L’ho conosciuto meglio quando era al Real, ma si è confermato un vincente ovunque è andato. Sono convinto che farà bene anche al Napoli e che mercoledì (domani, ndr) per il Psg non sarà facile».
Passiamo a Conte.
«Le sue squadre sono toste e lui trasmette energia solo a guardarlo. La sua carriera parla da sola. Juventus, Nazionale e Chelsea: non ha mai sbagliato».
Guardiola la scorsa settimana ha aperto a un futuro in Serie A. Pensa che Pep vincerebbe anche in Italia, nella patria della tattica esasperata?
«Guardiola non è solo bel calcio con grandi interpreti: lui cura molto la fase difensiva e le sue squadre sono parecchio organizzate. Se ha detto che vuole provare un’esperienza nel calcio italiano, state certi che prima o poi arriverà. E, conoscendolo, non verrà solo per partecipare…».
In Italia ha vinto Mourinho che è stato acerrimo rivale del suo Barcellona quando allenava il Real, ma che nel 2009-10 le ha inflitto una delle più cocenti delusioni della carriera: l’eliminazione dalla Champions nella semifinale Inter-Barça.
«Le ricordo bene quelle due partite. All’andata a San Siro il primo tempo eravamo in controllo e passammo in vantaggio, ma l’arbitro Benquerença non ci aiutò molto e l’Inter prese campo. Loro furono bravi a pressarci alti e a rubare qualche pallone pericoloso, ma alcune decisioni del direttore di gara… Nel ritorno a Barcellona facemmo noi il match, dall’inizio alla fine, soprattutto dopo l’espulsione di Thiago Motta. La “remuntada” dopo il 3-1 dell’andata sembrava possibile e invece Eto’o fece il terzino in maniera splendida, Milito fu encomiabile e tutti i nerazzurri si sacrificarono. Essere eliminati dopo aver dominato fu una pena. Dopo il gol di Piqué pensavo a un finale diverso e invece…».
Fu il trionfo di Mourinho e la sua esultanza sul prato del Camp Nou è rimasta nella storia.
«Mourinho è un allenatore molto difensivo e giocare contro la sua Inter non era facile. Il suo calcio è quello e lo ha messo in pratica anche al Chelsea e al Real. Cura tutti i dettagli, chiude ogni varco e non ti concede molto».
In pratica, per usare un’espressione dello Special One, “parcheggia il pullman sulla linea di porta”.
«A me piace un’altro tipo di calcio. Non è una critica nei suoi confronti, ma non mi diverto a giocare in quel modo e le mie squadre non avranno mai quel tipo di atteggiamento».
Ricorda i suoi duelli in campo con Zanetti, adesso vice presidente dell’Inter?
«Come no… In quelle due semifinali e in altre gare in cui ci siamo trovati di fronte con le nazionali Javier si è sempre dimostrato un giocatore straordinario, fisicamente uno dei migliori della storia. Tutto il mondo lo rispetta e lo ricorda per quello che ha fatto».
Barcellona-Inter di domani che sfida sarà?
«Come quella del 2010, più o meno. Il Barça farà l’incontro e l’Inter si difenderà per poi ripartire in velocità con Icardi e Perisic. I miei ex compagni sono favoriti e vedrete che domineranno il possesso per mettere in difficoltà gli avversari. Se cerchi solo di non subire, uscire indenne dal Camp Nou non è facile».
Non avere di fronte l’infortunato Messi però sarà un bel vantaggio per Spalletti.
«Un grandissimo vantaggio perché Leo è il più forte con cui ho giocato, l’unico che può fare la differenza da solo e in qualsiasi momento».
Più di Cristiano Ronaldo?
«Sì, senza dubbio. Per me Messi è il più forte del mondo. Anzi, il più forte della storia».
Messi si è legato a vita al Barça e progetta un nuovo rinnovo, mentre CR7 ha lasciato Madrid per andare alla Juve. Se lo aspettava?
«Sì perché Ronaldo non era legato al Real come Messi è legato alla maglia blaugrana. Anche Neymar è andato via da Barcellona e ha detto sì al Psg… Non vedo niente di strano nel trasferimento del portoghese a Torino. Forse voleva provare una nuona esperienza in una formazione che gli potesse garantire di vincere ancora la Champions e ha scelto la Juve, un club che ha una mentalità fantastica e maturata nel corso di una storia centenaria fatta di successi».
I bianconeri sono i favoriti per alzare la Champions?
«Favoriti no perché ci sono anche Barcellona, City e Real. La vincente uscirà tra queste quattro».
Cosa pensa della crisi del calcio italiano?
«Sono certo che l’Italia tornerà in alto. A volte bisogna fare un passo indietro per poi farne due in avanti e mi sembra che dopo l’eliminazione dai Mondiali in Russia qualcosa da voi si stia muovendo. La nazionale di Mancini ha vinto in Polonia, la Serie A è un torneo che esprime valori importanti e in Champions le vostre squadre possono tutte passare il turno. L’Italia tornerà grande come lo è stata in passato quando qualche amarezza a noi spagnoli l’ha data».
Fonte:corrieredellosport