Mertens: Certe occasioni devono essere sfruttate
L’ultimo pallone sai cosa ne vorresti fare ma mai quello che, invece, suggerirebbero gli dei: lo aspetti, nascosto nella penombra e forse anche nella malinconia, perché senti, come un rabdomante che starebbe per arrivare proprio lì, dove sei in agguato, altrimenti mica ti chiamerebbero «Ciro». E quando ne scorgi la traiettoria insana, sporca, ecco l’avvoltoio ch’è in te: piatto o chissà cosa, forse lo stinco, per scacciare via le streghe da uno stadio che ne pareva invece fosse dominato. «Era una partita difficilissima, così era diventata. Peccato, perché potevamo vincerla. Ma abbiamo avuto una reazione da squadra: però in casi del genere bisogna fare qualcosa in più. Abbiamo avuto occasioni, non so quante volte ci abbiamo provato».
RABBIA. Uno, due e Dries, perché da Udine, a Parigi e infine al San Paolo fosse chiaro che il bomber è tornato, è quello d’un tempo, due anni fa, con una media lievemente macchiata, e ci mancherebbe, ma con senso dell’opportunismo che dà vita a un campionato, nonostante Madame sia ancora, di nuovo, distante: ma sarebbero stati preoccupanti gli effetti psicologici, dopo una partita così, condotta con la fierezza di chi non vuole avere rimpianti, né rimproverarsi da muoversi. «Ci abbiamo creduto ma queste partite vanno sfruttate: ditemi voi, quante conclusioni» E infatti, si sa, il calcio lo legano ai risultati, va quasi sempre così, e sarebbe rimasto un bel nulla dei diciotto calci d’angolo, del 62% di possesso palla, dei ventisei tiri contro 8: cosa volete che lascino le statistiche, se con quel retrogusto amaro preso a pallate da Mertens, con tutta la rabbia che si portava dentro.
E TRE. Poi bisogna anche aver pazienza, anche se ormai Careca – un mito, un mostro, un dio che Napoli venera – è appena a un gol: ma Mertens è tornato, con quello strappo al novantesimo che però non basta a far sorridere questo scugnizzo che ora reclama con discrezione una maglia: «Sì, lo ammetto, volevo giocare dall’inizio, perché sapete che questa è una partita speciale, per Napoli. Sì, ci tenevo…». E lascia che una smorfia resti racchiusa in quell’espressione, mai festosa, mai seriamente gioiosa, perché ci sono pareggi che fanno male.
è TORNATO. Ma Mertens è di nuovo «Ciro», nella sua lucentezza, nella sua ferocia, nella sua dimensione da cecchino: tre reti in sequenza (ma reclamando anche il quarto, quello con la Nazionale) e tutti di natura differente, dal dischetto a Udine, con opportunismo a Parigi e un po’ anche con la Roma, dove però c’è il centravanti pieno (altro che falso nueve), quello che annusa l’aria e ci si tuffa dentro, per respirarla tutta, anche se il cronometro sta correndo velocissimo incontro alla disperazione. Minuto novanta, restavano una manciata di secondi e una speranza, ma piccola, piccola così, come Dries Mertens, ch’è spuntato alle spalle di Kolarov e ha gestito la svirgolata di Callejon, affinché quell’ultimo pallone gli togliesse la delusione dall’anima. «È andata bene, dai, però è chiaro che uno pensa di chiuderle diversamente partite del genere. Anche se tutte quelle occasioni costruite…» Però non è mai finita, anche quando vi sembra lo sia: anzi è rinato Mertens.
Fonte:corrieredellosport