PSG -Napoli domani ore 21 – Ancelotti a Parigi per vincere – Insigne recupera, c’è anche lui fra i convocati

77 Partite Tra la Ligue 1 e le coppe, Ancelotti ha guidato il Psg in 77 partite, con un bilancio di 49 successi, 19 pareggi e 9 sconfitte. In campionato ha ottenuto un secondo e un primo posto.

1 Scudetto vinto Ancelotti debuttò con il Psg nel gennaio 2012, chiamato dalla dirigenza al posto di Antoine Kombouarè. La stagione successiva conquistò il titolo (il terzo del Psg), con 12 punti sul Marsiglia.

 

Paris Saint German-Napoli sarà diretta dall’arbitro tedesco

Felix Zwayer.
Assistenti: Schiffner – Achmüller

IV Uomo: Beitinger

Arbitri di linea: Stieler – Stegemann.
Zwayer ha un precedente con gli azzurri in Champions:

Shakhtar Donetsk-Napoli 2-1 del 13 settembre 2017.

I convocati per Parigi: Ospina, Karnezis, Meret, Albiol, Maksimovic, Koulibaly, Malcuit, Mario Rui, Hysaj, Ghoulam, Fabian Ruiz, Rog, Allan, Diawara, Zielinski, Hamsik, Mertens, Callejon, Milik, Insigne

Insigne parte con la squadra: vuole esserci
 Insigne c’è e lotta (simbolicamente) insieme a loro, sfidando l’affaticamento, sorridendo appagato perché il corpo risponde e lancia segnali sempre più incoraggianti. Parigi val bene una mossa, anche psicologicamente terapeutica, e Carlo Ancelotti nell’occasione se ne concede addirittura due: venti convocati, restano a casa Ounas, Verdi, Luperto, Chiriches e Younes.
In quanto a Verdi, la scelta è dettata dagli esami che hanno confermato le preoccupazioni della vigilia: distrazione muscolare di primo grado, dovrà quindi stare tre settimane circa a riposo.
Diverso per Meret e Ghoulam che sono stati costretti a fare la valigia e a salire sull’aereo, per respirare ancora l’aria salubre d’una partita, per catapultarsi immediatamente, anche se dalla tribuna, in clima Champions, per sentire l’autostima schizzare verso l’alto, dopo mesi di sofferenza.

Il presidente “annuncia” un super attaccante, punta lo scudetto e si coccola Carletto

Quando ballano taccuini dinnanzi, e i microfoni sono aperti proprio sotto al naso di Aurelio De Laurentiis, c’è sempre qualcosa da scrivere e da registrare: e la fenomenologia di un momento, in cui vi ritrovate il calcio pure sui maccheroni, perché dentro c’è ogni dettaglio e magari anche cinquanta sfumature d’azzurro. Quando c’è un pallone apparentemente vuoto, tranquilli, si trova poi sempre il modo di riempirlo di storie (Cavani, per cominciare, che sta proprio qua vicino, lo senti, lo vedi lo tocchi perché Psg-Napoli sta per cominciare), di uomini (Ancelotti, per gradire), di scorie che sono rimaste dentro (Sarri, of course), di argomenti (lo stadio San Paolo, per gradire), di sogno (si chiama scudetto: ma lo dicano gli altri) o di messaggi subliminali (un bomber da trenta reti). Perché il calcio ha bisogno sempre di nuove sceneggiature.

iO E LO SCUDETTO. E che, non se ne parla, proprio adesso che i punti sono diventati quattro, dunque che c’è vita su questa terra? Avanti, ma con giudizio, evitando possibilmente di citarlo: non è vero, ma De Laurentiis ci crede alla scaramanzia. «Nel calcio tutto è possibile, basta qualche altro passo falso della Juventus e siamo lì. Il Napoli ha iniziato un nuovo corso, sono abituato a parlare di trienni, e stavolta, utilizzando l’intero parco-giocatori, andrà meglio, bene. Certo, in Champions siamo costretti a fare i conti con un girone infernale: ma speriamo di avere la forza, la capacità e la fortuna che servono per andare avanti».

IO E CAVANI. Leggete con attenzione, c’è il mercato, Piatek ma mica solo lui in quel passaggio sui bomber da trenta gol; e magari c’è anche Milik oppure Mertens, però c’è una traccia da seguire. «Ci abbracceremo calorosamente. Cavani fu una mia intuizione dell’epoca: lo strappai al Palermo e qui da noi da seconda punta divenne centravanti. E’ divertente scoprire come con il Napoli, da Edi in poi, tutti gli attaccanti centrali abbiano segnato oltre trenta reti a stagione. E adesso stiamo vedendo chi li può sostituire: sicuramente qualcuno lo farà…».

IO E ANCELOTTI. Amore a prima vista: si dice così. Con carinerie e anche una difesa etica di un allenatore che l’ha placato, seducendolo. «L’ho voluto in maniera assoluta e, al suo arrivo, qualcuno ha usato frasi un po’ scontate e anche un po’ maleducate. Si era detto che fosse qui per la pensione e invece sta semplicemente confermando di essere quel grande tecnico che ha vinto ovunque. Tra noi c’è stata subito empatia e ora sta esprimendo un calcio secondo coscienza e conoscenza».

IO E IL SAN PAOLO. E’ un tormento, per chiunque, e sta lì, riemerge prepotente nelle sue forme grigie, una carcassa che inquieta. «Ci metteremo ancora seduti intorno a un tavolo per parlarne: le pretese di qualcuno, però, non sono idonee con l’impianto. Per gli ultimi due anni mi hanno chiesto un milione e novecentomila euro: allora vado a giocare all’Olimpico, visto che il Coni due anni fa ritenne congrua una richiesta di 550mila euro per uno stadio che non è certo nelle condizioni del nostro. Va alzato uno scudo a protezione del club e quindi dei tifosi, altrimenti se butto via soldi, devo privarmi di altro. Quanto al rapporto con la gente, a volte si confonde l’umore collettivo della città con quello di alcune frange. Napoli è una città che adoro».

IO SENZA SARRI. Ciak, si gira pagina: e il passato, ormai, non torna, semmai resta lì, come un’ombra, come un lamento dolente della coscienza. «Non guardo più le sue partite: è un grande allenatore, gli auguro di fare la sua strada in Inghilterra, ha detto quello che poteva al Napoli ma, peccato, con lui non abbiamo vinto nulla. Nella vita, guardate, c’è chi gioca per sé e chi per la funzione per la quale è stato ingaggiato. Credo di aver detto tutto». Tutto ciò che si può…

fonte:corrieredellosport

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