De Laurentiis,col fatturato della Juventus vincevo dieci scudetti

20 novembre 2018 | 07:17
Share0
De Laurentiis,col fatturato della Juventus vincevo dieci scudetti
De Laurentiis,col fatturato della Juventus vincevo dieci scudetti
De Laurentiis,col fatturato della Juventus vincevo dieci scudetti
De Laurentiis,col fatturato della Juventus vincevo dieci scudetti
De Laurentiis,col fatturato della Juventus vincevo dieci scudetti

Il presidente del Napoli rilancia la sfida ai bianconeri anche sulla gestione della società

Gli obiettivi Realizzare un San Paolo “moderno” con attività che portino profitti al club: per non dimenticare che è stato il palcoscenico di Maradona


Eccolo lì, è riemerso, ma da un bel po’: non c’erano più tracce, s’era disperso, fallito dissero un bel giorno dell’estate del 2004, e fu come decretarne (è brutto sentirselo dire, leggerlo) la morte calcistica, sportiva. Tirarono fuori le uova, a Castel Capuano, dinnanzi al Tribunale e le lanciarono addosso a Franco Carraro: se ne sono andati via quattordici anni (appena), c’è un vago ricordo in chi visse quel tormento esistenziale e le ultime generazioni neanche lo sanno, loro non c’erano. «Ma ora Napoli è un grande attrattore, in qualsiasi posto io sia non fanno che parlarmene, soprattutto all’estero: siamo i diciannovesimi al mondo e non abbiamo un euro di debito con le banche. Siamo un modello virtuoso, noi». E il centro di un macrouniverso che raccoglie decine di milioni di fans, c’è una little Italy in qualsiasi spicchio di questa terra e dentro c’è tanta di quella Napoli che Aurelio De Laurentiis se la può godere ciclicamente: «Ovunque io vada». Da Los Angeles a Piazza dei Martiri, dalle colline di Hollywood ad un convegno sui percorsi di salute – l’Andro day – dove il pallone sale in cattedra, perché questo è il benessere d’una città che ne resta sistematicamente sedotta: un dribbling (dialettico) e vai, alla scoperta di nuovi trionfi o di antiche provocazioni. «Forse non riusciremo a battere la Juventus, ma chi sa, e comunque con quel fatturato che hanno loro, dieci scudetti li avrei vinti anche io». Potete lasciare anche il calcio in soffitta per due settimane, tanto è sempre lì che si torna, in questo epicentro che Aurelio De Laurentiis disegna intorno a se stesso, adesso, e che nasce dal cuore di una città amabilmente persa intorno al Napoli e proiettata in un sogno che resta appeso alle pareti dell’anima: «E comunque, noi ci siamo andati vicini, a battere la Juventus».

COMPRO. C’è poco da fare, non esiste sosta che anestetizzi, né convegno medico che distragga: qui la medicina, la cura (pure preventiva) è il calcio e De Laurentiis, che pure rispettosamente ne farebbe a meno di tuffarsi in mezzo al campo, ma che sa stare al gioco, quando sta sul palco dei relatori evita i tunnel degli interlocutori giocando d’anticipo, però lanciandosi in una veronica che produce l’effetto inseguito: «Chiedete pure ciò che volete, tranne che del mercato: qualcosa compreremo, ma non vi dirò chi…. E comunque penso anche che investirò in un club inglese». Mica ci si può negare un tuffo nella patria del calcio, quella è una vecchia passione, che è rimasta incollata nella memoria e che ogni tanto riemerge. Però intanto c’è dell’altro, perché poi è Napoli che gli strappa le riflessioni, dalle più audaci alle più moderate, dalle più intriganti alle più emozionanti, dalle più tormentate a quelle più invitanti. «Il San Paolo è un grosso problema, perché il Comune, negli anni, non è mai andato oltre il galleggiamento. Io ci metterei due secondi a comprare un terreno e diciotto mesi a costruire uno stadio moderno: ma questo è stato il teatro di Maradona, l’unica parte più importante della Storia del Napoli, e io non voglio dimenticare». Non si cancellano, né si buttano giù, i simboli di una memoria che appartiene a quella Napoli che ora sta lì e calcisticamente brilla, in attesa di attrezzarsi almeno un salotto buono per le notti scintillanti d’Europa. «La Regione è molto attiva, ho pregato il Governatore di spendere 15 milioni per cambiare i seggiolini ma non vorrei che mi facessero il brutto scherzo di cambiarli mentre stiamo giocando. Speriamo di andare molto avanti in Champions. Quando vado al parco dei Principi scopro che loro pagano 1 milione all’anno per il fitto dello stadio e ne fatturano 100 milioni: noi non superiamo i 17-18 milioni, perché al San Paolo non si possono realizzare attività. Ma qui ha giocato Diego…». E innamorati son….

fonte:corrieredellosport