Ilicic, «ho temuto di morire»  Lo sloveno ricorda i momenti difficili della sua malattia

2 novembre 2018 | 06:49
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Ilicic, «ho temuto di morire»  Lo sloveno ricorda i momenti difficili della sua malattia

Josip Ilicic,  30 anni, calcia con  il destro  nella foto grande. A sinistra mentre si allena ai tempi di Palermo e durante un’esultanza con Gasperini (60) e i compagni all’Atalanta. In basso mentre riceve indicazioni da Paulo Sousa (48) alla Fiorentina. A destra con la fascia di capitano in una sfida della nazionale slovena.  ANSA, getty

41 Presenzein Europa per lui: 10 nei preliminari di Europa League tra Interblock Lubiana, Maribor e Palermo; le restanti con Fiorentina e Atalanta in Europa League
63 Golsegnati da Ilicic in Serie A nelle 241 partite giocate dal 2010 a oggi: 20 le reti siglate nei 3 anni al Palermo, 29 nei 4 alla Fiorentina, 14 con l’Atalanta
la carriera
Nel 2010 arriva in Italia grazie al Palermo
Josip Ilicic è nato a Prijedor (Bosnia) il 29 gennaio 1988. È di orgini croate ma è cresciuto in Slovenia. Il suo arrivo in Italia avviene nell’estate del 2010 dopo che con la maglia del Maribor aveva eliminato la sua futura squadra, il Palermo, dai preliminari di Europa League. Prima aveva vestito le maglie del Bonifika Koper e dell’Interblock Lubiana (con cui vince una coppa di Slovenia). In Sicilia rimane per tre stagioni (in cui mette a segno 25 gol in 107 partite), prima di trasferirsi alla Fiorentina. In viola gioca quattro campionati e in totale colleziona 138 presenze, mettendo a segno 37 reti. Nel 2015 è forte l’interessamento del Bologna per lui (sia a gennaio che in estate), ma il neotecnico Paulo Sousa blocca la sua cessione: lui lo ripaga risultando il capocannoniere della squadra viola in campionato con 13 gol. Nel 2017 sbarca a Bergamo, dove ritrova Gian Piero Gasperini che aveva avuto a Palermo nella stagione 2012/13. Con la maglia dell’Atalanta lo scorso anno ha siglato 11 reti in campionato e 4 in Europa League. Con la nazionale slovena ha esordito l’11 agosto 2010 in un’amichevole contro l’Australia a Lubiana. Le gare giocate sin qui sono 54 e i gol segnati 5.

In un intervista al corriere deIlo sport  calciatore dell’Atalanta si racconta  dopo aver superato un grave problema di salute

«ho temuto di morire»
Lo sloveno ricorda i momenti difficili della sua malattia: «La tragedia di Astori mi ha fatto soffrire: avevo paura di addormentarmi e che mi succedesse qualcosa di simile»

Il momento più toccante è stato verso la fine dell’intervista e vale la pena di iniziare da lì per poi riavvolgere il nastro e raccontare il resto. Nella sala stampa del centro sportivo Bortolotti di Zingonia, Josip Ilicic aveva già parlato dell’infezione batterica ai linfonodi del collo e di quanto la scorsa estate aveva temuto di non poter più giocare a calcio, ma quando il discorso è scivolato sul Bologna, sulla “passione” che Corvino ha per lui e sul desiderio che il ds aveva di strapparlo nel gennaio 2015 alla Fiorentina, il nome di Davide Astori che lo sloveno aveva avuto come compagno in viola ha cambiato il tono della conversazione. Per qualche secondo lo sguardo di ghiaccio nel numero 72 nerazzurro si è rotto dando la sensazione che gli occhi stessero diventando umidi. «Quello che è successo a Davide mi ha fatto passare dei momenti difficili e ho sofferto per tanti giorni. È stata una tragedia terribile che non mi permetteva di dormire. E quando sono stato male io, ho avuto paura che mi potesse succedere qualcosa di simile. Pensavo: “E se domani mattina non mi sveglio? Come farò a non vedere più la mia famiglia?”. C’è stato un periodo in cui avevo paura di andare a letto e addormentarmi. Il calcio non è tutto nella vita, l’ho capito sulla mia pelle».

Adesso è una persona diversa?
«Diciamo che guardo le cose in maniera diversa, vivo ogni minuto e ogni secondo che ho a disposizione con la mia famiglia. Per me conta stare con le mie due bimbe, con mia moglie e con mia mamma perché la vita è breve e bisogna godersi le persone alle quali vuoi bene. Faccio il mio lavoro qui al campo, ma poi torno subito a casa e voglio sempre i miei cari accanto a me».

Fisicamente come sta?
«Sono molto stanco (sorride perché ha appena finito l’allenamento, ndr). Sto bene, sto bene e questa è la cosa più importante. Mi mancava star bene».

Se ora ripensa al periodo della malattia, qual è la prima cosa che le viene in mente?
«Che è stato un episodio molto grave dal quale però sono uscito vincitore. Mi ha permesso di capire che nella vita l’unica cosa che conta è star bene. Raccontare quello che è successo, e che per fortuna adesso è alle spalle, non è facile: è stato qualcosa di brutto per me e la mia famiglia».

Ha pensato anche di lasciare il calcio o ha temuto che non avrebbe più potuto giocare?
«Ci sono stati tanti momenti in cui non ce la facevo più perché la malattia non spariva mai. Più passata il tempo e più peggiorava. È stato allora che ho smesso di pensare al mio lavoro e di guardare le partite di calcio in tv. Avevo un chiodo fisso in testa: salvarmi e stare con la mia famiglia. A un certo punto mi sarebbe bastato anche solo poter tornare a camminare e a correre come una persona normale, non come un giocatore. E invece piano piano ne sono uscito del tutto».

Temeva che sarebbe potuta finire diversamente?
«Ci sono state persone che hanno avuto il mio stesso problema e sono finite in coma. A me l’infezione è rimasta circoscritta ai linfonodi del collo, mentre a loro si è diffusa in altre parti del corpo. Se penso a loro…».

Quando ha capito di essere guarito?
«Quando mi è tornata la voglia di riprendere a giocare. Mi sentivo meglio e avevo il desiderio di tornare alla normalità, a correre dietro un pallone. Per anni quella è stata la mia priorità, mentre adesso…».

Quanto giocherà ancora?
«Fino a 50 anni o comunque finché ce la farò».

Gasperini pochi giorni fa ha detto: «Ilicic è tornato più forte di prima». D’accordo?
«Sono più forte di testa e in effetti è lì dentro che è cambiato qualcosa. Quando nella vita ti accadono cose gravi, inizi a pensare in modo diverso. Prima mi arrabbiavo per stupidaggini, mentre ora ho imparato ad apprezzare le cose belle, a vivere ogni giorno come il migliore della vita».

Ha rivisto i medici dell’ospedale che l’hanno curata?
«Sì e li ho ringraziati. C’erano persone in quelle settimane che lavoravano solo per me, che ci tenevano tanto a farmi guarire. È stato bello capire che dottori e infermieri davano più di quello che potevano per risolvere i miei problemi di salute».

Quando ha ripreso ad allenarsi è stata dura?
«Molto dura perché non sono ripartito da zero, ma da sotto zero. E per arrivare a zero è stata molto lunga… Per fare certe cose dovevo sforzarmi e il mio corpo doveva riabituarsi a tutto. È stato un periodo molto lungo, nel quale mi sentivo a pezzi tutti i giorni. E spesso facevo… doppio allenamento perché quando uscivo da qui, a casa avevo due bimbe che mi aspettavano per giocare ancora. Scherzi a parte, tutto questo mi era mancato».

A che percentuale di forma è adesso?

«Quando sto bene, non dico mai che sono al massimo perché voglio andare oltre. Devo migliorare sempre».

L’Atalanta invece quando deve migliorare per tornare in Europa per la terza stagione di fila?
«Noi dobbiamo pensare al Bologna, non al resto. Il campionato è molto difficile e non ci sono partite alla portata. È inutile adesso sognare l’Europa League perché mancano 28 giornate da giocare. Dobbiamo concentrarci su una partita alla volta».

Che avversaria sarà il Bologna?
«Tosta. Ho visto l’ultimo loro match contro il Sassuolo e mi hanno fatto un’ottima impressione: nei primi 20’ sono partiti fortissimo e gli avversari non erano in grado di uscire dalla loro metà campo. Più o meno il Bologna ha la nostra mentalità: pressa alto, va forte e non molla mai».

Voi però state bene e con due vittorie di fila vi siete rilanciati in classifica dopo una brutta partenza.
«In Serie A è sempre dura. Prendete la nostra gara contro il Parma: tutto è sembrato facile solo perché siamo riusciti a passare in vantaggio, loro sono stati costretti a scoprirsi e noi abbiamo sfruttato gli spazi».

Nel Bologna avrebbe potuto giocare nel gennaio 2015: Corvino era disposto a fare follie per portarla sotto le due Torri in Serie B, ma lei rifiutò.
«Se avesse fatto delle follie non sarei rimasto a Firenze (ride, ndr)… Mi ricordo che al Bologna c’era Delio Rossi e anche lui mi voleva a Bologna. Alla fine non se ne fece niente. Il mio trasferimento in rossoblù tornò d’attualità anche l’estate successiva, ma a quel punto fu Sousa, che era appena arrivato, a mettere il veto alla mia partenza».

Sente più Sousa?
«Ci siamo scambiati qualche telefonata e so che è in Cina (al Tianjin Quanjian, ndr). Se vado lì, magari ci vedremo più spesso».

Ora invece lei lavora con Gasperini. Com’è il vostro rapporto?
«Buono. Ci conosciamo da anni e ho avuto la fortuna di lavorare con lui sia quando era più giovane (nel 2013 per poche settimane al Palermo, ndr) sia ora che è più esperto. Si è confermato tra i migliori allenatori d’Italia».

Pensa già a come sarà il faccia a faccia con Cristiano Ronaldo del 26 dicembre?
«Sinceramente no perché non mi concentro sugli altri giocatori. Il portoghese è un campione che ha dato tanto con il suo arrivo al calcio italiano, ma io preferiscopensare all’Atalanta e alla nostra classifica».
Come sarebbe potuta cambiare la sua carriera se la scorsa estate fosse andato all’Inter?
«Sono in Italia da 9 anni e ogni sessione di mercato si parla del mio passaggio a una grande squadra. Io sono contento qua e faccio di tutto con Atalanta per vincere. Restare fino al 2021 per giocare nel nuovo stadio? Mi piacerebbe».

A fine stagione Ilicic sarà contento se…
«Sarò stato bene di salute. Per me conta quello».

fonte:corrieredellosport