La citta’ di Napoli freme Ancelotti lancia un chiaro messaggio al popolo azzurro -scudetto possibile ma con rinforzi a Gennaio
Carlo Ancelotti, 59 anni, ha vinto uno scudetto nel 2003-04 mosca
Servono rinforzi per gennaio e De Laurentiis sembra voler accontentare Ancelotti.Cavani-Napoli, affare possibile ma il PSG vuole che sia il Matador a chiedere la cessione, il Napoli tratta Todibo, alcuni azzurri potrebbero partire a gennaio
Dibattito a cielo aperto in città sullo scudetto che non deve essere un’utopia ma un sogno come ha detto il leader calmo in tuta rossa davanti a Diletta Leotta, utopia bionda di Catania in pantaloni neri e giacca rosa poco shocking. Scartate utopia, utopia per piccina che tu sia e no, non è l’utopia, ma è la passione mia, il dibattito ha incluso il sogno dello scudetto tra i problemi di una città dove faticamm a faticà e camminamm a pere per mancanza di autobus.
Gli juventini non sognano lo scudetto. Lo vincono. Ma il leader calmo dice che bisogna sognare, e il leader calmo è uomo d’onore direbbe Antonio. Ma, venendo a Napoli, il leader calmo s’he miso dint’a lluocchie ‘o mare e ha miso ‘npietto a nuje ‘nu dispiacere. A noi sognatori dice di sognare. A noi? Come dubitare dell’acquaiolo, acquaiuò l’acqua è fresca?
Per storia, cronaca, giudizio universale e reprimende quotidiane siamo una città di sognatori, aspiranti ricchi pescatori restando poveri marinai. E’ così da quando partivano i bastimenti per terre assai lontane. E il leader calmo dice a noi che dobbiamo sognare? Sogniamo da duemila anni.
Intanto, la città si spacca tra sognatori sognanti e utopici utopisti. Davanti ai lavori della metropolitana che non finiscono mai, alla differenziata che non quaglia, al traffico che non si sbroglia, alle strade eternamente bucate, allo stress e all’inquinamento vincono gli utopici (niente voglio e niente spero) che però sono in minoranza sullo scudetto. Perché sullo scudetto, in mancanza di altro, siamo sognatori. Oggi, in modo diverso.
C’è una differenza col passato quando il sogno del pallone era passione, rivalsa, ammuina e strangolapreti, quando era Diego e niente più. Oggi, se il leader è calmo, siamo calmi pure noi. In qualche modo, lo scudetto non è più neanche un sogno. E’ l’obiettivo di una conduzione saggia, di una crescita costante, di un presidente diligente, di un allenatore vincente, di una squadra di belli guaglione e di un tranquillo pallone. Nun è frennesia (che smania ‘e muzzecà). Non è disordine di cuore. Non è jamme guagliò, vuttamme ‘e mmane. E’ un’attesa fiduciosa. E’ la terra dove arriveremo, il suolo dell’avvenire.
Abbiamo sognato con Sarri e il bel gioco durato poco, quella sì una fantasia, un sogno napoletano, un’eco delle canzoni d’ammore, aràpete fenesta e famme affaccià a Maria, l’eterno struggimento, la grande bellezza e nessun pesce nella rezza. Il nostro modo di vivere. Stupire e non colpire. Chiedere senza ottenere. La passione per gli amori difficili. Vagheggiare, dormire, forse sognare. Ma perché nun me dà pace stu desiderio ‘e te. Quest’ansia di conquiste inarrivabili e perciò più sentite, patite, vissute, più vere.
Napoli oggi è diversa, passati gli antichi furori. Una città che ha imparato a guardare il mondo con disincanto e il pallone con diverso incanto. Poiché il Vesuvio non ci laverà col fuoco, come invocano tribù incendiarie che di Napoli non hanno capito niente, diamo tempo al tempo. Nello stupore generale, stiamo programmando col pallone. Senza esagerare, senza urlare. Non sembra più Napoli, nel calcio. Fenesta vascia e padrona crudele. Difficoltà eterne. Ma non suspirammo cchiù, nun smaniammo, nun ci accapigliammo più. Calmi con un leader calmo.
Poi, certo, c’è sempre la Juve, il budget, il gadget, il target, e ci sono i cinesi di Milano e gli americani di Roma, e pecché ndrìnghete ndrà ‘mmiez’o mare nu scoglio nce sta. E lo scudetto non sarà utopia, no, non è un’utopia, ma è la passione mia.
fonte:corrieredellosport