Napoli. La madre della ballerina: “Mia figlia è stata uccisa volontariamente”
Quella che vi raccontiamo è una storia alquanto triste che riguarda una madre che ha perso la propria figlia e che non si sta dannando l’anima soltanto per questo ma anche per non essere riuscita a farle avere la giustizia che meritava. Tra il 7 e l’8 settembre del 2017 Giuseppe Varriale travolse con l’auto la 24enne. La condanna, secondo la madre della povera ragazza, non sarebbe giusta in quanto il reato è stato ingiustamente cambiato, da parte del Tribunale di Napoli, da omicidio volontario a omicidio stradale. Riportiamo l’intervista presa integralmente da IlMattino.it ed anche una foto presa dallo stesso giornale, allo scopo di non alterarne i contenuti.
Cosa ha provato dopo la lettura della sentenza?
«Rabbia, tanta rabbia e delusione. È come se avessero ucciso mia figlia per la seconda volta. Siamo sconvolti, sotto choc, ma non ci arrenderemo. Ho già parlato con i miei legali, gli avvocati Caserta e Gentile. Andremo in appello e anche in Cassazione. Sono convinta che la pubblica accusa impugnerà la sentenza, da tutti ritenuti ingiusta».
Mai avuto un dubbio sulla colpevolezza di Giuseppe? È sempre convinta che si sia trattato di un omicidio volontario?
«Non ho dubbi: l’ex fidanzato di mia figlia ha agito con dolo, consapevole di ciò che stava facendo. Anche la dinamica dell’incidente, al di là di quello che sostengono i suoi avvocati, è chiarissima. Come si fa a parlare di omicidio stradale? È successo in un parco, in uno spazio ristretto. Poche decine di metri in tutto. Giuseppe ha investito Alessandra, forse in retromarcia. L’impatto è stato tremendo. La mia povera Alessandra aveva il cranio spappolato, costole fratturate e lesioni allo sterno. La persona che ha ucciso mia figlia guidava un’auto di grossa cilindrata, una Range Rover: su quella macchina ci sono sistemi per segnalare la presenza dei pedoni, come ha fatto a non fermarsi in tempo?».
Sono giorni difficili per lei. Cosa le dà la forza per andare avanti?
«Non dormo da due giorni. Mi tiene compagnia un’amica, che non mi lascia mai sola. Da quando è morta Alessandra prendo psicofarmaci e seguo un percorso di terapia psicologica. Non è facile: perdere una figlia, e in circostanze così drammatiche, ti fa entrare in una realtà completamente diversa. Non si vive più, si sopravvive. Però non ho intenzione di mollare. Credo ancora nella giustizia terrena, ma soprattutto in quella divina. Niente riporterà in vita mia figlia, ma sono convinta che, presto o tardi, arriverà il giorno in cui Giuseppe Varriale sconterà la pena che merita».
Chi era Alessandra?
«C’era profonda sintonia tra noi. Mia figlia era una ragazza piena di vita, pronta a regalare un sorriso a chiunque. Era speciale, generosa con il prossimo, impegnata nel volontariato. Si dava da fare per i bambini ricoverati nel reparto di oncologia pediatrica di un ospedale. Tutti la adoravano. Ricordo quando andavo a scuola e i professori, prima di riferirmi sul suo rendimento scolastico, si complimentavano per quanto fosse educata. A mia figlia da piccola raccontavo le favole e insieme guardavamo i cartoni della Disney. Per lei, purtroppo, non c’è stato un lieto fine».