Nazionale piu’ forte -Verratti: Lo spareggio con la Svezia è stato uno dei momenti più brutti di tutta la mia vita
Berardi, Politano, Verratti e Insigne ascoltano il ct Mancini lapresse
27 Gare in azzurro Il 12 maggio 2012, Marco Verratti viene convocato per la prima volta con la nazionale maggiore, da parte dell’allora ct Cesare Prandelli, anche se poi non parteciperà all’Europeo di quell’anno. L’esordio ufficiale avviene il 15 agosto, a 19 anni, entrando nel secondo tempo dell’amichevole Italia-Inghilterra (1-2), prima ancora di aver esordito in Serie A. Per lui un solo gol azzurro
Verratti: Lo spareggio con la Svezia è stato uno dei momenti più brutti di tutta la mia vita ma ora pensiamo solo a vincere il girone, io ci credo Buffon? Le porte della Nazionale sono aperte. Ancelotti? Ha ragione
Gli correvano via le parole molto più velocemente dei palloni che amministra in campo. Marco Veratti ieri non ha scansato niente, compreso rispondere della sua ultima “verrattata” francese, un eccesso di tasso alcolico che ha fatto rumore a Parigi («È stata una settimana difficile, ho fatto una cazzata. Ho chiesto subito scusa alla squadra e alla società»). Solo sulla ferita apertasi esattamente un anno fa il pescarese non ha voluto buttare il suo sale. A San Siro, contro la Svezia lui non c’era. Ma non per scelta tecnica, come nel caso di Insigne, piuttosto per squalifica, dovuto a un giallo colpevole rimediato all’andata. «Quella è stata una sera durissima, una delle più brutte della mia vita. Perdere un Mondiale che si gioca ogni 4 anni fa male. Credo che la Nazionale sia guarita. Dobbiamo ritrovare gli italiani che abbiamo deluso e farli divertire insieme a noi, come sta accadendo. Ventura? Non so che cosa sia successo al Chievo. È stato un anno difficile per tutti, non è bello dare responsabilità solo a lui. Lo spareggio con la Svezia è un grandissimo rimianto: ho una mia idea su quello che è successo, ma non mi va di parlarne».
RIPARTENZA. Molto meglio ragionare sul nuovo corso azzurro, anche sul piano tattico. «Mi trovo molto bene con Jorginho, così come nel Psg quando c’era Thiago Motta. Mi piace tenere molto il pallone e come Mancini vede il calcio: io lo vedo come lui. Sentiamo la sua fiducia e la soddisfazione della gente. Il primo posto nel girone della Nations League è ancora possibile. Dobbiamo giocare nello stesso modo in cui abbiamo giocato in Polonia, senza cambiare».
STESSA STORIA. Non cambia invece il suo destino, sempre in bilico tra celebrazione e critica: «Ogni volta è la stessa storia. Se faccio una partita buona, sono il leader. Se ne faccio una meno buona, non sono all’altezza». Veramente gli ultimi problemi gli sono arrivati in Francia: «Ma non sono stufo di Parigi. Da sette anni non ho mai avuto problemi con nessun allenatore: vuol dire che c’è fiducia in me. Da quando è andato via Ibra, forse sono stato messo di più nel mirino. Ma questo significa anche che sono un giocatore importante».
VIVA GIGI. Importantissimo, per Verratti, è invece Buffon: «Gigi è felice di aver scelto Parigi. Si allena con l’entusiasmo di un bambino e lo trasmette a tutti. Credo che per lui le porte della Nazionale dovrebbero essere sempre aperte».
DA CHAMPIONS. D’importante ovviamente c’è l’avventura in Champions, condivisa col Napoli del suo amico Insigne, con Liverpool e Stella Rossa, tutte ancora in corsa: «Il nostro è un girone emozionante e difficile. E chi uscirà vincente da questo gruppo avrà più fiducia in sé stesso per il resto del torneo. Contro il Liverpool per noi sarà come una finale. Per la coppa le favorite sono Real, Barça, Bayern e Juve».
VIVA ANCELOTTI. Verratti si è anche schierato con Ancelotti nella sua battaglia contro la violenza verbale negli stadi: «Ha ragione. Se non si fa qualcosa di eclatante, non cambieremo mai. E faremo crescere i bambini con l’idea sbagliata che se vinci sei bravo e se perdi sei uno stupido. Non va bene. In Francia non è così, a parte Psg-Om…».
Un pezzo d’Italia all’estero
Prima Piccini e Giovinco. Ora Grifo. Mancini c’ha preso gusto. Gli ‘italiani all’estero’ cominciano a far parte della nuova Nazionale azzurra. Ad incuriosire, coloro i quali, per alcuni, sono dei perfetti sconosciuti. Protagonisti in campionati minori, ma anche nelle cinque maggiori leghe europee, oggi hanno finalmente un alleato: Roberto Mancini. E allora chi sono ‘gli altri Grifo’ nel mondo?
GIOIELLI IN DIFESA. Luca Caldirola e Giulio Donati sono diventati presto degli autentici ‘big’ della Bundesliga. Il primo, 27 anni, ha trovato la sua fortuna in Germania. Decisive le buone prestazioni nell’Europeo Under 21 del 2013 che convinsero il Werder Brema ad acquistarlo. Stesso destino per il secondo, 26 anni, finito al Bayer Leverkusen (oggi al Magonza) nello stesso anno. Con le loro cessioni in Bundesliga l’Inter (proprietaria del cartellino) si ‘sbarazzò’ dei due difensori per soli 6 milioni di euro.
CENTROCAMPO E ATTACCO. C’è poi Cristian Battocchio. Classe 1992, nato a Rosario (in Argentina) da una famiglia di origini italiane. Oggi è finito al Maccabi Tel Aviv. Trequartista, Antonio Conte nel 2015 lo indicò come uno dei pochi in grado di saltare l’uomo. E che dire di Daniel Caligiuri, nato a Villingen-Schwenningen, in Germania. Centrocampista, conta ben 180 presenze, 31 gol e 41 assist in Bundesliga, ma la maglia azzurra l’ha solo potuta sognare. Nel 2015 entrò nella lista dei pre-convocati di Conte per le sfide contro Croazia e Portogallo. Poi nulla più. E i gol? Chiedere a Samuele Longo: 26 reti in due stagioni in Spagna tra Girona e Tenerife.
SARANNO FAMOSI. Non solo Zaniolo e Tonali. Dall’estero, ben presto, l’Italia potrebbe anche conoscere Giuseppe Iglio. Campano di Atripalda (in provincia di Avellino), classe 2001, ha lasciato il Milan nell’agosto del 2017 scegliendo il Monaco. Centrocampista aggressivo, paragonato a Gattuso per grinta e carattere, ha vestito già l’azzurro dell’Under 15-16-17. Nell’estate di un anno fa, fu conteso da Lipsia, Schalke 04 e Bayer Leverkusen, prima di accasarsi al club monegasco. Ennesimo talento di un calcio, quello nostrano, che ha tanto bisogno di ripartire dall’entusiasmo dei giovani per far riavvicinare ancora l’Italia intera alla maglia azzurra.
GLI STRANIERI. I preconvocati “stranieri” di questa ultima chiamata agonistica per il 2018 sono stati quindici. Con Grifo sono arrivati a Coverciano Emerson Palmieri, Jorginho e Verratti, mentre i baby Verde (U21), Scamacca, Tripaldelli e Ercolani (U20) hanno continuato il proprio percorso di crescita tra estero e azzurro.
Erano stati preallertati da Mancini anche Balotelli, Barreca, Darmian, Gabbiadini, Petretta, Piccini e Zappacosta. Niente “letterina” per Buffon, per rispetto (un mito così lo preconvochi solo se sei certo di chiamarlo). Tra questi il più vicino a essere richiamato è stato Piccini, dopo l’esordio positivo in Polonia, bloccato da un infortunato.
l’enigma. Resta aperto l’enigma Balotelli mentre potrebbe sperare in un recupero azzurro Gabbiadini (a segno nell’ultimo turno col Southampton), magari grazie a un ritorno nel nostro campionato (Bologna, Samp, Fiorentina e Milan destinazioni possibili attraverso il lavoro dei suoi manager Pagliari e Minieri).
FELICITà. Intanto si gode l’attimo, Vincenzo Grifo, classe 1993: «Tre anni fa a Friburgo sono andato benissimo (14 gol e 15 assist, ndi) e speravo in una chiamata, che è arrivata adesso. Un sogno autentico. La verità è che mi sento italiano, l’ho sempre detto anche in Germania, anche se sono nato lì. Ma a casa si mangia italiano, si vive italiano, si parla italiano. Siamo una famiglia italiana che vive vicino a Stoccarda. A 5 anni ho avuto in regalo una maglia azzurra da mamma e papà. Nel 2006 abbiamo festeggiato a Pforzheim fino alla mattina. Per noi italiani di Germania è stato bellissimo vincere quel mondiale. Ed è stato un casino quando siamo stati eliminati l’anno scorso. Giocare in Italia? Mai dire mai. Con l’Hoffenheim adesso gioco la Champions, vediamo. È bello questo “mischio” italo-tedesco».