Benevento presto saremo in Serie A Grandi investimenti una società modello impianti top. E una passione di famiglia
La sciarpata della Curva Sud, cuore del tifo giallorosso Taddeo
vincendo il campionato nel 2015-16 e in A nel 2017-18 vincendo i play off
festeggerà i 90 anni e sogna di farlo tornando subito nella massima serie: nel 2017 ha centrato la promozione in A dopo aver disputato il primo campionato di B della sua storia
terra di santi. Va bene, anche di streghe. Ne vedono fin troppe quando il Benevento perde. E ha appena perso in casa contro il Verona, in maniera balzana dicono qui – a Verona sostengono il contrario, chiaramente – se è balzano prendere gol in fuorigioco e sbagliare un rigore scucchiaiando. Idea senza attenuanti di Massimo Coda, uno degli esperti. Ovvio, solo a un esperto può venire in mente un modo tanto accurato di farsi del male. L’allenatore Cristian Bucchi, che ha una soglia dell’arrabbiatura piuttosto alta, l’ha presa così così: «Una soluzione di tiro plausibile, ma bisogna capire quando è il caso e quando no. In quel momento proprio non lo era».
Santi e tifo. Ora il Benevento è nel limbo della classifica, il Verona gli è saltato sopra, ma insomma questa è terra di santi e di pazienza. Tanta pazienza da non perderla neppure quando i santi nascono qui e poi vanno altrove, San Benedetto a evangelizzare la Polonia, Padre Pio (scusate, San Pio suona proprio male) da Pietrelcina -che sta a un paio di accelerate fuori Benevento – in Puglia, San Gennaro sapete dove, il medico beatificato Giuseppe Moscati ugualmente a Napoli. Non è che a Benevento non conti il risultato, è che sanno aspettare. Fino a un certo punto. Gli abbonati, 8.438 in questa stagione, sono ai vertici della Serie B e i 12-13.000 spettatori a partita anche. Ultimamente sono scesi a 10.000, ma è naturale e resta un bel numero.
Calcio e storia. Qualcuno sostiene che non si separano dal calcio perché troverebbero il vuoto oltre la siepe. Non è del tutto vero e per di più sarebbe un peccato. A Benevento ci sono l’Arco di Traiano e il teatro romano, scavi archeologici e attività culturali, una sezione egizia del museo da andarci e tornarci, una fabbrica celebre di dolci e liquore. L’atmosfera magica sotto le colline e il calcare del Taburno modellato a forma di donna distesa, la Dormiente del Sannio. Della storia delle streghe sotto il noce perduto non v’è certezza: chi la riconduce ai riti della sacerdotesse di Diana, cioè le janare dei racconti, chi alle celebrazioni dei Longobardi tra le mura e la foresta, chi al luogo di ritrovo delle prostitute. Oggi quando la sera, presto a tardi, si affaccia dalla valle e i volti perdono colore capisci che il magico c’entra, e anche il sacro.
Ambizioni. Nel calcio è tutto molto più semplice e rassicurante. Il presidente del club, Oreste Vigorito, ha parlato di piano triennale per il ritorno in Serie A. Poi ha fatto una squadra evidentemente in grado di accorciare i tempi. Non fosse che uno dopo l’altro hanno cominciato a infortunarsi Maggio e Nocerino, Bukata, Antei e così via. Accusa: troppi giocatori anziani in rosa, bravi ma logori. Replica: ma se contro il Verona l’età media era di venticinque anni. Così causa ed effetto si mescolano e si confondono.
Però la pazienza è virtù beneventana. Anche il perfezionismo. Vigorito, nel nome e per conto dell’amatissimo e scomparso fratello maggiore Ciro, ricco com’è grazie ai parchi eolici che l’Ivpc, leader nel settore, costruisce per sé o fornendo tecnologia ad altri (come Invent, lo sponsor della Sampdoria), entusiasta del calcio com’è (tanto da spostarsi regolarmente con la squadra, allontanandosi dalla sua villa di Napoli), ha deciso di rendere il club la cosa più organizzata a est del Pentagono. D’accordo è un’iperbole. Intanto, litigando a tratti con il sindaco Clemente Mastella, ha messo soldi sulle migliorie dello stadio intitolato al fratello, che del Benevento fu amministratore delegato. Zone di ospitalità, uffici prefabbricati, tribune restaurate e ridipinte di giallo e di rosso, tornelli elettronici attraversabili con i biglietti digitali, sin da quando la squadra era in Serie C. Per esempio. Senza nemmeno bisogno di attraversare Piazzale degli Atleti si accede all’antistadio. Era un terreno polveroso, sostituito in seguito da un campo artificiale. Adesso c’è l’erba del centro sportivo intitolato a Carmelo Imbriani, bandiera locale, allenatore, portato via dalla sorte quasi sei anni fa.
Giovani e futuro. Si allenano lì, finalmente, i vecchi e i giovani. Fino allo scorso anno dovevano percorrere venti chilometri andata e ritorno per raggiungere l’impianto di Paduli. Hanno un posto a parte per il vivaio, all’Avellola, sintetico di ultima generazione e il cuore della città lì accanto. Contano circa 450 ragazzi e possiedono anche una scuola esterna nel territorio del nemico, a Napoli: il Caravaggio, con più di 250 tesserati. Così insegnano, imparano e vincono persino. Ne riparleremo. Organizzano ingressi gratis di tifosi disabili allo stadio, al grido promozionale di “Io calcio oltre”. Vanno a portare il pallone, lo sport, qualcosa di simile alla speranza dentro il tessuto sociale dolente. Per questo hanno pazienza. Sanno che funzionerà.
fonte:corrieredellosport