Il gioco d’azzardo dilaga: è allarme dipendenza in Campania L’Asl di Salerno ha in carico 560 pazienti, altri 300 sono seguiti da volontari

1 dicembre 2018 | 08:39
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Il gioco d’azzardo dilaga: è allarme dipendenza in Campania L’Asl di Salerno ha in carico 560 pazienti, altri 300 sono seguiti da volontari

Ludopatie in Campania, nel 2017 l’Asl Salerno ha il maggior numero di cittadini in carico. Sono 560 sui 1.770 dell’intera regione. A questi, ne vanno sommati almeno altri 300 in tutta la provincia, seguiti da organizzazioni del terzo settore. Le cifre emergono dal piano regionale di contrasto al disturbo da gioco d’azzardo. «Nell’ultimo triennio – si legge nel documento redatto dalla direzione generale per la salute della Regione – i cittadini in carico stanno sistematicamente aumentando congiuntamente al fatturato annuo del settore giochi, che nel 2017 ha superato i 100 miliardi di euro, con la Campania che si attesta sul 10%».

Insomma, la crescita vertiginosa delle dipendenze è legata al business dell’azzardo. Un affare spesso inequivocabilmente camorristico. E un sos arriva anche dal convegno promosso martedì scorso a Napoli dall’Arec, l’Associazione ex consiglieri della Regione Campania. «La Campania esprime il più alto indice di partecipazione attiva al gioco d’azzardo, anche per volume d’affari – riflette Corrado Lembo, ex procuratore capo di Salerno-. Se si pensa a quelle che sono le entrate erariali derivanti dal fenomeno, ci rendiamo conto che la regolamentazione del gioco d’azzardo è un problema serio, perché ammontano ad oltre 10 miliardi di euro, una manovra finanziaria. Non so se lo Stato potrebbe rinunciarci a cuor leggero,certo però che dovrebbe farlo e prendere coscienza che questo fenomeno manifesta a tutto tondo l’infiltrazione della criminalità organizzata in una nuova forma d’impresa, in varie forme, soprattutto elettroniche ». Lembo mette il dito nella piaga: «Le pene, riferite al fenomeno specifico, attualmente sono risibili. Non è possibile penetrare in questo mondo, adesempio disponendo intercettazioni, se non attraverso altri canali o occasionali oppure strutturali, che riguardano la criminalità organizzata in quanto tale. Ma ci vogliono giàelementi indiziari per configurare un reato nei confronti di soggetti appartenenti al crimine organizzato, e se non ci sono questi presupposti, allora rimangono i reati collegati all’esercizio abusivo o irregolare del gioco, puniti con pene risibili ».

E sull’escalation fornisce un dato sociologico Giuseppe Caruso, presidente del Forum regionale dei giovani. «Dell’aumento delle ludopatie tra i ragazzi abbiamo parlato in uno dei nostri workshop – spiega –. Alcune vittime ci hanno parlato della loro esperienza, e come motivazione appare prevalente la speranza di migliorare le condizioni di vita, perché non c’è lavoro. Quel po’ che si ha qualcuno pensa di investirlo per la scalata sociale rapida. Il rifugio nella fortuna è emerso da testimonianze di ragazzi dai 16 ai 28 anni, e nelle aree interne si avverte ancora di più il disagio». Un disagio di cui però non c’è grande consapevolezza, nell’opinione pubblica. C’è una sorta di rimozione, di fronte all’evidenza che si tratta di una piaga campana, ed anche salernitana. Un vulnus trascinato dall’oblio della provincia profonda e dimenticata, dove spopolamento e rassegnazio- ne si fanno largo. Ad esempio, l’indagine l’Italia delle slot attesta che, nel 2016, i comuni salernitani dove pro capite si spende di più sono Sicignano Degli Alburni (2815 euro), Sassano (2788 euro) , Sant’Egidio del Monte Albino (2662 euro), Padula (2346), Oliveto Citra (1987), Vallo della Lucania (1885), Mercato San Severino (1848). Nel capoluogo la cifra è di 1660 euro. Nonostante tutto, non mancano i casi virtuosi. I comuni a spesa zero sono quelli dove non ci sono slot machines: Campora, Gioi, Monteforte Cilento, Morigerati, Pertosa, Romagnano alMonte, Salvitelle, Serramezzana, Sessa Cilento, Tortorella, Valle dell’Angelo.

Ma le prassi positive non frenano il trend negativo. «Vogliamo proporre una riflessione su un problema declinabile come “Cancro sociale” del terzo millennio – afferma l’Arec-. L’azzardo è un’industria e un business che invece di creare valore lo consuma desertificando legami sociali, dissipando il risparmio, incrementando l’usura. Provoca e costituisce un enorme problema che miete vittime soprattutto tra i giovani, gli anziani e le fasce sociali più deboli. L’azzardo non è un gioco: è una patologia sociale acuta e pericolosa che genera crescente dipendenza, povertà, sofferenza, una preoccupante questione di salute pubblica, di legalità, di malessere familiare e sociale». Sui rimedi a breve termine, il convegno di Napoli non regala certo illusioni. «È compito dello Stato, delle Istituzioni, degli Enti locali, e delle forze culturali e politiche – viene ricordato – produrre e attivare strumenti legislativi, iniziative e condizioni per arginare un fenomeno che mina nel profondo la società».

Gianmaria Roberti LA CITTA