Qualcuno ha pensato di organizzarci il proprio funerale. Tra mill’anni, per carità. Salvatore Orilia, per esempio. Ha fondato e presiede il Salerno Club 2010 e vuole essere salutato là, sul consunto prato del Donato Vestuti. Intanto ci organizza le feste di fine stagione. «Vengono in dodicimila, poi magari arriva la polizia e dice che è tutto inagibile. Ma a quel punto come fai a mandar via la gente?».
Appartenenza. Pare che a Salerno non sia passata la grande crisi del calcio: le dirette televisive, l’overdose di immagini, lo spread tra le squadre maggiori e il resto del popolo. Oddio, un po’ sì: due fallimenti e rinascite del club nel giro di un lustro pesano sul ricambio generazionale del tifo. «Però Salerno è particolare. La squadra si vive nella quotidianità, fa parte del dialogo tra due che s’incontrano, ci pensi prima di addormentarti», racconta Andrea Criscuolo, che è avvocato e possiede il linguaggio per dirlo. Oltre al simbolo del cavalluccio marino tatuato sul braccio, che lo costringe a indossare la giacca quando entra in tribunale anche con quaranta gradi. «Appartenenza. Da portare sempre con sé, appiccicata e incisa».
centenario.Fai un giro in strada e capisci come qui, città portuale, commerciale, serena e grande, da oltre 130.000 abitanti, abbiano in testa nel mazzo di tutte le questioni importanti anche i cent’anni della squadra, che arriveranno il 19 giugno, e casualmente anche la speranza, in teoria impronunciabile ma in realtà no, della contemporanea promozione. Sarebbe la terza volta in Serie A (più una presenza nella Divisione Nazionale subito dopo la guerra) e sarebbero vent’anni dall’ultimo campionato lassù in cima. L’identificazione tra luogo e società è estesa, orizzontale e verticale. Orilia apre le porte della sede del club e ci trovi dentro l’avvocato e un ex presidente della Provincia, Andrea De Simone, e un giornalista, Enzo Sica. Potresti trovarci molti altri tipi di persone. Sono un’ottantina e formano giusto uno dei tanti circoli di sostenitori della Salernitana. Organizzano celebrazioni, ritrovi ma anche attività sociali. Vanno in giro a riconquistare territori e coscienze. Nel Salernitano vive un milione di persone: più vai verso sud e più tifosi granata trovi, più vai verso nord e più avverti l’influenza del Napoli.
Naturale. Ma poi Salerno non finisce qui. Anzi, la parte più visibile è quella nell’ombra. Sono i tifosi giovani dei quartieri popolari, la ventina di gruppi ultrà che sembra voglia stare nascosta e saltar fuori quando serve, colpire la fantasia e andarsene. Invece li trovi sul lungomare a sfruttare il sole insistente e l’aria tiepida, a dipingere sulla stoffa, a incollare carta colorata. Una volta tra questi c’era, e lo racconta con l’orgoglio del veterano, Angelo Caramanno, ora assessore allo sport. La Curva Sud Siberiano dell’Arechi (stadio della Salernitana dal 1990), intitolata per volontà popolare a un leader scomparso, è diventata il palcoscenico delle coreografie più brillanti, sorprendenti e virtuose che il calcio conosca. Scritte enormi, bandiere animate. Uno smile circondato da cerchi concentrici bianchi e granata che occupa l’intera gradinata, e sotto la scritta “Yes, I’m happy”. La celebre scacchiera gigante bianca e celeste con lo striscione “10 piani di morbidezza” quando incontrarono il Napoli. Forse offensivo, ma tutti si divertirono un mondo.
https://www.facebook.com/michele.deluciapositanonews
L’ex sindaco però boccia l’allenatore
Aniello Salzano, l’ex sindaco di Salerno