Venerdì scorso, 30 novembre, nella Bibliomediateca “Ethos e Nomos” di Napoli, (Via Bernini, 50) in una affollata conferenza del prof. Alfonso Paolella su “Tasso e l’Islam”, si è presentato anche il volume su Le incisioni della Gerusalemme Liberata dal sec. XVI al XVIIIcurato da lui.
Il poderoso volume raccoglie per la prima volta in assoluto 39 edizioni in ristampa anastatica delle 79 pubblicazioni illustrate uscite dal 1584 al 1799 (le restanti edizioni, quasi il doppio, sono solo ristampe soprattutto settecentesche). Moltissime di queste opere appartengono alla Collezione privata “Antonino Cuomo” di Sorrento, altre alla biblioteca del Museo “Correale”, altre si trovano in biblioteche italiane ed europee. L’opera contiene una importante novità. Fino ad ora si credeva che la prima edizione illustrata fosse quella del Bartoli pubblicata a Genova nel 1590. Alla Biblioteca del Museo “Correale” esiste, invece, una edizione anteriore del 1584, pubblicata dall’Osanna a Mantova, con le stesse immagini dell’edizione genovese.
Sebbene il Tasso considerasse il suo capolavoro la Gerusalemme Conquistata, la circolazione della GerusalemmeLiberata, mai approvata dall’autore, ebbe fin dalla comparsa di alcuni canti frammentari una grande fortuna soprattutto perché veniva incontro alle attese liberatorie dall’incubo dei saraceni, ma anche per la mistione di amori e di avventure di cavalieri e nobili sia cristiani che saraceni mirabilmente intrecciati. Tra il 1584 e il 1799 si pubblicano 186 edizioni, un numero enorme mai visto per altre opere di autori italiani fino a quel momento. E ben 79 sono illustrate, superando addirittura il popolare Orlando Furioso dell’Ariosto.
Tra il ’600 e il ’700 si leggono traduzioni addirittura in latino, in francese, tedesco, spagnolo e inglese, ma anche in dialetto veneziano, milanese, napoletano, genovese, bellunese, bolognese, calabrese, brianzolo, bergamasco rustico, lodigiano e perugino. In ville e palazzi dalla fine del ‘500 fino alla fine del ’700, si trovano veri e propri cicli tassiani, dagli affreschi di Bernardo Castello di Villa Imperiali Scassi a Sampierdarena, alle “stanze del Tasso” di Giovanni Battista Tiepolo nella Villa Valmarana fino ai monumentali dieci dipinti su tela di Paolo Finoglio nel Castello Acquaviva a Conversano. Un esempio interessantissimo della diffusione, anche domestica, di questa opera si scopre in un cabinet esposto al Museo “Correale” di Sorrento costituito da una serie di formelle in ebano e avorio che rappresentano scene dell’opera tassiana con gli stessi moduli iconografici.
Accanto alle edizioni con il solo testo, si trovano anche edizioni illustrate eseguite sia per un pubblico nobile (marchesi, principi, duchi, addirittura, l’imperatrice Maria Teresa d’Austria) sia per un pubblico più popolare per il quale sono previste anche edizioni tascabili, e nell’arco di due secoli si esibiscono i più celebri disegnatori e incisori delle diverse epoche: Bernardo Castello, Agostino Carracci, Antonio Tempesta, Giambattista Piazzetta, Charles-Nicolas Cochin, Gravelot, Westerhout, Clouwet, van der Gucht, Dupuis solo per citarne alcuni. La riproducibilità tecnica della incisione offre al possessore dell’opera l’illusione di possedere a casa un’opera d’arte.
Ma quale è l’ambiente culturale in cui viene composta la Liberata e perché tanta fortuna?
Pirati saraceni hanno fin dal Medioevo infestato le coste tirreniche per razziare, saccheggiare, uccidere e soprattutto deportare qualsiasi persona abile per essere venduta sul mercato degli schiavi.
Una recrudescenza avviene dal 1535 in poi, anno in cui l’imperatore Carlo V riconquista Tunisi per cui ai saraceni non rimane altra attività per sopravvivere o per arricchirsi.
L’alleanza franco-ottomana tra Francesco I e il sultano Solimano il Magnifico del 1536 in funzione antiasburgica fa il resto. Francesco I ottiene per le sue navi francesi libertà di commercio verso i mercati orientali con la promessa di non molestare i saraceni e offre aiuto ai turchi per attaccare l’impero di Carlo V da Oriente, ovvero attraverso l’Ungheria e l’Austria
Dal 1540 infatti corsari barbareschi riprendono a razziare le navi e le coste cristiane; depredano i convogli navali con ingenti danni per i cristiani eccetto che per i francesi. Il “terrore turco” nel Mediterraneo sarebbe durato anche per il secolo successivo. Il papato e i principi europei sognavano nuove crociate per la riconquista di Costantinopoli.
In tale quadro sociopolitico Sorrento, come tante altre città costiere del Tirreno, viene depredata e distrutta nel 1558. La sorella di Torquato Tasso, Cornelia, insieme con il marito, riesce a scampare e il poeta non vedrà la sorella se non nel 1577.
La vittoria di Lepanto del 1571, molto celebrata, ma senza ripercussioni sull’impero ottomano, rafforza in parte l’identità cattolica dell’Europa e resta solo una glorificata rivincita sull’impero ottomano, oltre a tranquillizzare parzialmente la paura del pericolo turco. Si produce una infinità di opere sia in versi che in prosa, sia cronache che storie, addirittura barzellette, sui turchi, sui loro comportamenti e sulla loro cultura.
In questo clima di attesa e di moda il Tasso, ispirandosi alla prima crociata, l’unica vinta dal mondo occidentale, redige il poema della Gerusalemme Liberata, la cui fortuna, sfidando i secoli, è affidata alla soddisfazione dell’orizzonte di attesa sia di un pubblico colto che di un pubblico popolare.