“L’eclissi della storia” – Decimo episodio “Le domande di Thomas”
Nono episodio: Puntata precedente del 13 febbraio
Decimo episodio: Thomas tornò a sedersi con molta tranquillità, nonostante la pressione del professor Richardson. Posò la bacchetta sul tavolo, e osservò il parroco, sorridendo. Senza alcun indugio, rispose al professore, sviando la stessa domanda garbatamente: «Professor Richardson, mi lasci raccontare le vicende che si sono susseguite. Il direttor Downing mi diede l’input per modernizzare il mio articolo e in quel frangente, dato che mi risuonava in mente quella frase, riuscii a trascriverla, come vedete tramite il proiettore, e a tradurla come lei ha detto “Agostino come chi scrisse la storia del monaco Peites Atti delle Cose Meravigliose”. E fino a qui ci siamo».
Thomas riprese a parlare, dopo aver ribadito la corretta traduzione del docente: «Dal momento che mi trovavo a lavoro ed era un periodo in cui tutti noi giornalisti stavamo operando anche d’archivio, quindi mettendo in ordine e catalogando testi di diverso tipo interni alla redazione, decisi di analizzare al meglio la traduzione in un’altra occasione e non sul luogo lavorativo. Una volta giunto a casa, rilessi con calma sia la trascrizione sia la traduzione, avendo di fronte la foto del manoscritto. Ritenni opportuno stilare una sorta di promemoria con tutto quello che c’era da verificare. E ve lo mostro». Il giornalista avanzò ancora con la sua presentazione, rendendo più dinamico un convegno, che era partito al rallentatore.
«Punto numero uno: si parla di Agostinus, ma chi è? E’ Sant’Agostino, tra l’altro nel testo si parla indiscutibilmente di lui, o un altro Agostino, che conosceva l’autore e che ha voluto paragonare a un altro personaggio? Punto numero due: l’ut qui ossia “come chi” è senz’altro un paragone, ma chi è questo secondo termine di paragone? Chi sarà mai questo grandioso personaggio, se addirittura lo si paragona a un Santo, o a un filosofo? Visto che è un testo del 1700, potrebbe essere un uomo di Chiesa, un Papa, un Cardinale, un Vescovo, un parroco, un monaco, un altro Santo o addirittura un altro filosofo, un saggio, ecc. Ma il qui latino è soprattutto un uomo dell’epoca del libro o di Sant’Agostino? Punto numero tre: che cos’è questa historia che è stata scritta? Pensai subito che la si dovesse intendere come narrazione, perché 300 anni fa si aveva già la concezione di storia come racconto, oltre che come “ricerca tramite indagine”, quale è la disciplina storica. E allora che tipo racconto è, di che genere? E’ una storia solamente scritta o anche orale, di cui la gente ha memoria? Qualcuno ha voluto di proposito obliarla, farla dimenticare all’umanità? Ma poi ambientata in quale epoca e dove? L’unica certezza che possedevo era che si trattava di una storia di un monaco. Punto numero quattro: che razza di nome è Peites? E’ greco, latino? Greco, ma latinizzato? E se Peites fosse un attributo o un’apposizione riferita sempre al monaco? Punto numero cinque: gli Acta Mirabilium o Atti delle Cose Mirabili, Meravigliose erano l’unica cosa che potevo ricercare, perché dovevano essere la fonte da cui aveva attinto l’autore. Cosa sono gli atti in questione? Punto numero sei: che lingua è? Esiste? Per tutto il libro la “lingua ufficiale” è l’inglese, un inglese forbito e aulico, sintomo di una persona colta. Poi all’ultima pagina, tutto d’un tratto, compaiono inaspettatamente due lingue: il “latino umanistico” di Editum in Lugdunum e il “latino rozzo, selvaggio” della frase incriminata».
La domanda nasceva spontanea per il giornalista: «Perché queste acrobazie linguistiche? Come è stata possibile questa mutazione così repentina? Questo cambiamento così improvviso? Questa caduta di stile così subitanea? Chi è l’autore? Quell’impeccabile nobiluomo che ha narrato distintamente la biografia e l’opera più importante di un santo nella magniloquenza dell’inglese settecentesco, dichiarando il luogo di pubblicazione in latino per celebrare degnamente il risultato editoriale oppure quel campagnolo analfabeta che ha avuto il barbaro coraggio di chiamare Agosti, quasi come se fosse in vernacolo, uno dei Padri della Chiesa? Che siano mani diverse? Ovvero il libro è stato redatto da due autori differenti? Beh … almeno per quest’ultima domanda possedevo già la risposta ed era negativa, perché la calligrafia in tutto il testo non muta, è sempre la stessa, anche se il carattere della frase misteriosa è visibilmente più piccolo rispetto al corpo della narrazione. Per le altre domande, invece, non possedevo nessuna risposta, come in un irrisolvibile caso poliziesco, di cui non si ha nessuna prova del crimine compiuto. Un cold case. Sapevo solamente che la frase segreta mi risuonava in mente come un codice, che solo in pochi avrebbero potuto comprendere. L’autore, scrivendo quelle enigmatiche parole, avrà affermato: “Chi vuol capire, capisca”».