“L’eclissi della storia” – Undicesimo episodio “La Chiesa di San Pietro”

27 febbraio 2019 | 09:08
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“L’eclissi della storia” – Undicesimo episodio “La Chiesa di San Pietro”

Decimo episodio: Puntata precedente del 20 febbraio

Undicesimo episodio: Mentre Thomas beveva un altro sorso d’acqua, spezzando il ritmo del convegno, Padre Robert affermò, per rinvigorire l’attenzione dei presenti e di coloro che guardavano da casa, e mantenere inalterato il livello di attenzione creato dal vissuto del giornalista: «Thomas, dunque, ti trovavi in un vicolo cieco, non sapendo quali pesci pigliare. Presumo che, a questo punto, tu abbia voluto documentarti ulteriormente, giusto?».
«Sì, Padre» rispose «siccome si trattava di una historia di un monaco, decisi di visitare il sito web della Biblioteca Ecclesiastica, di cui lei è uno dei membri, anche se quando scoprii la frase misteriosa, non ero a conoscenza della sua carica».
«E scopristi qualcosa sul motore di ricerca?» incalzò il parroco.
«Non riuscii a scoprire proprio nulla, ma non perché il servizio informatico della Biblioteca era di livello scadente, anzi tutt’altro. Ci sono siti che non lo permettono neanche un livello di ricerca così approfondito.
Il motivo del mio fallimento nel rinvenire qualsivoglia tipo di fonte era rappresentato dalle parole che immettevo nel motore di ricerca. I lemmi chiave della trascrizione “Acta Mirabilium” e “monachus Peites” non portavano a un esito positivo. Comparivano moltissime voci su atti di differente genere, amministrativi, giuridici, contratti su proprietà della Chiesa, cronache varie e altrettante voci su biografie di monaci più o meno noti, ma nessuna traccia di atti meravigliosi, quali bestiari, lapidari o erbari narranti mirabilia o comunque storie di monaci dal nome Peites. Sembravo essere sprofondato nel Limbo».
L’anziano della navata destra, sentendo quelle parole, sorrise nuovamente. Qualcosa doveva accadere.
«E poi che cosa avvenne?» sollecitò Padre Robert.
«Lo sa benissimo Padre. La mia ancora di salvezza è stata l’aver rivisto lei dopo tanti anni. Volevo recarmi alla Biblioteca Ecclesiastica, per verificare di persona l’affidabilità del motore di ricerca del portale web, ma dopo il nostro incontro su quella panchina dei giardinetti, mi resi conto che il mistero non poteva essere svelato in quella Biblioteca, un luogo troppo banale … bisognava cercare altrove, sondare un terreno inesplorato, in qualche monastero o in qualche Chiesa poco noti. Non volli nemmeno più entrare nella sua amata Biblioteca, perché mi sarei perso in mezzo a tutti quei libri, non essendo un topo di biblioteca, pur essendo un luogo a me consono. E lei lo sa meglio di me. Lo considerai, allora, come un segno del destino il fatto che lei volesse cercare il direttor Downing per l’articolo sulla Chiesa, dove ora stiamo svolgendo il convegno». Ora il convegno aveva subito un’ulteriore piega. Sembrava un colloquio fra Thomas e Padre Robert, proprio come quel giorno in cui si reincontrarono dopo tanti anni. Il professor Richardson sembrava un po’ infastidito per tutti quei convenevoli.
Il professor Radcliff, nel frattempo, osservava perplesso il giornalista. Aveva la tipica espressione di chi volesse dire “Ma Thomas Reds a che cosa tende? Dove vuole andare a parare?”. Era il pensiero tipico di un filosofo, il creare delle risposte ai tanti perché della vita.
Aveva quasi la domanda pronta, quando perse quell’attimo, vedendo il giornalista proseguire nella sua narrazione dei fatti: «Il giorno successivo al nostro incontro, sono giunto in questa Chiesa, per descriverne le sue bellezze. Ero pronto a pendere dalle sue labbra, Padre, ma in cambio dell’articolo, lei mi doveva un favore, doveva aiutarmi in qualsiasi modo a decifrare quella frase misteriosa, perché avevo trovato in lei la persona che avrebbe potuto aiutarmi. Mi affidai alla sua sapienza … Prima di continuare, però, preferirei che lei spieghi al nostro pubblico le origini di questa Chiesa, proprio come le ha narrate a me quel giorno».
Era il suo momento. Padre Robert fu contentissimo di divulgare finalmente i beni culturali della sua Parrocchia e questo suo intervento in televisione valeva molto di più di un articolo. Il giornalista aveva mantenuto la sua promessa.
«Certamente, Thomas. La Chiesa di San Pietro, in arte gotica, fu costruita nel XIV secolo dai cittadini del quartiere della nostra cittadina, come testimoniato da un manoscritto custodito nell’archivio parrocchiale. Secondo uno storico ottocentesco rimasto anonimo, sul finire del 1700, la Chiesa stava praticamente cadendo a pezzi e non c’era nessuna speranza di un restauro, perché i cittadini e il parroco non potevano permetterselo. Si affidarono così alla bontà degli aristocratici inglesi, non chiedendo denaro al Vescovo, visto che la burocrazia di allora prevedeva molti documenti redatti e sigillati da notai o avvocati, più esosi dello stesso restauro. Come riporta il cronachista, fu in realtà un generoso mecenate francese a donare un’ingente somma di denaro al parroco, al fine di ristabilire l’antico splendore della Chiesa. Portò in dono anche alcuni quadri realizzati proprio in quell’epoca da alcuni artisti voluti dal mecenate stesso. Non si sa quali siano i quadri, ma il problema non si pone e non concerne il nostro convegno, perché sia i quadri sia le cappelle con i rispettivi altari, secondo gli ultimi studi, sono del XVIII secolo, proprio l’epoca del restauro. Essendo passato del tempo, i quadri potrebbero essere tutti o nessuno di quelli presenti in questa Chiesa. Secondo la tradizione orale, ancora viva dopo tanto tempo, nessuno ha mai visto in paese questo benefattore. Si narra che il parroco sia andato con alcuni parrocchiani a Barfleur, in Normandia, per ricevere in dono il denaro e i quadri. Al di là del racconto storico accertato dai testi o di quello della tradizione orale, che tra l’altro sembrano confluire in un’unica testimonianza, a noi interessa sapere a quali culti sono dedicate ai giorni d’oggi le cappelle e quali sono i quadri in esse contenuti. Le due navate laterali presentano tre cappelle ciascuno».
Padre Robert, memore del suo passato da docente, iniziò a descriverle brillantemente: «Sulla navata sinistra, le cappelle sono dedicate a culti, per così dire classici, perché comuni a tutta la Cristianità: l’Annunciazione, l’Assunzione e la Circoncisione di Cristo. A me colpisce molto il quadro dell’Assunzione. Il corpo di Maria è ricoperto da un velo azzurro che sembra confondersi con il colore del cielo. Colori volutamente studiati dall’artista, visto che l’azzurro del cielo ha una tonalità più chiara rispetto a quell’altro, ma intrinsecamente uniti fra loro per il fenomeno miracoloso dell’indiarsi di Maria, usando una terminologia neoplatonica. Dall’alto uno spiraglio di luce fra le bianche nubi illumina il capo della Madonna, che è pronta a essere accolta nel Paradiso. Nell’opera predomina un’atmosfera di profonda pace interiore e di purezza dell’anima» il parroco, quasi con commozione, apriva la “sua” casa al Regno Unito. Era la casa dei fedeli, l’habitat di ogni cristiano.