Povero Collovati -ma che ha detto di male

20 febbraio 2019 | 16:06
Share0
Povero Collovati -ma che ha detto di male

Donne e pallone, in Italia vivono di rapporti complessi fin dai tempi di Rita Pavone. Se poi in mezzo ci metti sessant’anni di decantato “progresso” e una Supercoppa italiana giocata nella contestatissima Gedda, si può comprendere il pensiero che ieri ha portato la Rai a sospendere dal servizio pubblico per due settimane l’ex calciatore Fulvio Collovati.

Galeotta fu la puntata di domenica scorsa del programma “Quelli che il calcio”. Durante un collegamento esterno, Collovati aveva commentato in maniera (eufemisticamente) poco felice la competenza femminile in ambito calcistico. «Quando sento parlare una donna di tattica… mancano gli esterni… mi si rivolta lo stomaco – aveva dichiarato l’attuale opinionista sportivo – se tu parli della partita… com’è andata, così… bene. Ma non puoi parlare di tattica perché una donna non ne capisce come un uomo. Non c’è niente da fare». Al tentativo dei conduttori di stemperare i toni con una domanda riguardante l’indiscutibile competenza e professionalità (almeno) delle addette ai lavori, l’ex calciatore aveva così concluso: «Le calciatrici qualcosa sanno ma non al 100%, mia moglie non si è mai permessa di parlare di tattica nei miei confronti.»

le reazioni. Com’era abbastanza scontato ipotizzare, nelle ore successive le frasi hanno fatto il giro del web, scatenando da più parti indignazione e sconcerto. «Anche a me si gira lo stomaco a sentire alcuni opinionisti…» è stata l’entrata a gamba tesa di Carolina Morace, ex attaccante della Nazionale e allenatrice del Milan femminile. «Il mio voltastomaco dura da ieri – ha commentato Regina Baresi, figlia di Beppe e capitana dell’Inter – Se volete vi spiego il fuorigioco, la Var, il 4-3-3, la difesa a zona e quanto un uomo può essere ancora limitato nel 2019». «Ah ragazze, andate a giocarvi i mondiali ma non parlate di tattica» ha chiosato con ironia. Ma non tutte le donne si sono trovate d’accordo sulla questione, prima fra tutte Caterina, moglie di Collovati, che è intervenuta nel dibattito su Twitter in difesa del marito: «La tattica spiegata da una donna non mi convince… Quando presentavo le trasmissioni di calcio non ho mai avuto la pretesa di spiegare il 4-4-2. La visione del mondo unisex non mi appartiene». «Parlare di calcio certo, ma la tattica è altra cosa – ha scritto ancora la signora, in risposta ad un utente – Parlare tutti possiamo farlo, dire cose giuste è diverso. Saluti dalla moglie di un uomo che rispetta le donne più di molti altri… questa sì che è una certezza!».
Dopo la dura condanna anche da parte dell’Usigrai, che ha bollato il fatto come «squallido siparietto» e le successive scuse del diretto interessato («non era mia intenzione offendere nessuno»), a quarantott’ore dalla messa in onda della puntata incriminata è arrivata anche la sanzione dei vertici del servizio pubblico. «La Rai ha sospeso Fulvio Collovati da tutte le attività in tv e in radio fino a sabato 9 marzo», il comunicato diramato nella serata di ieri. Che voglia essere un concreto regalo in occasione della festa della donna?

SEMPRE A PROPOSITO DI COLLOVATI, FEMMINE, PALLONE E RAZIOCINIO

La donna può permettersi di pareggiare

Una tifosa della Juventus con la maglia di CR7 LaPresse

A proposito di donne e raziocinio. In un film con Roberto Benigni, la scena di un’assemblea dedicata proprio al tema del pensiero femminile, introdotta da un maschio alfa locale in maglietta ornata di puma, si chiude con queste parole in garantito vernacolo toscano, sincero verbo da bar con annesso televisore per pubblica, democratica, partecipazione al campionato: «Pole la donna parmettisi di pareggiare con l’omo?» Il medesimo soggetto precede la discussione con un secco «No» già definitivo.

D’altronde, nulla deve stupire, si dice addirittura che alle femmine il possesso dell’anima sia stato riconosciuto in tempi relativamente recenti, non tutti erano propensi a concludere che tra donna e nutria vi fosse differenza, almeno sul piano dell’intelletto; Simone de Beauvoir, filosofa che sulla questione ha molto ragionato e scritto, non è giunta al mondo solo per diletto narcisistico. Non sottilizziamo, ci stupisce semmai, restando con la palla rasoterra, che, nonostante Rita Pavone, ricordate, no? «Perché perché la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita di pallone. Perché perché una volta non ci porti anche me…», si debba tornare sulla stessa palla.
Sì, mezzo secolo dopo quel suo successo supplice e liberatorio, qualcuno suppongo la femmina, magari geneticamente inadatta al simposio calcistico, ossessione trogloditica che tuttavia fa il paio con un altro adagio, quasi invincibile nonostante la motorizzazione di massa: sempre la donna, al volante, sarebbe altrettanto negata. Sembra ieri quando il “Cinemondo” mostrava le patentate come fossero zebre, licaoni.
Tornando a rincorrere la nostra palla, ci sembra che per impegno, pervicacia, curiosità, partecipazione e perfino ossessione maniacale e immersioni nel merchandising, le femmine brillino sullo stesso piano del tifoso garantito maschio. Certo, massicci di un antico riflesso subculturale, i detrattori del talento femminile, segnati in volto dal monociglio, diranno che un conto è l’intuizione delle regole generali, ben altro è la trigonometria che si disvela in campo, parlano insomma come se avessero conseguito un’abilitazione naturale, predisposti ontologicamente perché maschi. Risiamo alla donna che “non può parmettisi di pareggiare”.
Assodato che il gioco del calcio, per assioma, consente all’uomo, perfino al più scemo del villaggio, sempre certificato come maschio adulto, di reputarsi in possesso di un pensiero sul mondo, appare inaccettabile l’idea stessa di cancellare “l’altra metà del cielo“, dai pronostici, dai patemi, dal seminario permanente settimanale, dal giudizio sulla moviola, dai talkshow, dove peraltro non sembra che i maschi troneggino sempre per brillantezza sulle commentatrici femmine, al di là delle schermaglie, del gioco delle parti, dei selfie e della scaciata vocazione esibizionistica.
Tuttavia nella frase di Collovati sembra che le donne debbano ancora “perdere la coda” per poi, emendate da se stesse, dimostrare l’idoneità in sapere calcistico. Forse, la solidarietà manifestata all’ex giocatore dalla moglie Caterina, muove proprio dall’appena enunciato teorema della coda: «Di tattiche io e Fulvio non parliamo mai. Su questo io e Fulvio siamo d’accordo, le donne devono stare un passo indietro, lo dico ad alta voce: lasciamo che il calcio resti commentato dai maschi, basta con questo politicamente corretto che ci distrugge».
E qui, di fronte al richiamo al “politicamente corretto”, come dice Jep Gambardella proprio una signora ne “La grande bellezza”, cioè «Mi vanto di essere un gentiluomo non mi fare crollare l’ultima certezza che ho», assodata l’assolutezza del tema che neppure un nuovo concilio potrebbe sciogliere; rilevato il peso politico generale della cosa, resta da inviare una supplica dolente e allarmata a Rita Pavone: ci doni presto un remake musicale definitivo, una canzone-lapide, sempre a forma di pallone, che butti lontano da ogni campo la banalità maschilista, anche quando supportata dall’amorevole, doverosa, vicinanza delle congiunte.

fontecorrieredellosport