Povero Ronaldo beffato a casa sua

21 febbraio 2019 | 06:36
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Povero Ronaldo beffato a casa sua
Povero Ronaldo beffato a casa sua
Povero Ronaldo beffato a casa sua
Povero Ronaldo beffato a casa sua

Cristiano Ronaldo, 34 anni, mostra tutta la sua disperazione al Wanda ansa
CR7 torna spavaldo a Madrid e gli ex avversari di sempre lo puniscono

Era iniziata con aria da grande sfida ma alla fine sono Gimenez e Godin a vendicarsi del portoghese spingendo la Juve sull’orlo del baratro
proprio durante la “sua” Champions

Deviazione perdente, gol. Nella sua porta. Cristiano Beffardo. Sortilegio al Wanda Metropolitano. Gimenez e Godin, i due uruguagi, mastini sulle sue tracce per tutta la sera: sono loro a fare gol, a spingere Cristiano e la Juve sull’orlo dell’abisso, a un passo dall’eliminazione. Beffa atroce. Se ne va a testa bassa, livido in volto, avvolto in un manto di delusione.

Era cominciata così: lo sguardo feroce, l’aria di sfida, da guappo, il capello scolpito, il profilo offerto con protervia al popolo rivale. A lui gli occhi: c’è Cristiano Ronaldo a Madrid, casa sua, nell’altra stanza però, quella dell’Atletico. E che ti aspettavi? Ad accoglierlo durante il riscaldamento i fischi dei 70.000 del Wanda Metropolitano; saranno la colonna sonora della sua serata. Ad ogni tocco, ad ogni accenno di corsa. Fischi. Fischi. Fischi. Cristiano per l’Atletico è l’incubo che (ri)prende forma, il nemico pubblico numero uno: 22 gol in 31 partite contro i Colchoneros, compresa la tripletta letale nella semifinale del 2017, uomo del destino – soprattutto – nelle due finali di Champions, a Lisbona (2014) e due anni dopo a Milano (2016), con l’ultimo rigore, quello decisivo.

LA SUA PARTITA. Primo pallone toccato dopo due minuti, un alleggerimento per Pjanic. Primo fallo subito (spinta di Gimenez) dopo sei. Prima conclusione verso la porta due minuti dopo, una sventola su punizione che Oblak devia sopra la traversa: sarà l’unico tiro (dei 7 totali) nello specchio della porta.
Parte a destra, dopo venti minuti si sposta a sinistra. E’ un’anima in pena. Primo fallo commesso alla mezzora, sempre su Gimenez. La Juve non riesce ad alzare il ritmo delle giocate, a Cristiano manca l’aria, con Dybala non c’è dialogo. Prima dell’intervallo Juanfran gli zompa sulla caviglia sinistra, brutte cose. 40 palloni toccati nel primo tempo, saliranno 72 a fine partita. Si riparte, ripresa: Cristiano in difesa, c’è qualcosa che non torna se lui è lì. Colpisce di testa, il pallone sbatte sulla mano di Mandzukic. Brividi. Silent-check, era involontario. Un lampo settanta metri più in là: accelera, ruba il tempo a Gimenez, Godin ne interrompe le intenzioni e rimpalla il tiro.
Ma i due hanno la vendetta in tasca. 1-0 Gimenez, 2-0 Godin. Nel recupero, stacca di testa per l’ultima occasione. Si dispera. Finisce alto, finisce male.

FLOP. Niente da fare. Il Cristiano in versione Champions rimane inchiodato ad una contabilità da signor nessuno. Un solo gol finora, contro il Manchester United nel girone. Eppure: fino all’anno scorso erano 60 i gol segnati nella fase a eliminazione diretta (sono 120 nelle 159 presenze complessive in Champions, preliminari esclusi).
La Champions era la sua riserva di caccia, la garçonniere dove esibirsi nelle acrobazie che già l’hanno reso eterno senza bisogno di ulteriori conferme, il teatro preferito di opere monumentali che resteranno nella storia dell’arte, ops, volevamo dire del calcio. Era. Se può esserlo ancora lo sa lui, lo sanno meglio i due che lo marcavano.

Fonte:corrieredellosport