Quando l’Arte Povera animò la Costa d’Amalfi: ne parla il magazine americano Artsy

8 marzo 2019 | 17:15
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Quando l’Arte Povera animò la Costa d’Amalfi: ne parla il magazine americano Artsy
Quando l’Arte Povera animò la Costa d’Amalfi: ne parla il magazine americano Artsy
Quando l’Arte Povera animò la Costa d’Amalfi: ne parla il magazine americano Artsy
Quando l’Arte Povera animò la Costa d’Amalfi: ne parla il magazine americano Artsy

“Un vivace weekend in Costa d’Amalfi che lanciò l’Arte Povera“, questa è la storia raccontata dal noto magazine newyorkese Artsy, che si occupa principalmente di arte contemporanea. A parlarne è Ara H. Merjian, in un articolo in cui narra dell’esposizione avvenuta ad Amalfi all’inizio dell’ottobre 1968, che ospita numerosi artisti contemporanei dall’Italia e dal Mondo, venuti nella Divina per portare il movimento dell’Arte Povera, nella mostra dal titolo “Arte Povera+Azioni Povere”.

Questa corrente puntando sull’uso di materiali “poveri” (come ferro, carta, legno o plastica) è in aperto contrasto con la concezione dell’arte tradizionale: nell’esposizione amalfitana di fine anni Sessanta, infatti sono rivisti anche i canoni della mostra tipicamente statica. “Le opere d’arte installate nell’Antico Arsenale della città costiera sono unite a spettacoli ed eventi che si dispiegano per le piazze, le stradine e persino tra le barche presenti sulla spiaggia. Come la terza e ultima di una serie di mostre organizzate dal giovane collezionista Marcello Rumma, questa è la più consequenziale” – viene raccontato su Artsy.

L’arte povera si esprimeva in propri confini, rendendo l’esperienza delle mostre ibrida ad eventi, che in quel periodo si consolidarono soprattutto sulle coste italiane. Lo spirito era quello della “guerriglia”, come dal manifesto di Germano Celant sull’Arte Povera: liberazione dell’arte dalla mostra, dematerializzazione dell’estetica e abbattimento delle convenzioni spazio-temporali, anche per quanto riguarda l’esposizione: un esemplificazione dettata anche dalla stagione storica che l’Italia stava vivendo, sulla spinta dei Sessantottini.

“Le origini dell’evento stesso, risiedevano nel dinamismo culturale dell’autore e giovane collezionista Marcello Rumma, nato nella vicina Salerno e in stretta collaborazione con la sua compagna Lia. Nonostante la nomina di Celant come curatore – scrive Merjian – dal racconto degli artisti presenti, tra cui lo storico dell’arte Giovanni Lista, sembra sia stato proprio Marcello a galvanizzare l’evento, coinvolgendo gli artisti a non essere semplici espositori di oggetti, ma essere partecipanti agli eventi.”

Artsy considera tale evento come segnante nel processo di istituzionalizzazione dell’Arte Povera, nella strategia di marketing, ma al tempo stesso ha provocato uno scisma all’interno della corrente artistica, provocando una rottura ideologica e teorica tra Rumma e gli altri esponenti insediati in città distanti come Roma e Torino. “Arte Povera+Azioni Povere” includeva artisti come Jannis Kounellis, Michelangelo Pistoletto e Mario Merz, l’inglese Jan Dibbets e gli olandesi Jan Dibbets e Ger van Elk: critici come Tommaso Trini, Gillo Dorfles e Filiberto Menna, presero parte all’esposizione. Quel weekend di estro e arte, inquadrato nella corrente dell’Arte Povera, sta ottenendo grande attenzione negli Stati Uniti, dopo la mostra “Arte Povera: Homage to Amalfi ’68” a Philadelphia dello scorso ottobre, a distanza di mezzo secolo da quel fine settimana, in cui la città dell’Antica Repubblica Marinara fu animata da giovani artisti. (