Le telefonate del clan tradiscono Di Lauro

3 marzo 2019 | 07:49
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Le telefonate del clan tradiscono Di Lauro

L’operazione scatta alle 15,58. Con il codice di massima urgenza 150 uomini tra poliziotti, carabinieri e finanzieri vengono mobilitati per un’operazione speciale. Il loro obiettivo è catturare Marco Di Lauro. La presenza del superboss di Secondigliano – primula rossa da ben 14 anni e nella classifica dei più pericolosi latitanti italiani stilata dal Viminale, secondo solo a Matteo Messina Denaro – viene data per sicura in via Emilio Scaglione, a metà strada tra Chiaiano e Marianella.
LA CATTURA
Ed è proprio lì, al piano rialzato del civico 424, in quella palazzina color ocra che si nasconde il figlio 39enne di Ciruzzo o milionario, l’uomo che riuscì a trasformare Secondigliano e Scampia nella succursale del narcotraffico sull’asse Sud America-Italia e nel più imponente supermercato dello spaccio di droga. Si parte a sirene spiegate ma si giunge sul posto senza segnali acustici. Con un’operazione da manuale le forze dell’ordine accerchiano il fabbricato: in quattro si arrampicano raggiungendo un terrazzino, una ventina di loro sale le scale ed entra nel covo. Marco Di Lauro è senza scampo. Ha appena il tempo di capire che la corsa è arrivata a capolinea: gli agenti lo ammanettano mentre è ancora seduto a tavola, dove ha appena consumato un piatto di spaghetti al pomodoro, a due passi da un angolo adibito a palestra domestica (con tanto di panca, bilanciere e pesi). Non è armato, non ha documenti, ma – soprattutto – non è protetto da guardaspalle e tanto meno da impianti di videosorveglianza. Con lui c’è una ragazza bruna in vestaglia rosa, la sua compagna. «Pensate ai miei gatti, fate che non restino da soli stanotte», è la raccomandazione che rivolge a poliziotti e carabinieri. Fine della latitanza.
L’INDAGINE
Ma come si è arrivati alla svolta inattesa e improvvisa? Chi o che cosa ha incastrato il superlatitante? A fornire un dettaglio importante sarà lo stesso questore di Napoli, Antonio De Iesu, che in conferenza stampa illustra un particolare importantissimo. Premessa: intorno a mezzogiorno di ieri a Melito si verifica un terribile fatto di sangue. Un ex sorvegliato speciale considerato tra gli uomini più fidati del clan Di Lauro – il 40enne Salvatore Tamburrino – già coinvolto nella prima faida di Scampia – uccide a pistolettate la moglie. Poi, poco dopo, va a costituirsi in Questura con l’avvocato. A questo punto accade qualcosa. Dichiara il questore: «Nel primo pomeriggio (e cioè subito dopo il femminicidio, ndr) c’è stata una inusuale fibrillazione dell’attività investigativa che ci ha consentito di fare degli intrecci per arrivare all’abitazione dove si nascondeva Marco Di Lauro. Vi posso dire solo questo». Ciò potrebbe voler significare che dopo l’omicidio si è scatenato un vortice forsennato di telefonate tra affiliati alla cosca, che si sarebbero passati la notizia; e poiché nel giro di persone intercettate da polizia e carabinieri c’erano almeno una quarantina di soggetti considerati potenziali fiancheggiatori di Marco, il cerchio si sarebbe chiuso. È corsa anche voce che potrebbe essere stata una telefonata compiuta dallo stesso uxoricida a far restringere il cerchio intorno a Di Lauro, mentre si verifica l’ipotesi che un paio di ore prima della sua cattura Marco sarebbe transitato a bordo di un’auto che avrebbe percorso i Colli Aminei e Capodimonte, prima di giungere nel rifugio di via Scaglione.
FACCIA D’ANGELO
Al momento della cattura appariva solo più stempiato rispetto alle foto segnaletiche che lo ritraevano, fino a ieri, con un volto da adolescente. Una «faccia d’angelo», la sua, che gli avrebbe anche garantito di confondersi per anni rimanendo per lo più sempre nei dintorni del villino natìo, Mmiezo all’Arco, nel cuore della Secondigliano antica. Ora – come hanno spiegato il questore e il comandante provinciale dei carabinieri, colonnello Ubaldo Del Monaco – scattano altre indagini: quelle tese a ricostruire la fitta rete di complicità che hanno garantito all’uomo di sottrarsi per tanto tempo ai conti con la giustizia; a suo carico pende una condanna definitiva a 11 anni e 4 mesi per associazione a delinquere e un’ordinanza di custodia cautelare per traffico di droga. Anche la Guardia di Finanza proseguirà a concentrarsi sugli aspetti investigativi patrimoniali.
I COMPLIMENTI
Soddisfazione per l’arresto Di Lauro è stata espressa dal presidente della Camera, Fico, dal premier Conte, dai ministri dell’Interno Matteo Salvini e della Giustizia Alfonso Bonafede, oltre che dal presidente della Commissione antimafia Nicola Morra, dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris e dal governatore della Campania Vincenzo De Luca.

Giuseppe Crimaldi IL MATTINO