“L’eclissi della storia” – Quattordicesimo episodio “L’Ordine”

19 marzo 2019 | 17:57
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“L’eclissi della storia” – Quattordicesimo episodio “L’Ordine”

Tredicesimo episodio: Puntata precedente del 13 marzo

Quattordicesimo episodio: Sulla navata destra Thomas notò ancora il sorriso beffardo dell’anziano, che sembrava stesse osservando proprio lui. I loro sguardi si erano incrociati e il vegliardo aveva capito che Thomas stava scrutando le sue fattezze.
Il giornalista, essendosi anch’egli reso conto di ciò, abbassò subitamente gli occhi e fece finta di esaminare i suoi appunti, sfogliandoli velocemente, poi affermò: «Partiamo da cosa feci subito dopo aver individuato gli indizi. Contattai il dottor Mencutti e gli rivelai cosa avevo casualmente scoperto. Lui mi consigliò di venire in Italia e di visitare il Centro di Cultura e Storia Amalfitana, proprio ad Amalfi, al fine di rinvenire qualche testimonianza sulle imbarcazioni dell’epoca, visto che l’indizio più importante era rappresentato dalla galea Sanctus Andrea. Riuscii ad ottenere dal direttore un permesso di venti giorni per fini di ricerca e decisi di partire per il Bel Paese, non prima di aver informato del mio viaggio anche Padre Robert. Giunsi a Napoli e, lungo la strada per Amalfi, descrissi dettagliatamente all’archivista il testo su Sant’Agostino della Biblioteca Universitaria e discutemmo della scoperta dei versi danteschi. Nel Centro di Cultura amalfitano, situato nei pressi del celeberrimo Duomo, consultammo diversi testi sull’antico Ducato o Repubblica di Amalfi. Con nostro grande rammarico, costatammo che negli archivi la maggior parte delle imbarcazioni e dei navigli medievali venivano appellati con il nome di alcuni Santi e ovviamente il patrono di Amalfi era quello più gettonato. Di galee dedicate a Sant’Andrea ce n’erano tante e le loro rotte preferite erano i porti medio – orientali e le città mercantili più influenti del Mediterraneo. Quelle riportate dai cronachisti, comunque, erano le galee più note dell’epoca. Il problema consisteva nel riconoscimento di quella giusta».
A tutti parve una strada senza uscite, come potevano i due relatori continuare la ricerca? Thomas volle chiarire la faccenda: «Al dottor Mencutti balenò in mente una brillante idea, la consultazione degli scali preferiti dalle flotte dei monaci del XIV secolo, perché avevo dimenticato un particolare, appunto le imbarcazioni dei monaci che si erano dirette precipitosamente ad Amalfi. In effetti, i monasteri benedettini del contesto amalfitano erano molto potenti per quanto riguarda le proprietà terriere, la pesca e il commercio. Un discorso a parte era, però, dedicato prettamente a uno degli ordini crociati più famosi della storia, l’Ordine Ospitaliero o Gerosolimitano, come dir si voglia, in sintesi gli attuali Cavalieri di Malta. Nato in funzione delle Crociate, e come dice il nome per ospitare sia monaci cavalieri che soldati religiosi, che combattevano per liberare la Terra Santa dagli infedeli, esso divenne un ordine molto potente nel tempo, nonostante le avverse vicende che lo contraddistinsero. In riferimento alla nostra Historia, l’archivista sosteneva che, siccome attorno ai Gerosolimitani, alla stessa stregua dei Templari, nacquero molte leggende sull’Arca dell’Alleanza o sul Santo Graal e quindi sui loro oscuri segreti, era necessario trovare un collegamento fra quest’antico Ordine e i ladri del racconto misterioso o i monaci di quella ignota Abbazia o monastero. Affinché non ci sia nessun fraintendimento, il dottor Mencutti voleva affermare che, essendoci anche dei laici all’interno dell’Ordine, seppur votati alla fede nella missione indetta dalla Chiesa di quel tempo, non sempre il loro modello di comportamento era quello consono per dei monaci – cavalieri. Questo perché una volta ritornati in patria, avrebbero potuto intrattenere rapporti di qualsiasi tipo con persone esterne all’Ordine, per così dire di malaffare. Esistevano, infatti, testimonianze medievali che trattavano storie del genere. Comunque, lasciamo da parte questo discorso che tornerà utile successivamente. Il punto in comune tra l’Ordine e i fatidici ladri, ad esempio, poteva essere l’abbigliamento».
Questa affermazione lasciò stupiti alcuni docenti, che chiedevano chiarimenti.
«Sì, l’abbigliamento, non guardatemi così. In realtà non tutti i Gerosolimitani vestivano la tipica tunica nera con la croce amalfitana bianca sul petto. A seconda delle gerarchie, c’erano anche coloro che apparivano simili ai Templari, con tunica bianca e croce rossa o quelli che assomigliavano ai Teutonici. Quello che intendo dire è che il monaco sotto confessione, spaventato dalle conseguenze del suo narrare, avrebbe potuto dimenticare di raccontare alcuni dettagli, come appunto, la croce a otto punte dello stemma di Amalfi e dei Cavalieri di Malta. Il dottor Mencutti ipotizzava anche il fatto che su quella tunica bianca non vi fosse proprio nulla o che l’autore non intendesse deliberatamente dare al lettore ulteriori informazioni, per nascondere qualche verità. Non dimentichiamo, inoltre, quello che ho già detto precedentemente, ossia che in passato si scriveva in funzione di economia del materiale scrittorio. La pergamena costava come l’oro, per non parlare della neonata carta, che tra l’altro quella di Amalfi era ricercatissima».
Padre Robert interruppe Thomas per ricapitolare e rendere più interessante la narrazione del giornalista, che i più ritenevano un folle: «Thomas, tu e il dottor Mencutti non avevate davvero nulla in mano, solo supposizioni e ipotesi. L’unica certezza, o a questo punto incertezza, era rappresentata dalla galea, per voi introvabile in mancanza di altre testimonianze concrete. E, inoltre, le conoscenze sull’antico Ordine Ospitaliero sembravano fini a se stesse».
Thomas rispose: «Beh … mancava un particolare, che ancora non vi ho rivelato. Nel Medioevo i Gerosolimitani avevano intensi rapporti commerciali con uno dei porti francesi più importanti, Marsiglia. Sulla base di ciò, io e il dottor Mencutti congetturammo che l’errore dei monaci derubati fu quello di precipitarsi subito verso Amalfi, senza prima riflettere e considerare la vicina Marsiglia. Il nostro ragionamento, in pratica, si basava sul fatto che i ladri sarebbero stati degli astuti Amalfitani e che avrebbero potuto travestirsi da Gerosolimitani. Questo ragionamento era supportato anche da un ipotetico inganno, il nome dell’imbarcazione, che faceva pensare solo ad Amalfi. Non era congetturabile un naviglio francese con questo nome … io e l’archivista, poi, avevamo teorizzato anche molte altre ipotesi, che non sto qui a dirvi, perché non portarono a nulla …».
«E, dunque, che cosa avete fatto successivamente?».
«Pur non essendo particolarmente convinti dei presunti misfatti degli Amalfitani, ci recammo a Marsiglia, in cerca di indizi. Scegliemmo come destinazione la città francese non solo per la vicinanza con Genova, ma perché ad Amalfi continuammo a indagare sull’Ordine e scoprimmo che all’ingresso del porto di Marsiglia attualmente ci sono il Fort Saint Jean e il Fort Saint Nicolas. Esse sono due fortezze costruite nel 1660 da Re Luigi XIV, in risposta ad una rivolta contro un governatore locale. Nel XIV secolo, l’epoca della scomparsa della Divina Commedia, nel porto esisteva solo una struttura di proprietà degli Ospitalieri, che al momento dell’edificazione delle fortezze, fu inglobata nel Fort Saint Jean».
«Ora tutto torna! E Fort Saint Jean vuol dire Forte San Giovanni, in onore del Santo protettore dell’Ordine Gerosolimitano» commentò il professor Radcliff che improvvisamente rubò il microfono a Brian.
«Esatto, e c’è da dire anche …» Thomas lesse sempre dai suoi appunti «… che al tempo delle Crociate, la struttura gerosolimitana serviva per trasportare le truppe in Terra Santa. Tutto il quartiere circostante prese il nome di San Giovanni, così come l’antica cappella, che divenne poi una ben nota Chiesa. Vi erano, ovviamente, anche un Hospitale e il Palazzo del Comandante. L’intero complesso fu completato nel 1386».
Thomas aveva la bocca asciutta e volle dissetarsi, poi continuò ininterrottamente: «A Marsiglia ci aspettavamo di trovare degli indizi all’interno di Fort Saint Jean, ma non riportammo nulla di significativo, se non i luoghi di interesse, come le torri e appunto la già citata Chiesa. All’uscita dalla fortezza, leggemmo su un muro dell’antica struttura gerosolimitana due elenchi di nomi: in uno erano enumerati tutti i Gran Maestri dell’Ordine Gerosolimitano; e in un altro erano rubricati tutti i Gran Maestri dei Cavalieri di Malta. Chi conosce la loro storia sa già che il secondo elenco era il più recente. Da un responsabile della struttura museale, perché c’è ovviamente anche un museo dell’Ordine, ci informammo su chi fosse il Gran Maestro dell’Ordine vissuto ai tempi di Dante. Costui si chiamava Folco de Villaret ed era originario della Linguadoca. Divenne noto per le campagne di espansione territoriale dell’Ordine, conquistando Rodi e trasferendo definitivamente su quell’isola la sede dello stesso. Sotto il suo governo, malgrado i benefici che l’Ordine trasse dalla soppressione dei Templari, in quanto i beni e i compiti dei Cavalieri del Tempio vennero affidati agli Ospitalieri dal Papa nel 1312, le campagne del de Villaret indebitarono pesantemente l’organizzazione. Nel 1317 l’Ordine tentò un colpo di Stato per rovesciarlo, il quale, a detta delle cronache, si comportava in modo dispotico e autoritario. Sul finire della sua vita, ebbe dei contrasti con il Papa, a causa di alcuni fatti incresciosi e a noi poco noti in terra di Liguria. Il responsabile ci narrò altre interessantissime vicende storiche dell’Ordine Gerosolimitano nel XIV secolo e ci disse che, qualora avessimo avuto bisogno di altre erudizioni sugli Ospitalieri, la struttura sarebbe stata disponibile a tal fine».
Il giornalista poi, elaborò la sua argomentazione: «Io e il dottor Mencutti pensammo di essere sulla strada giusta, con un arguto ragionamento. Prima di scoprire il codice segreto dell’ultima pagina dell’Historia, su quel sito dove c’era l’immagine dell’oculum Dei, ricordai di aver letto una leggenda secondo cui i Massoni avrebbero avuto un’origine monastica, per lo più templare. Ma non è detto che si parli solo di Templari. Questa leggenda farebbe supporre che all’interno degli Ordini Crociati potessero aleggiare delle cospirazioni, come accaduto realmente con la congiura nei confronti di Folco de Villaret, anche se gli storici la consideravano piuttosto una ribellione contro l’autoritarismo del Gran Maestro. Seguendo questo intraprendente punto di vista, giungemmo a questa conclusione. L’autore della Historia potrebbe essere stato un antenato dei Massoni e a questo punto una spia all’interno dell’ormai ben nota Abbazia o monastero ligure. Il punto di partenza e il punto di arrivo di questa argomentazione erano i Massoni».
«E l’occhio?» chiese Padre Robert.
«L’occhio adottato come codice segreto del racconto sarebbe stato un prodromo del futuro occhio massonico, ma, quando si parla di queste cose, è sempre preferibile parlare al condizionale».
«E dopo che cosa è successo?» incalzò il parroco, notando il rinnovato interesse da parte del pubblico, anche se il professor Richardson non sembrava essere affatto d’accordo con la tesi del giornalista ed espresse il suo parere critico, gesticolando e parlando sottovoce con un altro docente che gli stava accanto.
«Ritornammo nell’albergo presso cui alloggiavamo e riflettemmo sul da farsi. Ritenni opportuno saperne di più sui loci della Francia in cui si radicarono maggiormente gli Ordini Crociati, oltre a quello Gerosolimitano, perché avevo un presentimento. C’era una città francese che riaffiorava nei miei ricordi. E così ci incontrammo nuovamente al polo museale del Fort Saint Jean e lì il responsabile ci illuminò letteralmente, dando conferma al mio presentimento, pur non menzionandogli la storia dell’occhio massonico. Dopo averci indicato diversi centri minori di alcune regioni e alcune città di origine romana e medievale, in cui il sacro si mescolava con il profano e dove la religione si univa con i misteri più oscuri, ci rivelò che cinque anni fa scoprì che in una località nei pressi di Lione, c’era un monastero di medie dimensioni, dedicato a San Giovanni, la cui Biblioteca con il tempo è diventata la prima fonte bibliografica per tutti gli studiosi degli Ordini Crociati. Essa era divisa in due parti. La prima parte, quella più antica e risalente alla fine del XVIII secolo, conteneva un maggior numero di testi rispetto alla seconda, costruita verso la metà del secolo scorso e edificata per ospitare libri scritti di recente.
Per conoscerne di più, il responsabile ci consigliò di visitarla, avendo notato il nostro interessamento e la nostra passione verso tale argomento. O meglio mi consigliò di farlo, perché il dottor Mencutti dovette ritornare in Italia per motivi lavorativi».
Padre Robert volle nuovamente riorganizzare le idee per l’uditorio e assunse l’atteggiamento di un investigatore, nonostante egli sapesse già la risposta. Infatti, anche al direttore piacque quell’improvvisata.
«Thomas, voglio capire bene. Il responsabile del polo museale ti suggerì di consultare gli scaffali della Biblioteca di questo monastero di Lione, ma a che pro? Che cosa avresti potuto trovare in quel luogo, non avendo in pratica nessuna certezza? E, alla fine, quale era questo tuo presentimento?».
«Rimembrate per un attimo il testo del 1700 su Sant’Agostino. Oltre alle parole misteriose, vi ricordate il luogo di pubblicazione? Editum …».
«… in Lugdunum!» gridarono dal pubblico alcuni studenti e docenti che dimostrarono di aver presagito il pensiero di Thomas.
«Bravi, era questo il mio presentimento. Lione era la città indiziata e con essa quel monastero e non dimentichiamoci che la fondazione della sezione più antica della Biblioteca risale alla stessa epoca».
In quel momento il professor Richardson “ritornò in cattedra” con un quesito. Brian fu subito pronto con il gelato.
«Signor Reds, siamo d’accordo che le sue sensazioni e tutta una serie di coincidenze l’avevano portata verso quel luogo, ma una volta giunto lì, che cosa avrebbe dovuto cercare?». Il professore allargò le braccia, consapevole della vanità di tutti i ragionamenti del giornalista. Al professor Radcliff non piacque quell’atteggiamento.
«Non lo sapevo … forse testi sulla Divina Commedia o racconti su diversi Ordini, come i Templari o i Gerosolimitani o nulla di tutto questo. Fatto sta che mi organizzai per partire per Lione e mi recai nel monastero, alla ricerca dell’ignoto».
Il termine “ignoto” valeva più di mille parole e faceva accrescere ancor di più la suspense fra i presenti. Il titolo del convegno era come una grande coperta nera. Occultava tutti sotto la torbida oscurità del mistero. La fosca nube dell’eclissi della storia si stava palesando attraverso segni esoterici, che Thomas avrebbe rivelato.
«Quando entrai e chiesi di poter visitare la Biblioteca, il frate bibliotecario mi disse che non era possibile, in quanto il governo aveva predisposto la catalogazione e la digitalizzazione di tutti i testi delle biblioteche più importanti della Francia e in quei giorni si stava attuando il progetto governativo. In pratica era stato interdetto l’ingresso ai non addetti ai lavori».
«Allora non è riuscito a terminare la sua ricerca, signor Reds?» chiese allibito il professor Radcliff.
«Oh professore! Lei dimentica la mia professione! Essa è il mio asso nella manica. In qualità di giornalista, ho potuto accedere, soprattutto dopo aver riferito al bibliotecario che avrei riportato su tutti i quotidiani britannici l’impegno profuso dal Ministero che si occupava della questione e del diligente uffizio quotidiano dei suoi confratelli. In fondo era una bugia in fin di bene». Il pubblico e Padre Robert erano consapevoli di quanto affermato. Era giunto, dopo tanti ragionamenti e dopo tante congetture, fino a quel luogo e doveva necessariamente proseguire la sua ricerca, seppur fosse ingarbugliata.

Gennaro Cuccaro