“L’eclissi della storia” – Quindicesimo episodio “L’Occhio di Dio”
Quattordicesimo episodio: Puntata precedente del 20 marzo
Quindicesimo episodio:Il giornalista continuò la sua sconvolgente narrazione: «Una volta varcato quel grande portone, i cui cardini scricchiolavano, dando quella sensazione dal sapore antico, di cui rimasi ammaliato, chiesi al bibliotecario di poter visitare la parte più antica della biblioteca. Mi accompagnò in un’ampia sala del monastero, dove c’era un gruppo di persone che stavano, appunto, catalogando dei testi. Alcuni giovani tirocinanti, invece, erano intenti a fotocopiare alcuni libri, al fine di renderli fruibili sulla piattaforma web governativa. Un lavoro molto lungo e impegnativo. Sin da subito notai l’enorme ricchezza di libri nella sala, sintomo del diligente ministero certosino di quei monaci, di cui alcuni di essi erano impegnati nello scriptorium, ossia nella sala antistante alla Biblioteca, a ricopiare testi medievali … ma, tralasciando queste impressioni iniziali, ciò che più mi colpì fu la disposizione delle librerie e delle scaffalature lì presenti. Infatti, era veramente singolare. Come mi riferì il frate bibliotecario, nello statuto settecentesco del monastero promulgato e sottoscritto dall’Abate dell’epoca di nome Padre Jacques, si decise per quella determinata disposizione. E da quel momento, per commemorare la fondazione della biblioteca, i monaci hanno sempre rimembrato l’importanza dello statuto con diversi eventi associazionistici, che rievocavano antiche tradizioni locali legate sia al mondo laico che cristiano e … per farla breve, alla fin fine, questi monaci non hanno mai voluto mutare quella disposizione.
E tale tradizione, come sembra, è divenuta secolare. Poi il frate bibliotecario mi dette in dotazione dei guanti, perché gli dissi che volevo consultare qualcuno dei loro preziosissimi manoscritti, anche se non sapevo quale. Compiendo il giro della biblioteca, mi resi conto sempre più di quella strana architettura, se così può essere definita. Vi chiedo di seguirmi con attenzione e di osservare il powerpoint, perché è alquanto complesso descriverla» il giornalista fece scorrere diverse foto della biblioteca, prese la bacchetta e indicò sullo schermo del proiettore.
«Nonostante fosse un ambiente abbastanza ampio, l’ingresso della biblioteca era stretto, perché le librerie formavano una sorta di enorme quadrato chiudendo tutti gli angoli della sala. Al centro della sala stessa c’era una grande libreria a conformazione circolare, che disegnava praticamente un cerchio perfetto. Bellissima perché appariva come un vortice di libri. Davvero originale se pensiamo a quell’epoca, visto lo spirito neoclassico degli artisti di quel periodo storico.
La descrizione non finisce qui. Osservate. Al di sopra e al di sotto del grande cerchio della biblioteca c’erano altre due librerie ancora più stravaganti della conformazione circolare stessa. Erano due scaffalature non molto grandi costruite a semicerchio». I volti imperterriti dei presenti designavano la perplessità che aleggiava nella Chiesa. Si chiedevano il motivo
per cui il giornalista la prendesse tanto alla larga, anziché venire al sodo.
Thomas proseguì: «Come in un baleno, decisi tutt’ad un tratto di scattare una foto da una zona più in alto, per poter comprendere al meglio la struttura geometrica e le proporzioni del luogo. C’era qualcosa che mi risultava familiare. Il frate mi indicò delle scale che portavano a una sorta di belvedere, che anticamente serviva ai monaci per avvistare chi arrivava da lontano. Salii fino a quel luogo del monastero che era all’aperto e da lì si poteva ammirare buona parte della città di Lione. Il mio intento era la foto alla biblioteca dall’alto, non al panorama, e questo ne è il risultato».
L’immagine che comparve fu letteralmente scioccante. Thomas la descrisse nel modo più semplice possibile: «La biblioteca era un grande quadro. Il quadrato formato dalle librerie, che si potevano notare già dall’ingresso era come una cornice. Le due scaffalature a semicerchio erano le palpebre e la conformazione circolare al centro era l’iride … l’occhio massonico, ossia l’oculum Dei era stato realizzato concretamente. Non ci potevo credere, ma ero nel luogo giusto». Davvero grandioso fu l’applauso che il pubblico dedicò al giornalista. Se lo meritava, perché il frutto delle sue ricerche l’aveva portato nel tempio della cultura, nella “casa dei Crociati”. Era stato consigliato fin troppo bene dal responsabile del museo marsigliese.
Nonostante gli applausi e la gratificazione del pubblico nei suoi confronti, c’era ancora un neo che tormentava il giornalista. Quell’anziano della navata destra applaudiva lentamente, come se i battiti provocati dalle sue mani fossero simili a dei rintocchi di orologio. Essi scandivano un tempo preciso. Il tempo della verità era vicino e quel vegliardo la attendeva. Questa volta i loro sguardi si incrociarono. Gli occhi di Thomas parevano penetrare fissamente attraverso i suoi occhiali. Gli erano visibili le palpebre e l’iride. Molto probabilmente aveva capito di chi si trattava, ma non ne era sicuro. Era proprio lui?
Padre Robert intervenne entusiasticamente, distogliendolo dai pensieri: «Thomas, ancora una volta l’occhio ti si è ripresentato!
E questa volta era stato costruito formidabilmente!».
«Sì, Padre, era proprio così!».
«E allora che cosa facesti, una volta scattata la foto?».
«Allora … mi precipitai nella biblioteca, nella speranza di rinvenire un manoscritto, anzi il fatidico manoscritto, che doveva essere un testo misterioso. E così rilessi su un mio taccuino i versi di Dante, l’unica “fonte scritta” che possedevo. Nel suo profondo vidi che s’interna, legato con amore in un volume, ciò che per l’universo si squaderna: sustanze e accidenti e lor costume quasi conflati insieme, per tal modo ciò ch’i’ dico è un semplice lume. Se ci fate caso, adesso questi versi assumono un significato diverso da quello del sommo poeta, perché rappresentano un indizio. Se non ve ne siete resi conto, vi esplico la mia interpretazione. “Nella profondità della biblioteca, che sarebbe il punto preciso dell’occhio, ossia l’iride, vidi che tutto ciò che riguarda questa storia, il quale si presenta sparso e diviso, qui si trova legato con amore in un volume, ossia in un testo. Sostanze e accidenti e la loro disposizione naturale, presumo in questo caso le vicende storiche, quasi unite insieme, per tale motivo ciò che qui riferisco è appena un barlume del vero”. Quest’ultima frase era degna di un uomo di Chiesa, perché in fondo chi scrive qualsiasi tipo di opera letteraria o non letteraria non è onnisciente di tutto ciò che per l’universo si squaderna, per dirla alla Dante. Quindi ogni opera, frutto del lavoro umano, può essere criticata. Dovevo, dunque, trovare un testo scritto da un monaco».
Il professor Radcliff intervenne prontamente con un altro intelligente quesito per l’oratore del giorno: «Signor Reds, secondo lei, quei monaci conoscevano quel mistero, che si nascondeva all’interno del loro monastero?».
Il giornalista decise di posporre la risposta: «E’ una domanda che mi posi immediatamente a Lione e … a cui darò credito fra pochissimo … tuttavia, posso già dirle, professore, che l’unica cosa di cui ero a conoscenza era che i monaci di allora sapevano qualcosa di veramente importante per la storia della Divina Commedia, altrimenti non avrebbero posto le basi per la sottoscrizione di un insolito statuto e per la costruzione di una straordinaria ma non usuale biblioteca». Il professor Radcliff annuì col capo.
Thomas si bagnò ancora una volta le labbra, per rinfrescare il suo discorso e per venire più velocemente al nocciolo della questione: «Nella libreria circolare, ossia nell’iride, c’erano molti libri, alcuni pergamenacei, alcuni cartacei, alcuni si vedevano che erano stati scritti a mano, altri stampati …».
«Come riuscisti a individuare il testo giusto?».
«Niente di astruso, Padre. Il frate bibliotecario, oltre ai guanti in dotazione, mi dette il catalogo dei testi della libreria circolare. Essi erano catalogati seguendo l’alfabeto. E il libro D dello scaffale O era il libro che stavo cercando».
Il professor Richardson, istintivamente, rubò il microfono dalle mani di Brian, che intanto si era spostato verso la sua direzione, e domandò: «Ma signor Reds perché proprio quel determinato libro in quello specifico scaffale?».
«Come?».
«Perché proprio il libro D dello scaffale O?».
«Ve l’ho appena detto che la biblioteca era una trasposizione reale dei versi danteschi!» Thomas parlava col senno di poi. Troppo facile per il giornalista, ma un rebus per il pubblico. «Lo scaffale O sta per oculum e il libro D sta per Dei».
«E se fosse stato viceversa?» disse il professore.
«No, non era possibile, perché il libro D dello scaffale O era un bestiario di un monaco crociato e in verità non lo considerai neanche …».
«Giusto … però signor Reds, vorrei porle una domanda. Prima ci ha parlato dell’assennato consiglio del responsabile del museo di visitare questo monastero per i molti testi scritti da Crociati e dedicati ai Crociati … ma saprebbe dirci all’incirca quanti potevano essere i testi sugli ordini monastico – cavallereschi?».
«Ah ah!» il giornalista sorrise a quel quesito. Agli occhi di tutti quasi insensatamente. Poi subitamente diventò serio e disse: «Nella sezione più antica della biblioteca c’erano solo testi sugli ordini o in riferimento agli stessi».
«Nessun altro argomento?».
«Nessuno».
«E come è possibile?».
«La spiegazione era in quel libro, professore, il manoscritto dell’Occhio di Dio!» un appassionato di storia delle religioni avrebbe affermato che c’era qualcosa di mistico nelle sue parole, se non di esoterico.
«Ovviamente Thomas, come per gli altri testi, puoi mostrarcelo sul proiettore, vero?». Intervenne Padre Robert.
«Sì, Padre. Eccolo, è un testo cartaceo di fine 1700, scritto all’apparenza da un anonimo come potete notare dal suo frontespizio nel PowerPoint. Adesso vi mostro la prima pagina. Guardate, c’è un segnalibro con la scritta “codice non decifrato”. Difatti il testo è in un latino barbaro con parole che non hanno nessuna connessione fra di loro, proprio come l’ultima pagina della Historia degli Acta Miserabilium. Solamente che qui tutto il testo sembra sbagliato. I monaci di Lione, almeno quelli contemporanei, questo lo dico per rispondere alla precedente domanda del professor Radcliff, non sono riusciti a interpretarlo, per questo hanno messo quel segnalibro».
«E tu ci sei riuscito, vero?».
«Beh … per decifrarlo mi occorreva del tempo» rispose il giornalista maliziosamente, facendo trapelare dell’ottimismo per la riuscita della ben nota impresa.
Continuò: «Siccome avevo con me un’immagine stampata dell’occhio di Dio, che avevo scaricato dal PC, provai lo stesso modus operandi che avevo adottato con la Historia del Vaticano, ma inutilmente, perché le parole continuavano a non avere senso. Non era l’occhio massonico il signum giusto per decrittare. Probabilmente troppo banale, se i due testi fossero stati intrinsecamente collegati fra loro. Dovevo trovare una connessione tra tutti quei termini e studiare il testo con molta calma. Per fare ciò, mi sarei dovuto recare tutti i giorni al monastero per poter leggere fisicamente il manoscritto. Operazione alquanto lunga, complessa e faticosa. Il mio tempo scarseggiava. Era necessaria un’altra soluzione … e visto che nella sala c’era quel gruppo di persone, inviate dal governo francese, che stava catalogando i testi, cercai di attirare la loro attenzione, al fine di conoscere se quel testo era disponibile già sulla loro piattaforma web. Chiesi allora al responsabile, che era un esperto di biblioteconomia, il quale mi rispose che tutti i testi della libreria circolare erano già stati scannerizzati e digitalizzati. Dopo avermi spiegato quale era l’indirizzo web ministeriale e come potevo accedere, il responsabile mi disse che ovviamente quei testi online si potevano solo consultare e non scaricare sul PC o su una penna. In compenso, però, si potevano stampare e c’erano diversi tipi di visualizzazione dei testi, che avrebbero favorito il piacere della lettura». Dopo quest’ultima frase, il giornalista ebbe come un flashback. Dovette ricordare precisamente tutte le persone che incontrò in quel monastero e in particolar modo questi ultimi avvenimenti, per poi poterli spiegare chiaramente.
«Diversi tipi di visualizzazione? In che senso?» domandò il professor Radcliff, dopo aver richiesto il microfono. Sembrava che si sentisse quasi in dovere di porre tale quesito, dopo l’intervento lampo del suo collega, il professor Richardson. E fece anche comprendere in tal modo che il convegno stava sempre più assumendo lo status di un vero e proprio dibattito aperto e democratico.
Thomas rispose: «Sul sito, in questo caso faccio direttamente riferimento al testo di cui stiamo parlando, era possibile leggere il manoscritto in tre modi diversi. Ve li mostro. Chiedo scusa per la qualità delle immagini, ma visto che non si poteva scaricare il testo, ho dovuto scattare delle foto al mio PC, una volta ritornato nella camera d’albergo in cui alloggiavo. E si sa bene che queste foto non possono essere di buona qualità».
«Non ti preoccupare, Thomas. Mi dicono dalla troupe che in telecamera sono ben visibili le immagini» rammentò Padre Robert.
«Ah, bene. Il primo modo è quello classico, la visualizzazione di ogni singola pagina del testo a schermo intero. L’inconveniente di questo modo è il fatto che si deve continuamente cliccare con il mouse il cursore del programma del file, per poterlo consultare interamente. Infatti, il responsabile governativo mi riferì che quel manoscritto non seguiva i canoni classici, siccome era in un formato diverso rispetto agli altri libri dell’epoca. Paragonato agli altri, risultava visibilmente più grande, anche se avevano fatto del loro meglio».
«Non hai adottato questa visualizzazione per cercare di capire il contenuto del manoscritto, giusto?» Padre Robert aveva compreso che per Thomas era importante la concretezza dal punto di vista semantico, piuttosto che la piacevolezza della lettura. Quella di prima era un’affermazione di circostanza.
«No, non l’ho adottata. Il secondo modo di visualizzazione è la divisione della singola pagina in due parti, ma non mi apparve particolarmente soddisfacente alla luce del terzo modo, che prevedeva la divisione di ogni singola pagina in quattro parti. Questa visualizzazione è simile alla prima, perché viene raffigurata l’intera pagina del manoscritto, ma è differente per la possibilità di selezionarla in quattro distinte parti. Ogni sezione, come potete vedere, è visualizzabile più chiaramente a schermo intero. Ne risulta un folium del materiale scrittorio maggiormente frazionato rispetto alla divisione della pagina in due. Mi spiego meglio. La mia idea di decifrazione si basa proprio sulla singola pagina che è stata scannerizzata, digitalizzata e divisa in quattro parti selezionabili. Il risultato finale di questo procedimento, per farla breve, è stato una croce. Eccola, ve la sto mostrando» il giornalista agitò la bacchetta come un maestro di musica, provocando il sorriso di qualcuno, poi continuò: «Quando comparve questa visualizzazione pensai “E se come simbolo l’autore del manoscritto avesse utilizzato la croce dei Gerosolimitani, ossia la croce amalfitana a otto punte, diventato col tempo segno distintivo dei Cavalieri di Malta?”. Con il dottor Mencutti l’avevamo sempre nominata lungo la nostra ricerca, ma non ci aveva mai colpito, perché avevamo in mente il più palpabile signum dell’occhio massonico».